Perché liberarsi della zavorra centrista ha dato più forza a Berlusconi
15 Maggio 2009
Finalmente libero dal centro. A circa una anno dall’insediamento del terzo governo Berlusconi non sono mancati i primi, provvisori, bilanci. Il quadro che si ricava da una panoramica dei commenti è sostanzialmente incoraggiante.
L’azione del governo viene valutata in modo positivo o apprezzabile anche da chi non è pregiudizialmente schierato contro il centro destra.
Il fatto è che Berlusconi ha dato prova di un piglio più risoluto nelle sua azione, affrontando i singoli problemi che si presentavano con un empirismo attento ai risultati. Basti pensare alla vicenda dei rifiuti a Napoli o al terremoto in Abruzzo. Un atteggiamento che ha marcato una discontinuità rispetto alle precedenti stagioni del berlusconismo, contribuendo a svuotare uno dei principali capi di accusa abitualmente rivolti contro il leader del centro-destra. Quello di preoccuparsi solo dell’apparenza mediatica, senza badare alla sostanza. Tale diverso impatto è confermato anche dall’atteggiamento dell’opinione pubblica. Il gradimento dell’operato del governo resta elevato. E anche le recenti vicende familiari, assurte all’onore delle cronache, non hanno scalfito la popolarità del presidente del consiglio. A conferma del fatto che per il cittadino medio di una democrazia liberale il privato non è politico.
In sostanza, ci troviamo di fronte a un salto di qualità, che appare evidente se lo si confronta con un passato anche recente. Basta pensare al Berlusconi che, tra il 2001 ed il 2006, guida il suo secondo governo per cogliere una differenza sostanziale. In quel periodo l’imprenditore milanese, più che il leader di uno schieramento vincitore alle urne, pareva il capo di una coalizione, sempre preoccupato di mediare tra le varie componenti della maggioranza.
Restano da capire le ragioni di questa diversa performance. A tal proposito, non è sufficiente appellarsi alla maggiore esperienza. Certo, in questo quindicennio Berlusconi ha maturato una conoscenza più diretta non solo della politica, ma anche della macchina amministrativa. Oramai non lo si può considerare un imprenditore prestato alla politica, bensì un uomo politico con un’ampia esperienza di governo. Tuttavia, una simile spiegazione mette l’accento su di un motivo accessorio e non sostanziale per intendere la nuova stagione del berlusconismo. Per intenderla conviene guardare invece alla condizioni politiche generali.
Oggi a sostenere Berlusconi non c’è una coalizione composita, ma un bacino politico omogeneo che si compone di un partito più grande, a carattere nazionale, e di un partito più piccolo, a base regionale. È stata cioè superata quella logica di coalizione che aveva condizionato il centro destra nella lunga stagione che va dal 1994 al 2006.
In altri termini alla base della maggiore incisività del Berlusconi ter c’è soprattutto una scelta politica fatta in occasione delle elezioni del 2008. La rottura con i centristi dell’Udc, che da oltre un decennio erano parte costitutiva del centro destra. L’alleanza nasceva sulla base di una identità di fondo nei valori di riferimento, dall’anticomunismo all’ispirazione cristiana. Essa scontava però una differenza sostanziale nel modo di concepire la politica. Da una parte sta l’idea di una democrazia maggioritaria nella quale si riceve dal popolo un mandato a governare. In questa ottica il partito è soprattutto un tramite con l’opinione e l’elettorato. A tal fine è indispensabile disporre di una leadership autorevole e riconoscibile. Dall’altra abbiamo un’idea di democrazia mediata, nella quale il voto è solo una variabile fra le tante che decidono delle sorti dei governi. Il corollario obbligato di questa visione è quella dei governi di coalizione, nei quali si svolge un negoziato continuo tra i diversi soggetti politici che li compongono. Una democrazia in cui non ci sono leader ma partiti che filtrano e decidono, sulla base di una mediazione spesso estenuante, la linea da tenere.
Si comprende agevolmente, allora, come Berlusconi, liberato dalla zavorra centrista, abbia acquistato smalto e capacità decisionale, vedendo crescere il proprio indice di gradimento. C’è però anche un’altra lezione da trarre da questa vicenda. La semplificazione del sistema politico, la riduzione delle mediazioni partitocratiche, non serve solo a rafforzare la leadership, ma è importante anche per il rendimento della compagine governativa.
Il centro destra non poteva più rimanere una coalizione rissosa, ma doveva diventare un soggetto politico, certo diversificato, ma capace di esprimere con naturalezza una linea politica univoca, comprensibile e veicolabile presso l’opinione pubblica.