Perché l’intervento della magistratura in Campania ritarda la soluzione

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Perché l’intervento della magistratura in Campania ritarda la soluzione

30 Maggio 2008

Che in Campania da anni la gestione dei rifiuti sia stata improntata al malaffare e alle inefficienze è un dato inconfutabile che nessuna assoluzione potrà mai negare. Che ci siano responsabilità, più o meno gravi, delle persone coinvolte nella gestione dell’emergenza, è altrettanto palese. Che la Magistratura (in questo caso napoletana), riesca sempre ad assurgere al ruolo di protagonista assoluto nel momento clou, è un’altra evidenza che si è puntualmente materializzata anche nella intricata vicenda rifiuti campana.

La notizia è ormai nota: 25 persone sono agli arresti domiciliari, mentre altri personaggi di spicco, come il prefetto di Napoli, Alessandro Pansa sono i destinatari di avvisi di garanzia per presunte irregolarità. A Pansa, in particolare, viene contestato il reato di falso in atto pubblico relativamente a un documento da lui firmato con allegato un elenco di prestazioni che impegnavano la Fibe, la società del gruppo Impregilo che ha gestito lo smaltimento rifiuti in Campania fino al 2005 e successivamente affidataria del servizio in attesa di una gara europea, a realizzare una serie di lavori per il termovalorizzatore di Acerra e per interventi nei sette impianti di combustibile da rifiuti della Campania.

I pm Paolo Sirleo e Giuseppe Noviello, gli stessi che condussero l’inchiesta sull’attività del commissariato per i rifiuti che ha portato al rinvio a giudizio dei vertici della Impregilo e del governatore della Regione Campania, Antonio Bassolino, per questa inchiesta parlano di «una colossale opera di inquinamento del territorio, posta in essere anche grazie a connivenze presenti ai più alti livelli e perseguita confidando nella possibilità di nascondere, proprio sotto le tonnellate di quei rifiuti che si dovrebbero smaltire correttamente, la pessima gestione degli stessi. Le vicende dimostrano la persistenza di un modello di gestione piegato esclusivamente a interessi economici e quindi incline, anzi aduso a violare qualsiasi interesse collettivo, compresi quelli della salute e dell’ambiente».

Un atto d’accusa molto duro, supportato da una serie di analisi e di intercettazioni telefoniche particolarmente inquietanti che lasciano emergere scenari ben poco rassicuranti. Quel che colpisce, tuttavia, non è la pretesa di indagare e imputare ai responsabili le colpe per aver prodotto un simile disastro, ma la tempistica laddove le richieste formulate a pochi giorni dal nuovo corso nella gestione dei rifiuti campana, risalgono a diversi mesi fa. Un tempo nel quale non si è ritenuto di intervenire.

Dal ’94 a oggi ci siamo imbattuti in una lunga serie di coincidenze di questo tipo, non ci stupiremo dunque per quella che ha portato all’arresto del responsabile del settore sanitario del Dipartimento della protezione civile, Marta Di Gennaro, collaboratrice di Guido Bertolaso con un ruolo di primo piano nell’organizzazione dell’attività dell’attuale sottosegretario con delega ai rifiuti. Non si può però ignorare il chiaro messaggio dietro operazioni del genere, che ha spinto l’assessore al turismo della Campania, Claudio Velardi, a sparare a zero sul timing scelto dai magistrati napoletani per la retata di arresti.

In una intervista rilasciata al Riformista del 28 maggio, Velardi dichiara: «E’ allucinante assistere, nei giorni immediatamente successivi a una forte azione intrapresa dallo Stato per risolvere il problema rifiuti, all’azione di un altro pezzo dello Stato che va nella direzione opposta, mettendo al tappeto tutto il sistema di possibile smaltimento della spazzatura con l’arresto dei responsabili dei cdr ancora attivi, dei manager di Ecolog, ovvero la ditta che trasporta i rifiuti in Germania, e dell’amministratore della Fisia, Massimo Malvagna».

A pagare le conseguenze, ancora una volta, i cittadini che, anziché vedere interventi concreti e immediati sul territorio, si troveranno sommersi da lunghe inchieste che paralizzeranno il lavoro di quanti operativamente erano stati chiamati a risolvere l’emergenza.

Non ci si è forse resi conto che a Napoli la catastrofe non è solo ambientale, ma anche morale e civile e in un contesto del genere occorre fissare delle priorità per poter ripristinare condizioni di vivibilità minime. Che tradotto significa la rimozione fisica dei rifiuti dalle strade. Una priorità che dovrebbe ispirare le procedure e le modalità di intervento di tutti, senza con questo voler creare un ambito di impunità.