Perché non ci si può fidare di Fli
12 Novembre 2010
Alla destra, quella che ho conosciuto e frequentato, tutto si può rimproverare tranne la mancanza di senso dello Stato e la negligenza nella ricerca del bene comune. Per quanti sforzi si facciano, nella lunga vicenda di questa parte politica, anche quando nell’immediato dopoguerra non si definiva “destra” (ma tutti la percepivano come tale, semplificando), nessuno riuscirà a trovare atteggiamenti, considerazioni e comportamenti che possano soltanto far sospettare un certo disinteresse per la cosa pubblica e le regole alle quali deve informarsi la vita associata. E’ per questo che, con dolore e stupore, vedo oggi agitarsi, in maniera scomposta, alcuni personaggi nati e cresciuti in quella destra, i cui orientamenti fanno intendere che il mondo dal quale provengono è stato rinnegato non certo per costruire un’altra etica della responsabilità e della comunità, ma per ridisegnare, senza un canovaccio politico coerente, una prassi movimentista tesa a legittimare la presa del potere da parte di uomini e forze che non sono stati delegati allo scopo da nessuno. Uno sbrego alla sovranità, dunque.
In altri termini, Futuro e libertà si palesa come l’apostasia della destra con la pretesa non di incarnarne un fantomatico “spirito nuovo”, ma di distruggerla sostenendo, allo scopo, di situarsi e riconoscersi ancora nella sua area. Facile a dirsi, facilissimo dimostrare il contrario.
Se la pretesa di Fli è quella di stabilire la discontinuità politica con il berlusconismo, i cui massimi esponenti, da Fini in giù, per sedici lunghi anni lo hanno condiviso, sostenuto, avallato e difeso, possono rivendicare liberamente il loro pieno diritto a farlo. Si obietterà al massimo che ci hanno messo un po’ troppo tempo per comprendere la natura “malvagia” del fenomeno politico del quale si sono resi complici: ci si può, pertanto, fidare di loro che non hanno saputo o voluto discernere in oltre tre lustri? Se però un tale indirizzo comporta – com’è nei fatti sotto i nostri occhi – la rottura con la ricerca di una misura che compromette il bene dello Stato e l’interesse della collettività, è inevitabile concludere che Fli è decisamente votato, per quanti sofismi possa accampare, alla destrutturazione di quegli elementi politici primari che costituiscono l’essenza della vera destra.
Non si può, infatti, mandare al macello una comunità nazionale soltanto per affermare il principio partitocratico dell’egoismo di fazione attorno al quale dovrebbero volteggiare le volubili valutazioni del Capo e dei suoi seguaci. C’è un livello insuperabile nella lotta politica all’interno del perimetro repubblicano: la presa di coscienza del danno pubblico nel recare nocumento, per puri fini di potere, alla società che quanto più è frammentata tanto più avrebbe bisogno di impegni conseguenti per sostenerla.
Non so se questo pensiero, costantemente seguito dalle politiche della destra, sia stato del tutto cancellato o, per adesso, soltanto accantonato dai finiani di Fli. Però, se il “finismo”, quale variante anarcoide della già deprecabile apostasia destrista, dovesse spingere il piccolo, ma rissoso movimento nato da una costola del Pdl, verso la destrutturazione del sistema, saremmo senza dubbio davanti ad un miserevole spettacolo di trasformismo messo in scena non per sputtanare un leader e disarticolare una coalizione, ma per distruggere ciò che resta delle fragili strutture dello Stato di diritto già logorato dalle contraddizioni istituzionali che sono state quietamente accettate da tutta la classe politica negli ultimi due anni.
Dai conflitti tra i poteri costituzionali alla disinvolta interpretazione del suo ruolo da parte del presidente della Camera, non si può certo dire che sia mancato qualcosa al barbaro banchetto allestito per avvelenare le istituzioni, la vita pubblica, l’ordine civile e la quotidianità di inermi cittadini i quali hanno assistito ed assistono con angoscia, ma non rassegnati, alla caduta rovinosa dello spirito pubblico. Attribuire ad una forza che nel centrodestra, e dunque in un ideale schieramento conservatore, la responsabilità di ciò che sta accadendo è incontestabile. Va pure detto che nella sua azione demolitoria Fli ha trovato solidi alleati che non stupiscono per tenacia e dabbenaggine nel proporsi violentemente contro lo Stato ed il bene comune. Ma da chi da destra veniva, ci si attendeva un atteggiamento diverso nell’attivare una dialettica per quanto aspra, inimmaginabile comunque alle prime battute della contesa.
Ci si illudeva, insomma, che della “destra divina” (parafrasando Baudrillard) un po’ di polvere sarebbe rimasta sulle pallide anime di chi pure, innegabilmente, al bene comune aveva dedicato energie giovanili con generosità e coraggio. Sentirli parlare il linguaggio partitocratico e politicista dei zeloti della democrazia italiana che credevamo archiviati per sempre, fa un certo effetto. Sgradevole. Ma anche angosciante.