Perché non mi scandalizza la storia della rossa del GF

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Perché non mi scandalizza la storia della rossa del GF

29 Aprile 2009

Faccio una premessa. Ho 27 anni, sono consigliere comunale nella mia Città, dirigente giovanile e di partito da quasi 10 anni ormai e collaboro con un deputato. Mi manca la discussione della Tesi per prendere il poco amato pezzo di carta e ho un livello “intermediate” di inglese. “Chissenefrega”, potrebbe dire qualcuno. Giusto.

Insomma, il mio potrebbe essere un identikit di chi dovrebbe essere incazzato nero contro le “veline”. E invece no. E dirò subito il perchè: non esiste “il” metodo per selezionare la classe dirigente di un partito. Fare politica non è un lavoro come gli altri. Non è un’agenzia di collocamento dove poter inviare via fax il proprio curriculum vitae. Non è un gioco a premi, dove chi ha più requisiti vince la poltrona.

La politica è ontologicamente verticale, non orizzontale. Nella politica la cooptazione è la regola. È giusto? Da qualche anno ho smesso di pormi questa domanda. Io rispondo con un semplice “It’s a fact”. La politica è attività relazionale: chi ha più contatti vince. Chi riesce ad arrivare al vertice e farsi notare ha più chances di raggiungere l’obiettivo, ossia la poltrona. Vale per tutti. È sempre stato così, in effetti. Solo che oggi è più evidente, sia a causa di un mondo dell’informazione eccessivamente pervasivo anche nelle stanze dei bottoni, sia a causa di un sistema politico che dal ’93 è cambiato radicalmente.

Conosco decine di persone che una volta spadroneggiavano nei partiti: i “signori delle tessere” e quelli con i “pacchetti di voti”, che oggi tuonano “contro le veline”. Li capisco. Ma davvero rimpiangiamo un Paese che aveva De Mita presidente mentre negli Usa c’era Reagan e in UK la Thatcher (entrambi in qualche modo cooptati)? Rivogliamo la “corrente del Golfo di Napoli” o la “Milano da bere”? Lo chiedo a gran voce.

Mi sembra che come al solito ci sia molta ipocrisia (e invidia) in giro: nel Paese della raccomandazione ci si scandalizza perché il leader della maggioranza vuole mandare in Europa solo giovani preparate. Eppure nessuno si è mai chiesto cosa abbiano fatto in Europa i nostri eurodeputati che hanno preso decine o centinaia di migliaia di preferenze. Gli stessi che venivano eletti solo perché gestivano un qualche centro di potere, ma che una volta arrivati a Bruxelles non sapevano nemmeno dire “buongiorno” in inglese o in francese. Con la conseguenza che gli interessi italiani in Europa sono stati tutelati poco e male. E gli stessi media italiani, oggi tanto attenti alle “veline”, di solito se ne sbattono dell’attività dei parlamentari europei.

Così alla fine accade che i vecchi tromboni o i burocrati di partito, ma anche le Gruber e i Santoro, siano degni di rispetto. Eppure sono gli stessi che a Bruxelles non ci vanno, che guardano il Parlamento Europeo come uno stipendificio, una rottura di scatole passeggera in attesa di una collocazione migliore. E in alcuni casi il Parlamento europeo è visto come il “cimitero degli elefanti”, un luogo dove mandare chi è diventato “scomodo” o un “peso” in Patria. Tutto questo va bene? Vi piace? O sarebbe meglio mandare in Europa giovani ragazze preparate, magari anche senza esperienza politica. A proposito, ma se mai si inizia come si fa esperienza? E l’esperienza come si fa se non si è in qualche modo cooptati? È una ruota che gira.

Non sto dicendo che il “sistema Berlusconi” di selezione della classe dirigente vada benissimo, sia perfetto. Ma non ne riesco a trovare uno migliore e soprattutto “politicamente” praticabile.

Infine, un altro motivo per cui in politica il merito è difficile (se non impossibile) da tradurre in concreto si chiama Dea Bendata, per non essere scurrile. È una variabile indipendente che esula da tutto e che non puoi mettere mai nel conto. Devi avere fiuto. E quello nel curriculum non si può scrivere.