Perchè Putin si è scelto il ruolo di difensore dell’Iran

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Perchè Putin si è scelto il ruolo di difensore dell’Iran

Perchè Putin si è scelto il ruolo di difensore dell’Iran

16 Ottobre 2007

L’ultimo inquilino del Cremlino a visitare Teheran fu Stalin
nel 1943, quando con Churchill e Roosevelt disegnò le future sfere di influenza
in vista della sconfitta nazista. Il viaggio di Putin a Teheran ha almeno un
tratto in comune con la situazione di 60 anni fa: oggi come allora la Russia si
svincola da un temporaneo matrimonio di interessi con l’Occidente per
perseguire i suoi fini, e lo fa con l’abilità di un consumato giocatore di
scacchi.

Le voci di un possibile attentato circolate, casualmente,
prima del viaggio di Putin in Iran hanno giovato al presidente rafforzando
presso l’opinione pubblica interna la sua immagine di uomo di polso che sfida
comunque il pericolo. Giunto a Teheran con un giorno di ritardo sul programma
originale, Putin ha iniziato una fitta serie di colloqui con le autorità
iraniane al centro dei quali non poteva non essere il dossier nucleare. La
Russia è, de facto, il principale protettore dell’Iran nel Consiglio di
Sicurezza dell’Onu in quanto ha rallentato, attenuato o addirittura bloccato
l’adozione di sanzioni economiche contro il regime di Teheran, e inoltre
fornisce all’Iran macchinari per l’impianto nucleare di Bushher. Tuttavia il
governo iraniano ha lamentato il ritmo troppo lento proprio nei lavori a
Bushher, accusando Mosca di cedere così alle pressioni occidentali. La
diplomazia russa ha risposto, con la sua consueta disinvoltura, che i
rallentamenti dei lavori sono dovuti ai ritardi dei pagamenti dovuti da
Teheran.

Dietro tale surreale schermaglia diplomatica vi sono
probabilmente due ordini di motivi. Il primo, di tipo bilaterale, sta nel fatto
che vi è un contenzioso aperto tra Iran, Russia e gli altri stati che si
affacciano sul Mar Caspio in merito alle acque territoriali di quest’ultimo. La
delimitazione dei confini marittimi è particolarmente importante per l’utilizzo
delle risorse energetiche dei fondali marini, nonché per i tracciati delle
pipeline in fase di progettazione. A Mosca perciò conviene tenere un po’ sulla
corda Teheran sulla questione nucleare, per ammorbidire la posizione iraniana
nella disputa sul Mar Caspio, e alla fin fine si può anche sacrificare un
cavallo per mangiare una torre avversaria. La seconda ragione rientra nella
visione strategica che Mosca sta ridefinendo negli ultimi anni. Putin non aiuta
certo Ahmadinejad per simpatia personale, ma per avere un ulteriore carta da
giocare sui vari tavoli negoziali con americani ed europei. L’uso di “bastone e
carota” nei confronti di Teheran dipende probabilmente più da quello che
succede sull’Atlantico che dalla situazione dell’Asia centrale. Non a caso
prima di volare in Iran Putin in meno di 48 ore ha avuto incontri, non proprio
galanti, con il cancelliere tedesco e con il segretario di Stato americano. 

Il vertice russo-tedesco si è svolto a Wiesbaden a margine
del Dialogo di Pietroburgo, un forum lanciato nel 2000 da Schroeder con
l’intento di aumentare i contatti e i legami tra le società civili dei due
paesi. Alla vigilia dell’incontro la Merkel ha ribadito che vi sono tra Berlino
e Mosca dei problemi in merito allo stato di diritto, ma oltre alla nobile
causa dei diritti umani violati in Russia il Cancelliere tedesco ha motivi ben
più sostanziali per diffidare delle offerte di Mosca. A primavera Putin,
continuando con gli europei la sempreverde strategia del divide et impera,
ha offerto alla Merkel una partnership privilegiata tra Gazprom e le compagnie
energetiche tedesche per lo sfruttamento del giacimento siberiano di Shtokamn.
Merkel, contrariamente a quanto avrebbe fatto il suo predecessore
socialdemocratico ora sul libro paga della Gazprom, ha rifiutato.
L’International Herald Tribune del 15 ottobre riporta che “secondo alcuni
diplomatici tedeschi il Cancelliere non vuole stabilire una ‘special
relationship’ che potrebbe rendere la Germania ancora più dipendente
dall’energia russa: più di un terzo del fabbisogno energetico nazionale è già
soddisfatto dalla Gazprom”. Anzi la Merkel ha sostenuto il progetto di una
normativa comunitaria che tuteli la proprietà delle reti energetiche europee
dalle mire di compagnie straniere a forte controllo statale, proprio come la
Gazprom. Il Cancelliere, come Sarkozy, ha compreso che l’energia è oggi
un’importante arma strategica, e che le compagnie russe statalizzate rispondono
a ben altre logiche rispetto a quelle del mercato. Putin è ovviamente allarmato
dalla contromossa franco-tedesca, e come nota il Financial Times del 15 ottobre
ha subito “messo in guardia contro quello che Mosca considera un crescente
protezionismo dell’Unione Europea. La Russia è irritata dalla proposta di leggi
comunitarie che crede discriminino Gazprom”.

Il contrasto sull’energia non è l’unico fronte aperto tra
Russia e Germania. Durante la conferenza stampa congiunta con Putin la Merkel,
come già il ministro degli Esteri francese Kouchner di fronte al suo omologo
russo Lavrov la settimana scorsa, non ha avuto remore a ribadire con forza che
“se il dialogo con l’Iran
non darà risultati, saranno necessarie nuove sanzioni”. Berlino si è schierata
così sulla linea di fermezza adottata da Parigi, avvicinandosi alle posizioni americane e allontanandosi da
quelle russe. Putin da bravo scacchista le ha sorriso, ha risposto con tono
pacato, e 24 ore dopo ha sorriso allo stesso modo ad Ahmadinejad e ha firmato
con lui una dichiarazione che ribadisce “il diritto di tutti i firmatari del Trattato sulla non
proliferazione delle armi atomiche di sviluppare la ricerca, la produzione e
utilizzo dell’energia nucleare a scopi pacifici”. Con la sua mossa ha dato così
un duro colpo ai propositi euro-americani di isolamento internazionale
dell’Iran, che segue l’altro colpo assestato al progetto statunitense di scudo
missilistico. Pochi
giorni fa infatti la delegazione americana, guidata dal segretario di Stato
Rice e dal segretario alla Difesa
Gates, è giunta a Mosca offrendo in cambio dell’assenso di Putin al progetto
che funzionari russi visitino e addirittura risiedano sia nei nuovi siti in
questione, e persino nelle istallazioni missilistiche negli Stati Uniti. Come
nota l’IHT del 13 ottobre, “il piano di una nuova architettura congiunta della
difesa missilistica regionale è descritta dalla delegazione americana come la
più avanzata ed articolata proposta di cooperazione in merito tra Washington e
Mosca”. Il ministro degli Esteri Lavrov ha gentilmente risposto che la proposta
sarebbe stata presa in considerazione, ma già Putin aveva aperto l’incontro
commentando ironicamente che “ovviamente noi potremo decidere un giorno di installare
un qualche sistema anti-missilistico, da qualche parte sulla Luna”.

Di
fronte alla posizione russa gli americani non potevano che ricorrere
all’arrocco, e rispondere che gli Stati Uniti continueranno i negoziati con
Polonia e Repubblica Ceca per l’istallazione del sistema antimissilistico. La
partita a scacchi tra Putin e l’Occidente continua, e purtroppo i russi sono
sempre stati molto bravi in questo gioco.