Perché sulla sentenza di Amanda Knox la Clinton non ascolta noi italiani?
08 Dicembre 2009
L’Italia è un grande Paese, tanto quanto funestato da una seria di handicap che ne fanno, per troppi aspetti, una “repubblica delle banane”. Scelgo, fra essi, l’annoso problema della giustizia, di cui sempre si parla, ma di cui da un po’ si è tornati a discutere animatamente. Da noi, infatti, certi malcostumi rendono la giustizia precaria e inaffidabile. Anzitutto le lungaggini e le pastoie burocratiche che finiscono (culturalmente parlando, mi raccomando, cioè in senso paradossale) per far passare dalla parta della ragione anche chi ha torto marcio, ovvero chi è marcito nell’attesa di sapere cosa le aule dei tribunali abbiano deciso sul suo conto. Quindi il fatto che un avviso di garanzia, strumento atto a tutelare la privacy dei cittadini, si trasformi ipso facto in una condanna preventiva; che le iscrizioni nei registri degl’indagati, le dichiarazioni di testimoni e pentiti, e le decisioni delle corti di giustizia si vengano a sapere attraverso i media; che avvocati, giudici e magistrati scelgano la doppia carriera della starlette televisiva; che un “collaboratore” pluriomicida e in ritardo sul mondo abbia la possibilità di “ricordarsi” fatti risalenti a tre lustri prima e così travolgere (politicamente parlando), prima di ogni riscontro fattuale e di qualsiasi verifica processuale, chiunque gli capiti a tiro.
Con tutto ciò bene in mente, mi trovo anch’io, cittadini italiano fra i cittadini, lettore fra i lettori senza alcuna particolare expertise in materia o conoscenza privilegiata di fatti ignoti ad altri, ad apprendere che la statunitense Amanda Knox è stata condannata dalla giustizia italiana, dopo processo lungo e “popolare”, a 26 anni di carcere per l’omicidio di Meredith Kercher.
Da cittadino italiano qualunque, da lettore qualsiasi, prendo atto del fatto. So bene, da cittadino italiano, da lettore, che la giustizia può sbagliare e che quindi sbaglia; che in Italia, la giustizia può sbagliare e che quindi sbaglia né più né meno che negli altri Paesi del mondo. Da cittadino, da lettore, apprendo che la sentenza è stata quella che è stata, e che quindi se ne continuerà a trattare doviziosamente nei successivi gradi di giudizio che il nostro ordinamento prevede. Da cittadino, da lettore tra molti, so bene che potrebbe essere tutto un abbaglio, ma anzitutto so che quella è la sentenza. Così la rispetto e, da cittadino e da lettore, sto a vedere cosa il futuro porterà.
Quindi, da cittadino e da lettore fra tanti, ma anche da amante del mio Paese, grande e funestato, nonché di quel Paese straordinario, non mio ma che ammiro, che sono gli Stati Uniti di America, dunque pure da studioso in sedicesimo della sua vita culturale e politica, mi domando cosa significhi la discesa in campo di nientepopodimeno che il Segretario di Stato Hillary Clinton, donna che l’allora smagliante fuoriclasse Barack Hussein Obama ha prima polverizzato nelle primarie del 2008 e cancellato dallo scenario politico americano, ma poi ricuperato per il codino, con la nomina a quella posizione di assoluto prestigio che le consente di dettare la linea politica americana negli affari esteri.
Ora, comprendo che la Clinton intervenga al fianco di una cittadina statunitense che si trova in guai seri all’estero. Comprendo e gradisco, molto.
Mi chiedo però cosa significhi per un ministro degli Esteri statunitense né puro né innocente come lo è la signora Hillary un intervento tanto addentro il merito di una sentenza giudiziaria sovrana di uno Stato alleato senz’averne cognizione. La Clinton è anzitutto un avvocato, i suoi guai giudiziari li ha avuti: come pensare che il suo intervento oggi nella sentenza Knox sia un semplice atto dovuto?
Propendo allora per una mossa di politica estera. Ma quale? Forse uno sgambetto al governo retto da Silvio Berlsuconi, certamente amico degli USA, e lo ha detto e dimostrato più volte anche nell’era Obama, o Obama-Clinton, ma altrettanto visibilmente distante le mille miglia da molte politiche caratterizzanti l’Amministrazione Obama-Clinton,
Oppure, ancora, variante sul tema, si tratta della volontà di rimarcare, da parte della Clinton magari su mandato di Obama (ma, ne sono certo, anche per contro proprio…), i confini di una giurisdizione politica ampia e magari pure “illimitata”, com’è tipico della tradizione liberal, aggressiva e imperialista quando serve allo scopo?
La Clinton, nell’intervenire, sta raccogliendo ora i malumori di Maria E. Cantwell, classe 1958, senatrice Democratica dello Stato di Washington, la quale teme che la sentenza Knox sia dovuto a sentimento italiano antiamericano. Cose da fantascienza. Se infatti esiste un Paese sempre e comunque filoamericano, talvolta persino troppo acriticamente, ebbene questo è proprio l’Italia. Non voglia il cielo, allora, che i pensierini della Cantwell nascondano invece proprio da una pregiudiziale anti-italiana. E magari confermata proprio dalla stessa Clinton, che degli atti processuali confessa di non sapere proprio alcunché, ma che al contempo pontifica: «Onestamente non ho avuto tempo di prendere in esame la questione, sono stata completamente immersa in ciò che stiamo facendo in Afghanistan», dice per subito aggiungere: «al riguardo non sono in grado di farmi alcuna opinione». E allora?
E allora, visto che ella dice di voler ascoltare tutti coloro che nutrono timori sulla sentenza Knox, Hillary Clinton ascolti anche noi, cittadini e lettori italiani non particolarmente esperti del caso. Ci dia ascolto, e lasci perdere. Torni alle sue cose e prenda atto di una sentenza emessa in un Paese sovrano, alleato e amico del suo a opera di una magistratura che fa il proprio mestiere anche se talora, com’è umano sia, sbaglia. Ci sono infatti già troppi soggetti qui da noi, e dentro e fuori la magistratura, che parlano a sproposito; ci sono già troppi, qui da noi, che pagano alla magistratura un mero lip-service salvo poi usarla come grimaldello politico. Si astenga, signora Clinton, dalla magistratura italiana: certamente avrà a suo tempo apprezzato il fatto che durante i suoi brutti quarti d’ora giudiziari noi non si sia mai messo il naso nell’operato della magistratura statunitense.
www.marcorespinti.org