Perché un dibattito sulla laicità in Italia è (quasi) impossibile
16 Maggio 2011
Il 31 maggio prossimo, a Parigi, l’Assemblea Nazionale sarà chiamata a discutere una "risoluzione sulla laicità" preparata dalla maggioranza (Ump): si parlerà, nell’occasione, di libertà di coscienza, di religione, di culto, dei rapporti fra pubblico e privato nelle manifestazioni di carattere religioso, di "obbligo della neutralità nel sistema dei servizi pubblici e delle strutture che hanno per missione l’interesse generale".
Può darsi, come è stato sottolineato nel corso del dibattito già aperto sulla stampa, che tale risoluzione tenda a mettere in difficoltà il Partito socialista francese, considerato incline ad accettare alcune manifestazioni del fondamentalismo islamico. Quello che mi interessa sottolineare è altro: un dibattito su questi temi, fondamentali in ogni democrazia, e ancor più in una società multietnica, non sarebbe neppur pensabile oggi in Italia. Nel mondo asfittico della politica, è assente ogni impegno sui temi di fondo della vita civile: sia per il disinteresse, forse l’incapacità dei "politici" ad affrontarli, sia, nella fattispecie, per paura di fare cosa sgradita, parlando di "laicità", agli uomini di Curia d’oltre Tevere (non parliamo di Chiesa che, come comunità di credenti, è realtà troppo seria per scendere in politica).
La nostra destra appare preoccupata di assicurarsi la benevolenza della Curia e quindi è larga di favori — a carico del pubblico bilancio — per scuole private ed enti religiosi, assicurando finanziamenti ed esenzioni fiscali; sui problemi di fondo, preferisce sempre essere ossequiosa di fronte alle indicazioni ideologiche che vengono d’oltre Tevere e che non trovano alcuno spazio in altre democrazie moderne. La sinistra, per la parte che ha un’origine marxista, vede la laicità come valore "borghese" e non a caso fu largamente contraria al divorzio; per il resto è un coacervo di persone variamente preoccupate di non sollevare problemi che possono irritare le autorità ecclesiastiche. Si è visto il comportamento di destra e sinistra, ancor di recente, su due temi fondamentali, tipicamente laici: la fecondazione assistita e il testamento biologico. Per la prima, ha prevalso il parere della Curia romana, accettato dalla destra e subito di fatto dalla sinistra che aveva fretta di chiudere il problema; per il testamento biologico, ancora una volta la destra si è apertamente impegnata a seguire le indicazioni delle gerarchie cattoliche, mentre la sinistra non è stata capace di avanzare proposte, divisa come è tra componenti di origini diverse.
Al centro, solo il presidente della Camera si è dimostrato sensibile a soluzioni non confessionali. Pure si tratta di problemi di fondo che investono vita e morte, ove lo Stato, se democrazia laica, non può e non deve accettare scelte che derivino da una particolare ideologia religiosa trasformando posizioni teologiche in leggi ordinarie, premessa questa di ogni fondamentalismo. Scegliendo gli interessi o le ideologie di una parte, lo Stato rinuncia alla sua neutralità, e non persegue il bene comune, rifiutando servizi e assistenza a favore di chi intende, secondo la propria coscienza, decidere in merito ai modi di procreare e di morire. Abbiamo evocato problemi venuti recentemente sul tappeto, ma la stessa assenza di idee per quanto attiene alla laicità si manifesta in tutti gli altri campi della vita civile, ove siano in gioco da un lato la libertà di coscienza, dall’altro gli interessi di gruppi politici o di comunità che pretendono di imporre con leggi dello Stato comportamenti etici ispirati a particolari ideologie religiose. Tipica l’assenza, nella politica di governo e di opposizione, di un’idea di scuola pubblica (oggetto di giudizi negativi da parte del presidente del Consiglio, proprio perché laica), unitamente al disinteresse per la promozione delle strutture culturali e di ricerca che rappresentano i luoghi della massima creatività e libertà individuale. Anche qui si potrebbero ricordare i forti limiti imposti alle ricerche sulle cellule staminali embrionali umane, ove hanno prevalso scelte di carattere religioso divenute ordinamento dello Stato.
In una situazione di crisi come la nostra, può sembrare che questi siano temi lontani, "borghesi": in realtà senza un impegno forte sui problemi che investono le strutture stesse della vita individuale e associata, si estende — soprattutto fra i giovani — la disaffezione per la politica, acquista sempre maggiore spazio il gioco degli interessi personali, si spegne la vita civile. Il numero di indecisi nei sondaggi dimostra anche questo. Priva di idee, la vita politica si è ridotta in Italia a una rissa fra opposte fazioni — berlusconiani e antiberlusconiani — senza prospettive sul futuro, accentuando il declino di un Paese sempre più marginale nella civiltà contemporanea.
(Tratto da Corriere della Sera)