Perugia “integra” i terroristi a spese dei cittadini
26 Luglio 2007
Perugia è da tempo immemorabile un luogo di passaggio di
attentatori, guerriglieri e spioni di mezzo mondo: basti ricordare Alì Acga, regolarmente iscrittosi
all’Università per Stranieri, prima di
andare a sparare al papa. Più volte l’ateneo di Palazzo Gallenga ha fornito una preziosa copertura per
ottenere il visto di soggiorno e, con esso, la possibilità di scorazzare
tranquillamente per l’Italia.
Oggi il capoluogo umbro conserva le sue caratteristiche di
“porto franco”, ma gli ospiti pericolosi più che usare il tesserino
universitario, si giovano di una sorta di humus politico-culturale che
“santifica” l’immigrato in nome dell’accoglienza. Ed è così che l’imam di Ponte
Felcino, recentemente arrestato insieme a due suoi sodali con l’accusa di
terrorismo, riceveva un finanziamento comunale per pagare l’affitto di casa sua
e gli enti locali stavano per prestargli una bella sommetta in grado di aiutarlo
ad allestire una nuova moschea. Secondo il gip, Nicla Restivo, grazie al politically
correct dilagante “il quartiere periferico di Perugia è da anni
completamente fuori controllo”. Gli extracomunitari hanno raggiunto cifre
record, abbondantemente oltre il 12 per cento, che è la media della Lombardia e
della Toscana.
A favorire la linea dell’
“embrassons nous” verso gli islamici è
l’ideologia egemone in tutta la regione.
Si tratta di un mix di dalemismo, ingraismo,
bertinottismo. La governatrice umbra,
Maria Rita Lorenzetti, è una fedelissima
del ministro degli Esteri, in odor di amicizia con Hamas. La Regione ha una
rete di “relazioni internazionali”, con tanto di finanziamenti, che spazia fra
la Palestina e Cuba. Del resto quando Tarek Aziz venne ad Assisi, pochi tempo prima del
rovesciamento di Saddam, gli amministratori locali, guidata da Lorenzetti,
erano in prima fila a stringergli la mano.
Un bel po’ di soldi pubblici
li assorbe la marcia della pace che, accantonata l’ispirazione capitiniana,
è diventata una kermesse della gauche radical: anti americana, anti israeliana,
anti occidentale. L’edizione del 2003 era caratterizzata da slogan e cartelli
che insistevano su un unico concetto: sono Bush e Sharon i veri terroristi. Era
popolata da organizzazioni mediorientali border line,
da Casarini e compagni e dai cattolici
alla padre Zanotelli. Persino i francescani, notoriamente amici della
sinistra, furono costretti a prendere le distanze da alcune affermazioni, fatte
durante un convegno, tanto erano hard. Questo non impedì ai vertici diessini,
D’Alema e Fassino in testa, di sfilare
con una tal compagnia, decisamente poco
raccomandabile.
Ai bordi di una
simile weltanshaung si sono sviluppate escrescenze fuori della legalità. La più importante è il
campo antimperialista di Moreno Pasquinelli. Il cinquantenne ristoratore
spoletino è stato arrestato due anni fa per favoreggiamento nei confronti di un
attentatore turco. Ha dato ospitalità alle pendici del Subasio a terroristi
latinoamericani e a Black Bloc e ha
organizzato una raccolta di fondi per “la resistenza irakena”: il tutto mentre
la sinistra cosiddetta moderata e di governo continuava a concedergli sale e
piazze per le sue manifestazioni e evitava di pronunciarsi contro di lui.
Pasquinelli, infatti, viene considerato
un estremista un po’ folkloristico, ma tutto sommato incapace di creare seri
pericoli.
L’Umbria e in particolare Perugia rischiano di pagare un
prezzo altissimo a questo clima fatto di colpevoli sottovalutazioni, di ideologismi che rendono ciechi davanti a
rischi evidenti, di malinteso senso dell’accoglienza, pagato naturalmente coi
soldi dei cittadini. In questo mare galleggia bene e nuota spedito il
fondamentalismo islamico, comprese le sue propaggini più pericolose.