Peter King, quando “maccartismo” fa rima con patriottismo

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Peter King, quando “maccartismo” fa rima con patriottismo

18 Marzo 2011

La settimana scorsa per un attimo ‒ per un attimo soltanto ‒ anche la stampa di casa nostra è stata toccata dal “caso Peter King”, il deputato Repubblicano dello Stato di New York, presidente del Comitato per la sicurezza nazionale della Camera federale, che l’11 marzo ha commentato entusiasticamente i risultati della prima serie di audizioni programmate dal Congresso sul tema del radicalismo religioso connesso ai rischi di terrorismo negli Stati Uniti. Perché non appena qualcuno, come appunto King, sostiene e documenta che si farà pure presto a “volersi bbene” ma che anche un cieco si accorgerebbe del fatto che esiste un “problema jihadista” non nel peggiore dei mondi possibili ma qui e ora e in relazione all’islam, i benpensanti e le anime belle si stracciano le vesti. E siccome non hanno, come sempre, alcun argomento sostanziale da opporre ai fatti concreti, passano all’invettiva a suon di parolacce. “Maccartista”: così è stato definito King anche dai giornali di casa nostra che hanno che hanno pedissequamente ripreso le veline d’Oltreoceano.

Ora, “maccartismo” (e derivati) è una di quelle parole usate come corpo contundente per squalificare il nemico di cui però la stragrande maggioranza delle persone ‒ sarei pronto a scommetterci ‒ non sa l’origine. Negli Stati Uniti, l’appiccicarlo addosso a qualcuno ottiene, per capirci, il medesimo risultato del dare da noi a qualcuno del “fascista”, con tanto di “ur-fascismo” alla Umberto Eco o dell’“…’a fascio” che in quella immortale scena di Un sacco bello di Carlo Verdone dice la squinzietta della “nuova Sinistra” hippy al genitore tesserato PCI… Siccome siamo però di quelli che vanno in bestia tutte le volte che sentiamo brandire fuori contesto il termine “Medioevo” per dare addosso al frescone di turno, ci punge vaghezza di spiegare cosa è questo benedetto “maccartismo. E pure di difenderlo

Tutto origina da Joseph Raymond “Joe” McCarthy, nato il 15 novembre 1908 in una fattoria di Grand Chute, nei pressi di Appleton, nel Wisconsin, quinto di nove fratelli, in una famiglia di devoti cattolici.
Tralascio i dettagli dell’adolescenza e ne ricordo la laurea in Giurisprudenza nel 1935 alla Marquette University di Milwaukee, saltando poi subito al luglio 1942, quando, dopo l’ingresso degli Stati Uniti nella Seconda guerra mondiale, “Mac” si arruola nei marine. Ufficiale dell’intelligence di stanza nel Pacifico, partecipa a diverse missione aeree. Da Democratico che era (ma non scordiamolo mai: a quel tempo non era inusuale essere “di destra ” e Democratici) si fa Repubblicano. Taglio anche qui e arrivo al dunque, cioè all’anno 1946 in cui a est cala la “Cortina di ferro” e “Mac” viene eletto a 38 al Senato federale di Washington, il più giovane senatore di quella tornata.

Lì passa subito per un conservatore, e di fatti lo è. Intanto nel paese si diffonde il “terrore dei rossi”, con relativo sospetto d’infiltrazioni comuniste nelle istituzioni statunitensi. Partono allora una serie d’indagini ufficiali e in qualche caso si arriva anche a processi.

Il 9 febbraio 1950, McCarthy accusa pubblicamente a Wheeling, nel West Virginia, e di fronte a un’organizzazione femminile Repubblicana, il Segretario di Stato Dean G. Acheson (1893-1971), Democratico: afferma di essere in possesso di una lista di 205 funzionari del Dipartimento di Stato iscritti al Partito Comunista Americano di cui Acheson ben saprebbe. “Mac” riduce poi l’elenco a 57 nomi e quindi chiede indagini. Il Senato incarica il senatore Democratico Millard E. Tydings (1890-1961) d’istituire un comitato ad hoc. Le prime audizioni si svolgono l’8 marzo. McCarthy pensa però bene di arruolare anche alcuni investigatori indipendenti, ma tutti i nomi che il suo pool di detective snocciola sono di persone già interrogate. Il 17 luglio il Comitato Tydings pubblica un rapporto-macigno. Le accuse di “Mac” sono infondate. “Mac” non ci sta, e tira fuori altri nomi.

A questo punto monta la campagna di denigrazione nei suoi confronti, nel 1952 il Senato federale avvia una controindagine su “Mac” e questa finisce in un documento, The Hennings Report: saranno pure riprovevoli i metodi usati da “Mac”, ma “Mac” non ha commesso alcun reato. Quell’anno McCarthy viene rieletto al Senato. Lo sostengono i cattolici statunitensi, lo sostiene persino il clan Kennedy. All’inizio del 1953 al Senato viene nominato chairman del Comitato di controllo sulle operazioni del governo e del sottocomitato preposto alle indagini. I Democratici si dimettono per protesta.  Contro ha pure il presidente Repubblicano Dwight D. “Ike” Eisenhower (1890-1969), che infatti l’estrema Destra accuserà di essere un criptocomunista.

Tutto culmina il 9 marzo 1954, quando la rete tivù CBS trasmette See It Now, un programma di Edward R. “Ed” Murrow (1908-1965) che sbertuccia McCarthy. A quel punto, ogni fissato del Paese si sente in dovere di accusare “Mac” di questa o di quell’altra cosa. La tivù incalza, i comitati d’indagine peggio. Alla fine, il 2 dicembre, il Senato condanna McCarthy per abuso di potere con 67 voti a favore e 22 contrari. “Mac” resta dov’è, ma gli levano ogni incarico. Scivola nel dimenticatoio, nessuno si ricorda più di lui. Si attacca alla bottiglia. Il 2 maggio 1957 muore al Bethesda Navy Hospital, nel Maryland, alle porte di Washington, per cirrosi epatica. Fine della storia.

Anzi, no: è l’inizio. Perché, dopo, sempre e solo dopo, un organismo ufficiale e (giustamente) blasonato come l’Un-American Activities Committee di spie rosse negli USA ne ha scoperte. L’ex spia rossa, il brillante giornalista di Time Whittaker Chambers (1901-1961) ne ha denunciate altre, e di altolocate. Leggere per credere i fondamentali McCarthy and His Enemies: The Record and Its Meaning, del 1954, riedito nel 1995 (Regnery, Washington), scritto da William F. Buckley jr. (1925-2008) e L. Brent Bozell (1926-1997), e il più recente, e anche in italiano, Tradimento. Come la sinistra liberal sta distruggendo l’America (trad. it. Rizzoli, Milano 2004) di Ann Coulter. Compulsare poi i risultati ottenuti dal Venona Project, vale a dire la collaborazione fra intelligence USA e britannici per decrittare i messaggi sovietici durante la Guerra fredda: dal 1995 si è cominciato a renderne pubblici i risultati e sono centinaia le spie attive scoperte negli Stati Uniti.

McCarthy ci è morto dentro, ma aveva ragione. McCarthy non è stato il persecutore, ma la vittima di un gioco perverso. McCarthy cercava di proteggere il proprio Paese dai “rossi” e lo stesso sta facendo oggi il deputato Peter King per difenderlo dai “nuovi rossi”, i terroristi islamisti: dargli del “maccartista” è una grande complimento, patriottico.

Marco Respinti è presidente del Columbia Institute e Direttore del Centro Studi Russell Kirk