Petraeus fa paura e gli effetti si sentono
28 Marzo 2007
I fatti accaduti in Iraq nelle ultime 20 ore costituiscono
una nuova sfida per il comandante della missione Iraqi Freedom, il Generale David Petraeus. Sostenitore di una linea
d’azione diversa dai normali protocolli militari, adesso il “Professore
Guerriero”, come lo chiamano in patria, dovrà affrontare nuovi disordini,
proprio a ridosso dei giudizi positivi sui risultati finora ottenuti in Iraq.
Infatti, dopo gli attentati di ieri sera nella zona sciita di Tal Afar (400 km
a nord di Baghdad), dove l’esplosione di due camion e un’auto bomba ha ucciso 75
persone e ferito altre 190, all’alba un commando di poliziotti sciiti fuori
servizio ha fatto irruzione in un quartiere sunnita di Tal Afar, giustiziando non
meno di 45 persone con un colpo d’arma da fuoco alla testa, dopo averle e
bendate e legate. Non solo, questa mattina altre due autobombe
sono esplose a Falluja di fronte a una base militare americana, uccidendo 8
militari iracheni in servizio ad un checkpoint lì vicino, e innescando uno
scontro a fuoco tra gli americani e i terroristi dove sono rimasti feriti tre
civili. Momentaneamente la situazione sembrerebbe sotto controllo: gli agenti di polizia di Tal Afar sono
stati costretti nelle loro basi, mentre i rinforzi in arrivo da Mosul sarebbero
già operativi nell’area da bonificare, insieme all’esercito americano.
Sicuramente quello che succederà nei prossimi giorni sarà un banco di prova
importante per l’operato di Petraeus, poiché le forze di polizia in arrivo da
Mosul sono state addestrate proprio dal Generale americano subito dopo la
caduta del regime di Saddam. Naturalmente un eventuale insuccesso di questi
uomini non sarebbe imputabile a Petraeus, se però l’operazione avesse un
riscontro positivo sarebbe una conferma importante per il marine di West Point,
che sintetizza lo spirito del Nuovo piano per la Sicurezza in queste parole: «quando gli Stati
Uniti appoggiano una nazione, il successo a lungo termine è arrivare a istituzioni
che vanno avanti da sole», ivi comprese
le forze dell’ordine.
Infatti, contrariamente ai suoi
parigrado dislocati in altre aree, il neocomandante in capo dell’esercito
statunitense non usa soltanto la mano dura, ma anzi tenta di “conquistare menti
e cuori degli iracheni”. Punti chiave della sua strategia sono il dialogo, la
collaborazione e la flessibilità di azione e reazione agli attacchi nemici. E i
fatti finora sembravano dargli ragione: il numero degli omicidi è calato in
modo sensibile, così come la pulizia settaria e gli episodi di violenza
quotidiana, quantomeno nei dintorni di Mosul. Contrario alla debaathificazione
voluta dal governatore Paul Bremer, da anni parla di contatto con la
popolazione irachena. “Se i reparti
militari restano chiusi nelle caserme perdono il contatto con la gente – ha
detto in più occasioni – comincia a sembrare che siano spaventati e che stiano
lasciando l’iniziativa ai guerriglieri. Occorre fare pattugliamenti aggressivi
per saturare la zona e imboscate contro gli avversari e allestire punti di
osservazione e di ascolto. È necessario spartire il rischio con la popolazione
e mantenere il contatto con loro”. Anche la strategia di comunicazione è una
novità rispetto al normale approccio di un militare col nemico, infatti gli
uomini di Petraeus hanno anche distribuito volantini in cui cercavano di
spiegare il proprio lavoro, gli obiettivi e le finalità della presenza
americana in Iraq. Non solo, lo stesso comandante incontrava regolarmente gli
imam sunniti e sciiti. Forse questa prassi può sembrare stravagante per un
generale dei Marines degli Stati Uniti, ma è importante non farsi trarre in
inganno da questi metodi, poiché se lo stesso capo della polizia Wathiq al-Hamdani ha
richiesto come supporto per risolvere la crisi a Tal Afar, proprio i soldati
iracheni addestrati da Petraeus, un motivo ci sarà.