Piangiamo le vittime di Baghdad ma l’islam ci aiuti a estirpare il male

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Piangiamo le vittime di Baghdad ma l’islam ci aiuti a estirpare il male

07 Luglio 2016

Il 5 luglio scorso, dalle colonne del New York Times, il dissidente siriano Michel Kilo, rifugiato a Parigi, si chiede come mai dopo l’ultima ondata di sanguinari attacchi dello Stato Islamico a Istanbul, Dacca, Baghdad e in Arabia Saudita, non ci sia stata una reazione da parte dei cittadini europei equivalente a quella alla quale abbiamo assistito dopo la strage al Bataclan. Dove sono gli hashtag #PrayforBaghdad che diventano trend su Twitter? Perché gli europei s’indignano e manifestano solidarietà quando le vittime sono le loro, mentre una strage di musulmani come quella dei giorni scorsi a Baghdad, oltre 200 morti, viene derubricata a un numero buono solo ad alimentare qualche fredda statistica?

Kilo conosce il funzionamento dei media: la morte di un parigino al Bataclan per tv e giornali è una notizia a cui dare maggiore risalto rispetto alle vittime di Baghdad, ma il dissidente siriano va oltre, mettendo in guardia dall’islamofobia crescente nelle società occidentali e legandola a fenomeni politici come Brexit o il successo di Trump negli Usa, sintomo, secondo lui, di un Occidente che vuole rinchiudersi sempre di più in se stesso. Considerazione, quest’ultima, che convince meno delle altre, perché tende a spostare il problema dalla pancia dell’Islam a quella delle nostre società: non è stata solo la paura della immigrazione islamica incontrollata, che pure si è rivelato un argomento determinante, a causare Brexit. 

Parlando con il NYT, il dissidente siriano conclude ricordando l’inazione dei governi occidentali, che hanno abbandonato la Siria a se stessa, prima nelle mani di una dittatura sanguinaria, ai tempi della ribellione contro gli Assad, e poi al delirio bestiale dello Stato Islamico che quegli stessi Assad ha fatto rimpiangere. Potremmo fermarci qui. Come abbiamo detto molte di queste considerazioni sono condivisibili, altre un pochino più scontate. Ma va aggiunto qualcos’altro.

Se è vero che tutti noi dobbiamo mobilitarci contro il terrorismo, dove sono le comunità islamiche in Europa che si battono quotidianamente contro il tumore islamista? Perché c’è sempre l’eco di un doppio standard (lo Stato islamico va condannato ma anche le guerrafondaie potenze occidentali) nelle prese di posizione dei loro rappresentanti? Va aggiunto che la situazione nel mondo arabo e islamico – e Kilo dimostra di rendersene conto – è complicata dal fatto che il terrorismo è un elemento che va inserito all’interno di un contesto più generale, le “guerre nell’Islam”, guerre di potenza, religione, tribali, settarie, come dimostra proprio l’Iraq con lo scontro tra sciiti e sunniti.

Basta ricordare che quando le alte cariche dello Stato iracheno nei giorni scorsi sono andate a portare solidarietà nei quartieri colpiti da Isis sono state accolte a sassate dagli abitanti. In uno scenario così complesso, per onestà va sottolineato pure che – dalla rivoluzione verde in Iran all’esplosione delle primavere arabe – il mondo arabo laico, moderato, i giovani e le donne, i dissidenti come Kilo, messi tutti insieme, si sono rivelati una forza che appare ancora troppo debole e in certi casi anacronistica, per rappresentare una alternativa all’islam fondamentalista. E che infine, quando, in passato, le democrazie occidentali, pur tra mille errori che rimpiangiamo amaramente (ne scrive oggi sull’Occidentale la professoressa Coli), si sono comunque mosse per sostenere anche con la forza delle armi chi veniva perseguitato, l’unico risultato è stato il dilagare di un antiamericanismo e di sentimenti antioccidentali viscerali in tutto il mondo islamico. 

E allora: un maggiore e più esteso impegno della comunità islamica sunnita nei Paesi europei e nel mondo arabo contro il terrorismo, un rafforzamento delle elite e delle avanguardie laiche e moderate nei Paesi del Medio Oriente o in Nordafrica, sostenuto senza ambiguità dalle classi dirigenti locali, senza doppi standard esercitati nei confronti delle potenze occidentali. Una vera riflessione sull’arretratezza culturale e la mancanza di libertà religiosa che hanno generato lo scontro ‘mondiale’ nell’Islam tra Sunna e Shia, con interpretazioni ancora troppo arcaiche, spesso oscurantiste e reazionarie, “letterali” del Corano. Sono tutti aspetti che insieme a quelli denunciati da Kilo e che ci riguardano direttamente come europei e occidentali permetteranno di estirpare la malapianta del fascismo islamico.