Piazza Affari giù, spread su: tempi duri per Renzi

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Piazza Affari giù, spread su: tempi duri per Renzi

09 Febbraio 2016

Nuovo tonfo delle Borse europee con Piazza Affari che cede 4,6%. Petrolio grande malato dell’economia mondiale. Grecia che sbanda ancora una volta, spread che in Italia torna a salire a 148 punti base esponendo il nostro Paese a nuove speculazioni. La notizia dello spread che sale, il rapporto tra btp e bund tedeschi è uno dei termometri della nostra stabilità, è doppiamente negativa visto che nelle settimane scorse questo dato era rimasto stabile a fronte delle turbolenze dei mercati.

 

Ieri, il lunedì nero delle borse ha toccato un po’ tutti i paesi, con le banche che restano il grande sorvegliato speciale; gli investitori fuggono, i titoli scendono, il bail in non sembra essere la soluzione giusta per proteggere il credito che anzi rischia di aggravarsi se pensiamo alla massa di quelli "deteriorati", "incagliati", in sofferenza. Tra i titoli italiani, malissimo Saipem che perde il 25%, Monte Paschi cede un altro 11%, rasentando il minimo storico del suo valore, Ubi, Poste italiane, Carige perdono intorno al 10. Fca il 9,8%. Il Mib di Milano è tornato a livelli che non si vedevano dal 2013.

 

Il tonfo di Saipem, in particolare, pesa sul mercato borsistico italiano, quel 25% in meno arriva nel primo giorno dopo il termine della trattazione dei diritti in borsa dell’aumento di capitale di 3,5 miliardi di euro. E non aiuta la decisione di S&P di mettere il rating sotto osservazione.

 

Il rischio per l’Italia c’è e non va sottovalutato. Se crolla Atene, come hanno scritto nei giorni scorsi i quotidiani finanziari, sulla lista degli speculatori il prossimo in lista è il nostro Paese. E se il presidente del Consiglio continuerà ad attaccare Bruxelles, mentre i giornaloni nostrani continuano a dare grande enfasi a qualsiasi cosa dica il premier, il rischio è quello di essere fatti a pezzettini: Renzi sfida la Ue, vuole le primarie europee, chiede una Europa più democratica, ma come ha ricordato il Sole 24 Ore dagli ambiente vicini a Juncker si fa notare che la lezione non può arrivare da un governo come quello italiano, che non è passato dalla prova del voto popolare.

 

La parola chiave è sempre di più "Kerneuropa", Core Europe, come la definì agli inizi degli anni Novanta Wolfgang Schauble, l’idea di una Europa a due velocità, con il cuore del continente, la Germania, capace di attrarre il resto dei Paesi verso di sé, ovviamente meno quelli di Eurosud, che potrebbero essere destinati a viaggiare a una marcia inferiore, sicuramente la Grecia, ma Italia e Spagna non stanno messe molto meglio. Per Roma la posizione al momento è assai delicata: siamo stretti alla Germania, vorremmo trovare delle alternative, ma l’asse con Madrid, ad esempio, sempre ragionando in termini di Eurosud, non funziona tanto più che la Spagna ancora non ha un governo.

 

Dove ci porteranno i pugni sbattuti sul tavolo in Europa da Renzi, questa mascherata di populismo e nazionalismo? E’ un anticipo della retrocessione alla seconda velocità? Uscire dall’eurozona sembra ancora uno scenario improbabile ma cosa accadrebbe con una lira zombie e il Paese sotto pressione migratoria? Ci trasformeremmo in una immensa Calais.