Piccoli e grandi editori che hanno cambiato la letteratura italiana
01 Dicembre 2007
Quanto conta l’editoria nella storia della letteratura? La scuola evita l’argomento, ma le case editrici hanno avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della cultura italiana. Senza editori illuminati e capaci, molte opere che oggi celebriamo come capolavori non avrebbero mai visto la luce. Altre ancora, senza opportuni consigli e correzioni redazionali, non avrebbero avuto il meritato successo. Come da anni va ripetendo Vittorio Spinazzola – professore emerito all’Università degli Studi di Milano, tra i primi a occuparsi dell’importanza dell’editoria per lo studio della letteratura – non possiamo prescindere dalla storia e dal progetto culturale delle maggiori imprese editoriali: studiare la letteratura senza tener conto dell’editoria è un’operazione lecita, certo, ma anche parziale.
Il 2007 rappresenta in questo senso una duplice torta di compleanno: cento candeline per Mondadori e per Ricciardi, case editrici tanto diverse (geograficamente e culturalmente) ma allo stesso tempo fondamentali per lo sviluppo culturale dell’Italia novecentesca. La prima è milanese, e presto diventa la maggiore impresa editoriale italiana rivolta al lettore medio; la seconda è napoletana, e rappresenta un punto di riferimento per saggistica di qualità e classici della letteratura nostrana.
Mondadori nasce nel 1907 con una minuscola rivista socialista, “Luce”, fondata da Arnoldo nella tipografia ostigliese in cui lavora come garzone – si tratta della Tipografia e Cartoleria L. Manzoli. Di lì a poco il sig. Mondadori abbandona la politica e con Tommaso Monicelli rileva in proprio la tipografia, rinominandola “La Sociale”. Ma il vero e proprio passaggio dalla dimensione artigianale a quella editoriale è datato 1911-1912: il nome scelto per l’impresa è “La Scolastica”, e tra le prime iniziative vi sono degli storici libretti illustrati per bambini targati “La Lampada”. Arrivano presto nuovi soci e nuovi capitali, e finalmente – siamo nel 1919 – possiamo parlare di casa editrice “A. Mondadori”.
Negli stessi anni, a Napoli, il sig. Riccardo Ricciardi istituisce l’omonima casa editrice. Il target, si capisce, è ben diverso da quello di Mondadori: l’obiettivo non è tanto il profitto, quanto quello di mettere in piedi un punto di riferimento culturale. Se Mondadori parte rivolgendosi ai bambini, Ricciardi si rivolge a pochi eletti: primo volume pubblicato è “Poesie” di Salvatore di Giacomo – poeta, drammaturgo e saggista. Da subito l’editore fa valere la sua amicizia con Benedetto Croce: il filosofo collabora con la neonata Ricciardi, guidandola nella pubblicazione di opere filosofiche (con particolare attenzione al panorama italiano). Ma sotto la targa “Ricciardi” trovano presto spazio anche giovani intellettuali: Papini, Cecchi, Borghese e Thovez – che, tre anni dopo la sua fondazione, regala a Ricciardi il maggior successo di vendite con “Il pastore, il gregge e la zampogna”.
Parallelo è lo sviluppo delle due case editrici, parallela l’affermazione in ambiti ben distinti. Risulterà presto chiarissimo come Arnoldo punti alla vendita, allo sdoganamento del libro presso un pubblico sempre più vasto: dopo il passaggio della casa da Ostiglia a Milano, imprenditorialmente impeccabili saranno tanto l’acquisizione dell’esclusiva per il libro unico scolastico fascista quanto l’esclusiva editoriale per la pubblicazione di “Tutte le opere” di Gabriele D’Annunzio, strappato a Treves. Da qui in avanti, per Mondadori saranno solo successi.
Fondamentale per lo sviluppo di Ricciardi, invece, sarà l’acquisizione della casa editrice da parte del milanese Mattioli (siamo nel 1938). Sincero amico del fondatore Ricciardi, Mattioli era un elemento di spicco nella vita finanziaria e culturale di Milano: economista (presidente della Banca Commerciale Italiana) e traduttore di Shakespeare, il nuovo proprietario trasferì la casa editrice napoletana all’ombra della Madonnina. Costante sarà la collaborazione con il fondatore Ricciardi – che fino alla morte non abbandonò mai la sua creatura. E proprio a Milano, dove Mattioli spicca quanto Mondadori, avverrà un contatto tra le due case editrici quando l’impresa di Arnoldo si farà distributrice dei libri targati Ricciardi.
Al di là della storia, quello che preme sottolineare è la portata innovatrice delle due case editrici nel panorama culturale italiano. Parlare delle rivoluzioni mondadoriane richiederebbe un intero libro, tuttavia alcune svettano sulle altre. 1929, Arnoldo inaugura i “Libri Gialli”: il poliziesco arriva in Italia e per la prima volta il nome di una collana libraria finisce per battezzare un intero genere narrativo; il successo è senza precedenti, soprattutto quando nel novero degli autori entra Agata Christie: il sodalizio della scrittrice con Mondadori è lungo e fecondo, nonostante qualche problema sotto la cappa fascista – ad esempio la censura di “Ten Little Niggers”, impubblicabile per la presenza di due suicidi nella trama. Innovativi, nel campo del poliziesco, sono poi i gialli economici che “sdoganano” Simenon. Se Mondadori ha inciso in seguito con ulteriori collane di enorme successo, come la “Medusa”, altro evento capitale riguarda il mondo del fumetto: il sodalizio con Disney porta Mondadori a pubblicare “Topolino”, ancora oggi giornaletto di riferimento per tutti i bambini. E tra le rivoluzioni più recenti, non possiamo tacere la fondazione della collana “Oscar Mondadori”, inaugurata nel 1965 con “Addio alle armi” di Ernest Hemingway al prezzo stracciato di 350£: un passo fondamentale per portare il libro nelle edicole e nelle case di un numero sempre maggiore di italiani.
Al proliferare delle iniziative popolari della Mondadori risponde una singola, ma grandissima, operazione culturale “alta” da parte di Ricciardi. Il maggior contributo della casa editrice alla cultura italiana vede la luce nel 1951, quando Mattioli lancia una collana di assoluto prestigio: “La letteratura italiana. Storia e testi”, da lui stesso diretta insieme a Pancrazi e Schiaffini. Il progetto consta inizialmente di 80 tomi, forse i “mattoni” più celebri della storia editoriale italiana, caratterizzati da un’innovativa scelta di testi ed edizioni, da grande cura filologica e notevole prestigio tipografico. I volumi della “Letteratura italiana” hanno accompagnato la seconda metà del Novecento con una veste materiale impeccabile, perfetta “cassaforte” per la critica e la storia letteraria nazionale: le edizioni furono affidate al maestro Madersteig, che curò ogni singolo aspetto dalla copertina alle pagine, dai caratteri alla legatura. Il tutto per concorrere alla creazione di un prodotto editoriale pressoché perfetto.
Si delinea così chiaramente l’importanza delle due avventure editoriali per lo sviluppo della cultura italiana. Mondadori, che da semplice garzone ha saputo farsi imprenditore, ha letteralmente portato i libri nelle mani degli italiani. Ricciardi, invece, ha saputo dare prestigio e immortalità ai testi più importanti della nostra storia: uno strumento inestimabile per tutti gli studiosi, da cinquant’anni a questa parte. Due obiettivi diversi, due strade partite da lontano per incrociarsi nella capitale editoriale italiana. Oggi Mondadori continua ad essere la maggiore impresa culturale italiana, mentre Ricciardi (dopo un breve passaggio a Einaudi negli anni settanta) è stata acquisita nel 2003 dall’Enciclopedia Italiana Treccani: l’idea è quella di rilanciare la collana sotto la supervisione di una delle maggiori istituzioni culturali italiane. Due storie diverse, ma un unico importantissimo compleanno.