Piccoli killer crescono nei campi estivi di Hamas

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Piccoli killer crescono nei campi estivi di Hamas

16 Agosto 2016

Per il terzo anno consecutivo, Hamas accoglierà nella Striscia di Gaza circa centomila giovani nei campi scuola estivi. Le iscrizioni sono in aumento rispetto agli anni precedenti, solo a Luglio le presenze hanno superato le 50.000 unità, scrive The Tower. Il programma sarà come al solito all’insegna di una crudele eccitazione – corano e moschetto, il fascista islamico perfetto – ma talvolta suscita delle perplessità tra i genitori.

Abou Chanab, il padre di uno dei giovani campeggiatori, rivela al quotidiano arabo Al Monitor, “sono rimasto sorpreso che mio figlio, 14enne, fosse addestrato su come indossare delle armi”. Del resto non si può certo dire che Hamas nasconda le sue intenzioni. Nel corso di una conferenza stampa, Khalil al-Haya, alto ufficiale dell’organizzazione terroristica, ha dichiarato che i campi estivi servono appunto per “addestrare una nuova generazione che porti il Corano e il fucile” a “liberare la Palestina” dal “nemico sionista”. 

Anche Ahmed al-Mudallal, capo della Jihad islamica, ospita nei suoi campi la bellezza di diecimila giovani, insegnandogli come rapire soldati israeliani o usare una mitragliatrice. Dichiara di farlo “per addestrare una generazione che possa difendere le proprie famiglie se necessario”. Qualcosa ci dice che in questa feroce idea di “difesa” rientrano anche i civili israeliani accoltellati per strada o fatti a brandelli negli autobus o in discoteca. 

Grazie al cielo, penserete, c’è la comunità internazionale, pronta a offrire un’istruzione alternativa a quella dell’odio islamista. Le Nazioni Unite sono rappresentate a Gaza dall’UNRWA, l’agenzia per i rifugiati palestinesi. Il problema è che anche quelle organizzazioni che in teoria dovrebbero operare a fin di bene vengono infiltrate da Hamas, un’accusa che trova riscontro dopo l’arresto di due volontari collusi con il terrorismo.

E allora? In un discorso breve ma assolutamente incisivo, il premier Netanyahu si è chiesto chi aiuta di più i palestinesi: Hamas, che oltre ad addestrarli al martirio ruba i soldi delle agenzie umanitarie per costruire tunnel con cui penetrare in Israele, rifornirsi di armi e lanciare razzi, oppure lo Stato ebraico, che si prende cura dei malati palestinesi e soccorre perfino gli attentatori islamisti feriti durante la Intifada dei coltelli quando rischiano la vita?

Ascoltiamo Netanyahu: l’amarezza che traspare dalle sue parole è grande. Ricorda quella di Golda Meir, quando il primo ministro israeliano ebbe a dire “O arabi, noi vi potremmo un giorno perdonare per aver ucciso i nostri figli, ma non vi perdoneremo mai per averci costretto ad uccidere i vostri”.

Citazioni a parte, chiediamoci dove finiscono i soldi delle donazioni per il popolo palestinese che vengono raccolte in mezza Europa da una miriade di gruppi e associazioni umanitarie (speriamo in buona fede). Chiediamoci chi paga i campi di addestramento e di reclutamento di Hamas. La risposta purtroppo è una sola, li paghiamo anche noi.

Piccoli killer crescono, pronti a esplodere in qualche caffè di Gerusalemme o ad ingrossare le fila dello Stato Islamico.