Piccone (Pdl): “Il sistema post-industriale è in crisi, Germania modello del nuovo manifatturiero”
11 Febbraio 2013
Filippo Piccone, senatore del Pdl e coordinatore del partito in Abruzzo, corre come capolista alla Camera dei Deputati. Riusciamo a intercettarlo nella frenesia della campagna elettorale per fare un punto sulle sue proposte di governo. E’ l’occasione per una conversazione che dall’Imu si allarga all’Europa, alla programmazione della Ue per l’Adriatico, al ruolo centrale che può giocarvi l’Abruzzo. Il modello post-industriale che ha raggiunto alti standard produttivi con una riduzione della forza lavoro sembra in crisi. Piccone pensaa un rilancio del tessuto industriale, indicando la Germania come modello virtuoso di crescita del manufatturiero. Alla base di tutto c’è però un sistema dell’istruzione che funzioni e favorisca davvero l’ingresso o la ricollocazione dei lavoratori sul mercato.
Senatore, parliamo di Imu.
Per l’Abruzzo l’eliminazione e la restituzione dell’Imu saranno due fattori importantissimi. Consideri che la nostra Regione, fatta di poche, grandi città, è quella con la più alta incidenza di proprietari di prime case e dunque ci sarà un beneficio immediato per la popolazione.
In una Regione che sconta ancora la rovina del sisma.
Un’altra buona ragione per aiutare gli abruzzesi che si sono rimboccati le maniche e tanto hanno fatto e continuano a fare per tornare alla normalità. L’Imu va tolta, punto.
Abbiamo chiesto ad altri suoi colleghi di partito cosa pensano della "macroregione adriatica" e della programmazione economica approvata di recente per Europa 2020. Lei che dice?
Primo, destinare più fondi alle infrastrutture. Il governo, d’intesa con l’Europa, dovrà impegnarsi nella costituzione reale della macro-regione adriatica guardando a un grande investimento infrastrutturale. E gli investimenti a cui potremo attingere come Stato e come Regione dovranno essere il frutto di una seria programmazione.
Perché l’Adriatico serve all’Abruzzo?
Per la natura stessa della nostra Regione, a metà tra Adriatico e Tirreno. La vocazione dell’Abruzzo è diventare un nodo logistico e intermodale che produca sviluppo, crescita, scambi, consumi.
Anche usando gli eurobond?
Sono utilissimi, un aspetto sostanziale della programmazione in sede europea. Ripeto: l’Abruzzo guarda ai Balcani e confina con Roma, il più grande mercato italiano. Valorizziamo questa posizione strategica.
Molti dei corridoi transeuropei di cui tanto si favoleggiava sono rimasti lettera morta
L’integrazione non si fa sulla carta ma con i fatti. Solo con progetti concreti riusciremo a velocizzare i processi in atto. Occorre un approccio pragmatico.
Gli imprenditori italiani che internazionalizzano spesso si trovano soli all’estero, senza una valida rete di appoggio a livello governativo
Il governo centrale e le Regioni devono fare uno sforzo decisivo nel supportare la piccola e media azienda che sceglie coraggiosamente di affacciarsi sull’Adriatico. Il mio impegno, il nostro impegno come partito, sarà quello di mettere in rete queste aziende, dare loro delle chance nella competizione con le imprese più grandi, più abituate a muoversi per dimensione ed esperienza oltre i nostri confini. Mettiamo in rete le capacità. Capacità, prodotti e competenze non mancano.
Eppure non si decolla
Soffriamo di nanismo imprenditoriale e non riusciamo a integrare risorse e obiettivi. Parlo di "reti" reali, non qualcosa di puramente nominale. Dobbiamo mettere in sinergia servizi e prodotti che possiamo offrire come Regione, come Regioni adriatiche, e puntare sulla formazione.
In Abruzzo molte piccole e medie aziende hanno chiuso ma anche le multinazionali soffrono, pensiamo al caso di Micron.
Guardi, quello della microelettronica è un comparto a forte innovazione e strategico per l’Europa. L’Italia non deve restarne fuori. Politica e istituzioni non devono commettere gli errori del passato, bisogna affrontare di petto la questione dei settori strategici ad alta valenza tecnologica e competitiva.
Si sta facendo qualcosa?
Antonio Tajani ha proposto un tavolo europeo a sostegno della microelettronica. Serve una fotografia sull’Italia, capire quali sono i settori compatibili e dove siamo più competitivi.
Perché è così importante?
Ci siamo basati su un modello post-industriale di forte razionalizzazione dei prodotti e dei processi produttivi creando quindi le basi di una riduzione della manodopera. Ma non sempre "meno è meglio". Il rischio di questo sistema è la creazione di ricchezza senza lavoro, mentre invece la microelettronica è ancora un settori all’avanguardia che offre sbocchi occupazionali.
E’ dei discorsi su innovazione e ricerca che ne facciamo?
Personalmente ritengo vincente il modello tedesco, negli ultimi dieci anni la Germania ha investito nel manufatturiero e oggi non conosce crisi occupazionale. Il rischio di rinunciare alla microelettronica, non so è chiaro, è quello di ampliare la forbice tra ricchi e poveri che in Italia è già quella che è.
Diceva della formazione, le sembra che in Italia abbiamo un sistema funzionante?
In Italia ci sono più avvocati che ingegneri e il nostro sistema dell’istruzione, preso nella sua interezza, non prepara ancora adeguatamente al mondo del lavoro, mi riferisco in particolare ai settori dei quali stiamo parlando, ad alta innovazione tecnologica.
E allora?
Ha presente gli Stati Uniti? Forse è vero che offrono una formazione di base inferiore alla nostra ma chi esce dai campus americani trova lavoro più facilmente che da noi. In Italia ci vuole ancora troppo tempo prima che un ingegnere meccanico che ha terminato gli studi raggiunga l’apice della sua curva di apprendimento in azienda. Serve una formazione che punti sulla ricerca applicata. Dotarsi di strumenti per cogliere opportunità.