Pietro, Paolo e Beppe

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Pietro, Paolo e Beppe

26 Agosto 2005

Se Pietro e Paolo, dopo aver attraversato il Mediterraneo da clandestini su una zattera sfuggita al controllo del ministro dell’interno italiano, avessero incontrato Beppe Pisanu, già allora ultimo Gentile della «banda dei quattro”, si sarebbero sentiti dire: «Ragazzi, piantatela con questa vostra insistenza sulla identità cristiana, non incaponitevi con questa ossessione di convertirci alla religione cosiddetta vera del vostro Capo – che peraltro, a forza di ostinarsi, anziché mediare e fare il moderato, avete visto come è finito male – e non scocciateci con l’idea di convertire le genti. Mi sembrate degli invasati come quella pazza di Oriana Fallaci, a cui poi mi tocca dare la protezione perché gli islamici la vogliono far fuori. Non avete capito che noi qui siamo pluralisti? Il relativismo ci va bene, tant’è vero che abbiamo le correnti. Iscrivetevi piuttosto alla Dc. Tu, Pietro, che sei un bravo pescatore e ti alzi presto all’ora del gallo, potresti fare il presidente del consiglio. Tu, Paolo, così agile nello scendere da cavallo, saresti un eccellente presidente della Camera. Quanto a me, Beppe, beh, un’ideuzza ce l’avrei, ma fatemi prima presentare il pacchetto a Violante”. La Scrittura continua dicendo che un povero Cristo, che proprio in quel momento era al lavoro a Portorotondo per trovare un collegio sicuro a Beppe e al suo figliolo, esclamò: «Padre, Padre, ma è possibile che l’hai sempre con me e mai con i centurioni?”.