PIS, l’anello debole è l’Adriatico
10 Maggio 2013
Dallo stato dell’arte sulle grandi opere previste dal Piano infrastrutture strategiche – l’11° allegato al DEF 2013 – sembra emergere un’attenzione decrescente sia per l’Italia adriatica che per la politica estera dei trasporti con l’Europa Orientale. Analizzando costi previsti e già deliberati dal CIPE per i corridoi plurimodali, ad esempio, in un confronto tra 10° e 11° Allegato, ci accorgiamo che la stima per il Corridoio Adriatico è scesa da 2 miliardi a 1,983 milioni di euro. Il CIPE per ora ne ha deliberati soltanto 711. «Alcune macro-opere registrano una riduzione,» si legge nel documento, «tra queste il corridoio plurimodale adriatico».
Se guardiamo alle Reti TEN-T, il corridoio Baltico-Adriatico appare secondario rispetto agli altri assi del “core network” (Helsinki-LaValletta, Lione-Torino-Kiev, Genova-Rotterdam), sia per quanto riguarda i fondi pubblici stanziati, sia per quelli previsti in futuro. Non ci sono stati investimenti per strade e ferrovie, qualcosa si muove nella programmazione per lo sviluppo del sistema portuale e idroviario. Il corridoio Baltico Adriatico dovrebbe congiungere Danzica a Ravenna diventando la punta logistica terminale dell’asse dei trasporti est europei. Il 12 ottobre del 2006 i ministri dei Trasporti e delle Infrastrutture di Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Austria e Italia sottoscrivevano la Lettera d’Intenti per lo sviluppo di una strategia comune: estendere il Progetto prioritario N. 23 – l’asse ferroviario Danzica-Vienna – al Nord Italia, a Bologna e ai porti dell’Alto Adriatico.
A 7 anni di distanza, mentre in Carinzia si scava con enormi macchine perforatrici nelle montagne al confine con la Stiria per aprire nuovi tunnel ferroviari, in Italia ci si domanda se il Corridoio riuscirà ad arrivare in tempo a destinazione, se riusciremo a completare lo sviluppo intermodale tra il sistema portuale, stradale e ferroviario dell’Italia Nord-Orientale. In realtà dovremmo sforzarci di andare oltre Ravenna, far proseguire il Corridoio europeo fino ad Ancona, continuare l’ammodernamento della dorsale ferroviaria adriatica (Bologna-Bari-Lecce-Taranto), rafforzare gli hub portuali della “Marca” (Abruzzo, Marche e Molise), della Puglia e dell’area ionica.
A livello micro significherebbe riconnettere Alto, Medio e Basso Adriatico (guardando ai Balcani), a livello macro congiungere il Baltico-Adriatico con il Mediterraneo, l’Europa Centro-Orientale con quella Meridionale fino a Suez. Rotte e mercati strategici non solo per le nostre Regioni orientali ma per il Paese intero. Nei mesi scorsi Bruxelles ha ufficialmente costituito la macro-regione Adriatico-Ionica, attesa da anni e che prevede subito una programmazione per il rafforzamento delle reti viarie, energetiche e informatiche. Non facciamoci trovare impreparati alle sfide e alle opportunità lanciate da Bruxelles, rivendichiamo una maggiore integrazione dell’Italia adriatica per trasformare il nostro Mare interno in un sentiero moderno e sicuro della mobilità europea.
* Vicepresidente Commissione Politiche UE e Deputato del Pdl