Più batte sul giustizialismo, più il Pd s’allontana dalla gente

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Più batte sul giustizialismo, più il Pd s’allontana dalla gente

22 Maggio 2009

 

Il raggiungimento della maggiore età politica è ancora lontano. E come dimostra la vicenda Mills, il Partito Democratico è nuovamente tornato alla casella del “via”, azzerando i piccoli passi in avanti compiuti nel recente passato.

Lo schema di fondo è sempre lo stesso. Si lavora sulla tattica e non sulla strategia. E chiunque assuma su di sé l’onere della guida del partito alla prova dei fatti non riesce a mettere in gioco se stesso e tentare un’avventura che lo liberi dallo scudo – ma anche dalla camicia di forza – del giustizialismo e dell’antiberlusconismo.

Il percorso verso la maturità del Pd, insomma, continua ad essere avvolto nelle nebbie e anzi, ogniqualvolta si tenta uno scarto in avanti da lì a poco si innesta la retromarcia e il passo del gambero.

E questo accade tanto più oggi che il partito erede della Margherita e dei Ds non corre per vincere ma per limitare le perdite e deve evitare di prestare il fianco alle incursioni di Antonio Di Pietro, impegnato in una escalation verbale per accreditarsi come unico depositario del “diritto di opposizione”.

Il risultato è che, come ha giustamente scritto Claudia Mancina su Il Riformista, “il Pd si trova in un angolo nel quale può fare un’unica scelta: quella sbagliata pur sapendo che è sbagliata. Se continua su questa strada il Pd sarà sempre fragile e costretto a inseguire i suoi antagonisti a sinistra invece che sfidare Berlusconi. Inseguire Di Pietro oggi come ieri Rifondazione, porterà forse a perdere un punto in meno ma certo non farà del partito quell’alternativa credibile di cui l’Italia ha bisogno”.

In realtà sono proprio le percentuali e la ormai prossima misurazione del consenso che avverrà con le Europee lo spettro che muove molte delle scelte della leadership democratica. Il timore più grande è quello di una fuga in avanti dell’Italia dei Valori e il possibile avvicinamento alla soglia del 10%. Una prospettiva clamorosa che suscita ovviamente inquietudine e preoccupazioni.

Ma tutti sono consapevoli che gli orientamenti di voto nel centrosinistra premiano Antonio Di Pietro. Scintilla questa che ha portato Dario Franceschini a partire a testa bassa  contro Berlusconi sulla vicenda Mills, seguito dalla grande maggioranza dei suoi compagni di partito. Una sorta di copione obbligato che alcuni dirigenti non possono fare a meno di recitare pur essendo consapevoli che esiste il rischio che questo atteggiamento si trasformi in un boomerang, con il premier pronto a mostrarsi davanti all’elettorato con le stimmate della persecuzione giudiziaria e incamerare ulteriore consenso.

Non è un caso che in questo frangente Francesco Rutelli mantenga un atteggiamento di basso profilo avendo fiutato – così come sulle politiche contro l’immigrazione clandestina – quanto la linea del Pd sia lontana dalla sensibilità della gente.

E Marco Follini si ponga apertamente in conflitto dalla leadership del partito. Così come molti altri esponenti, discutendo al riparo dai riflettori, non nascondono il timore per la paventata incursione di Silvio Berlusconi davanti alle Camere per dire la sua sulle ultime iniziative della magistratura.

Ciononostante derubricare la questione Mills dall’agenda politica pare ormai impossibile. E impostare la partita elettorale su temi concreti e vicini alla vita reale della gente appare, a questo punto, un’illusione.