Più che battersi per la democrazia Al Jazeera fa demagogia

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Più che battersi per la democrazia Al Jazeera fa demagogia

01 Febbraio 2011

Ha fatto irruzione sugli schermi delle nostre tv mostrando  Osama bin Laden che macabramente rivendicava gli attentati dell’11 settembre. Adesso Al Jazeera  “sta favorendo il propagarsi dei sentimenti di ribellione da una capitale all’altra”, imponendo l’idea di una “battaglia comune” da combattere”, scrive il New York Times. La copertura quasi ossessiva da parte del network satellitare del Qatar delle proteste in Tunisia e Algeria, prima, e in Egitto poi, ha dato un impulso decisivo all’espandersi delle rivolte. Adesso molti si chiedono a che gioco stia giocando Al Jazeera. La televisione panaraba sta contribuendo al diffondersi delle proteste democratiche ma il sospetto è che stia favorendo sentimenti islamisti vicini al fondamentalismo islamico. I suoi telegiornali hanno avuto un ruolo attivo, al pari di  internet, nei moti nordafricani. Se con la Rete è stato possibile raccontare al mondo le proteste, Al Jazeera le ha irradiate internamente alle aree coinvolte con una regia molto attenta. E’ significativo che sei giornalisti dell’emittenti siano stati fermati durante le proteste contro Mubarak. Il governo egiziano aveva anche disposto la chiusura dell’ufficio della tv al Cairo e aveva ritirato gli accrediti stampa a tutti i suoi dipendenti.

L’emittente qatariana è spesso stata accusata di fare da megafono alle correnti più intransigenti dell’Islam. Un atteggiamento che si è via via fatto più marcato con una pericolosa deriva populista di stampo marcatamente pro-islamista. Come spiega Donatella Della Ratta nel suo “Perché l’Occidente non capisce Al Jazeera”, nei primi anni della tv non sono stati utilizzati accenti marcatamente antioccidentali. Piuttosto era evidente il tentativo di rappresentare ciò che accadeva nel mondo e di interpretarlo con gli occhi del mondo arabo. Adesso, invece, negli studi di Doha si ospita il telepredicatore radicale Yusuf Qaradawi e si promuovere Rashid Ghannushi annunciando il suo viaggio in Tunisia come se il suo arrivo fosse analogo a quello del ritorno di Khomeini in Iran.

Al Jazeera è la creatura di Hamad bin Khalifa Al Thani, emiro del Qatar. L’emittente nasce nel 1996 come tentativo di trasformare il suo Paese nel centro culturale della regione. L’obbiettivo era dare risalto al piccolo e storicamente irrilevante Qatar nel panorama politico mediorientale. Ed è innegabile che il risultato sia stato raggiunto. Al Jazeera è un’emittente che copre una vasta area, che va dall’Africa araba, ai paesi del Golfo, fino all’Indonesia (il più grande paese musulmano). Il progetto originale prevedeva che l’emittente, nata grazie agli ingenti finanziamenti dell’emiro, avrebbe dovuto sostentarsi esclusivamente con gli introiti privati derivanti dalla pubblicità ma e l’indipendenza finanziaria non è mai stata raggiunta perchè le concessionarie della pubblicità dell’area erano, e sono tuttora monopolizzate dall’Arabia Saudita, il cui governo è fortemente ostile al network del Qatar. L’emittente si è caratterizzata per una ricerca quasi ossessiva dello scoop e molto spesso è stata criticata per il suo sensazionalismo. Sono arrivate tante critiche ma anche tanto pubblico  tra gli spettatori di tutti i paesi di lingua araba, che per la prima volta potevano avere accesso ad una informazione televisiva non censurata né manipolata.

Le simpatie di Al Jazeera sono note. Tutta la storia del’emittente è costellata di tentativi da parte dei regimi arabi (compreso il nuovo governo iracheno) di ostacolarne e reprimerne l’attività, con l’allontanamento dei giornalisti e con la chiusura degli uffici di corrispondenza.  In questi giorni Al Jazeera è stata criticata, osteggiata e anche minacciata da molti paesi arabi. Il presidente palestinese Abbas le ha dichiarato guerra per le notizie diffuse riguardo ai “Palestiniane Papers”. Il presidente dello Yemen ha telefonato all’emiro chiedendogli di intervenire presso la tv ed accusando la redazione di abusare della propria professione. In Tunisia l’emittente che era stata cacciata da Ben Ali è tornata a trasmettere e i giornalisti sono stati protagonisti della rivolta.

In Egitto è stata la televisione che ha trasmesso in diretta continua gli avvenimenti garantendo così gli stessi dimostranti che sembrano aver capito che il fatto di essere visibili al mondo li rafforza nella loro lotta. Ma la diffidenza con cui molti governi guardano l’emittente ha radici lontane. Dalle accuse di supporto a Hamas in Palestina sin dal 2008, fino alla diffusione dei presunti documenti relativi ad accordi tra l’Autorità Palestinese e Israele riguardo concessioni su territori e prigionieri a favore dello Stato ebraico. A seguito della vicenda, gli uffici di Al Jazeera a Ramallah hanno subìto alcuni attentati. In Libano, l’emittente è stata accusata di benevolenza eccessiva verso gli sciiti e di informazione "pilotata" in negativo verso il premier deposto, Saad Hariri, e i suoi sostenitori. Anche in questo caso, la tv del Qatar ha subito ritorsioni violente.

Ma come si spiega il protagonismo di Al Jazeera? Secondo gli esperti di informazione il sostegno alle rivolte sociali nei paesi arabi sarebbe semplicemente un’operazione di marketing che punta a  far divenire l’emittente il faro dell’informazione “libera”, una specie di Wikileaks del Medioriente. Ma è ormai chiaro che Al Jazeera, come fa notare Hugh Miles sul sito della Bbc, gioca un ruolo politico. Come detto in precedenza, non si tratta di una televisione indipendente perché connive apertamente con il governo del Qatar. Come sottolineano alcuni “cable” pubblicati da Wikileaks siamo di fronte ad uno strumento informale della politica estera dell’emirato. Sempre secondo il sito di Assange, il governo del Qatar è il paese che collabora di meno nella lotta al terrorismo qaedista.

Per capirne di più conviene guardare la carta geografica del Golfo. Il Qatar si trova schiacciato tra Arabia Saudita e Iran. I rapporti con Riad sono pessimi. Allo stesso tempo l’emirato di Al Thani teme di essere risucchiato nella sfera d’influenza di Teheran. Promuovere le rivolte arabe e agitare lo spettro del terrorismo è sicuramente un efficace strumento di contrattazione per acquisire maggior peso sullo scacchiere mediorientale e costruire un rapporto privilegiato con gli Usa. Proprio gli Stati Uniti conoscono bene questo meccanismo. Ex membri del direttorio di Al Jazeera hanno rivelato come la Casa Bianca abbia iniziato a essere ritratto sotto una luce migliore dall’inizio dell’amministrazione Obama in poi. Ma le stesse fonti hanno reso noto che nel 2001 Al Thani rifiutò una proposta di Washington, che chiese ad Al Jazeera di diminuire la copertura delle opinioni di bin Laden e di altri personaggi antiamericani, indicando come motivo la volontà di proteggere una “sistema di media libero e credibile”.