Più soldi al Fmi, Draghi promosso nel “board”, Tremonti crea suspence

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Più soldi al Fmi, Draghi promosso nel “board”, Tremonti crea suspence

03 Aprile 2009

Le polveri dell’ultimo G-20 non si sono ancora del tutto posate, e già si leggono titoli entusiastici e lunghi commenti sugli esiti del summit londinese.

Sarò esplicito: tendo per natura a diffidare delle interpretazioni basate sui comunicati congiunti. Lo scorso G-20, ad esempio, si era concluso con impressionanti alchimie letterarie e ciclopiche promesse non mantenute. 

Questa volta, al di là del comunicato in sé, registro quantomeno due elementi significativi.

Il primo punto degno di nota è l’enorme quantità di denaro aggiuntivo messa a disposizione del Fondo Monetario Internazionale. Questa scelta testimonia l’importanza del Fondo in questa delicata fase della crisi. Una fase in cui per i singoli stati sovrani è diventato difficile – oltre che caro – finanziarsi sui mercati, e in cui la stessa Germania ha visto diverse aste di titoli pubblici andare deserte. I direttori esecutivi del Fondo amano ripetere che la loro missione è quella di “salvare il mondo”. Se è davvero così, il Fondo potrà giocare un ruolo decisivo assistendo non solo i Paesi che tradizionalmente navigano in cattive acque ma anche quegli Stati che senza la crisi verserebbero in condizioni discrete. In casa UE – tanto per intenderci – questo potrebbe essere il caso della Polonia.

Da quanto risulta a chi scrive, il potenziamento del Fondo è stato oggetto di intense negoziazioni fino all’ultimo. In particolare, si è registrata da parte tedesca una tendenza a preferire aiuti caso per caso, anziché una dotazione aggiuntiva per il Fondo. La Germania è uno degli “azionisti” maggiori del FMI, e teme infatti di dover sborsare soldi senza poterne avere la gestione diretta, su cui pesa l’influsso degli USA. Ciò potrebbe a sua volta causare seri problemi sia alla Merkel che ai suoi compagni di coalizione. Il rischio è quello di giustificare ai propri elettori i soldi tedeschi utilizzati per aiutare i polacchi.

Il secondo punto degno di nota è l’impegno nella lotta all’evasione fiscale e all’opacità finanziaria, che costituiscono una “zona grigia” del capitalismo finanziarizzato degli ultimi tre decenni. Si tratta di vere e proprie sacche di ambiguità – e in molti casi di esplicita illegalità – che sono cresciute alle spalle delle principali economie occidentali. Giulio Tremonti ha più volte fatto propria a questo proposito un vocabolo della grecità classica: l’”anomìa”, il regno del vuoto normativo. Da un anno e mezzo a questa parte i principali Paesi occidentali hanno rivolto molta attenzione al fenomeno. Gli USA hanno fatto la parte del leone, stilando accurati rapporti che hanno rovistato dagli armadi e causato seri grattacapi alle principali banche e società industriali americane. Lo hanno fatto in ritardo, dopo anni di colpevole incuria, ma lo hanno fatto. La Svizzera è stata a tal punto tartassata di richieste dai tedeschi da chiamare “nazista” il Ministro delle Finanze di Berlino. La Francia non è stata da meno.

In tutto ciò, Giulio Tremonti ha riesumato le sanzioni “reputazionali”. La filosofia di fondo del “legal standard” è infatti quella di creare un club di Paesi aderenti – in linea di massima i membri OECD – che condividano un pacchetto di principi e pratiche. Chi è fuori dal club è ignorato dai membri del club: o sei dentro, o sei fuori. Si tratta di una autentica gogna legale mutuata dal motto britannico “name and shame”. E in tutto ciò è fondamentale. Resta da vedere come potrà avvenire l’implementazione del pacchetto nei singoli Paesi che sceglieranno di aderire al club.

Un ultimo aspetto che dovrà essere definito è come si possono eventualmente legare tra loro il “Financial Stability Forum” di Mario Draghi, appena promosso a “Board” con ampi poteri operativi, e il “legal standard”. Dopotutto quest’ultimo, di cui si attende una presentazione ufficiale dopo le anticipazioni, ha il “copyright” di Giulio Tremonti…