Pm a caccia di minorenni e deputati per far dimenticare il Ruby-flop
22 Marzo 2011
Eclissata una minorenne se ne mette in pista un’altra, e già che ci siamo si diversifica il repertorio. Gli ultimi boatos e le vibrazioni impazzite delle antenne di Rep. segnalano un nuovo intenso attivismo dalle parti del Palazzo di Giustizia di Milano. Non solo e non tanto per le ventimila e oltre pagine di cicalecci telefonici e tabulati di conti correnti bancari che i pm hanno riversato agli atti del Ruby-gate senza che alla difesa del Cav. sia stato concesso il tempo materiale di leggerle in vista dell’ormai imminente avvio del processo, quanto piuttosto per i nuovi scenari che gli indizi disseminati a mezzo stampa lasciano presagire.
Non c’è dubbio infatti che il ciclone Ruby scagliato con inaudita violenza contro Palazzo Chigi allo scopo di sfrattarne l’inquilino abbia perso gran parte della sua spinta propulsiva: la fallita spallata politica ha prodotto il solo risultato di rafforzare la maggioranza di governo, l’eco della piazza si è dileguata fra le troppe ipocrisie delle vestali del moralismo a giorni alterni, chi sperava nella scomunica del premier è rimasto a bocca asciutta, e l’avvio della riforma costituzionale della giustizia presentata dal ministro Alfano ha gettato serio scompiglio nel campo avversario. E se anche un dottor sottile come Giuliano Amato si è sentito in dovere di ammonire Boccassini e compagni che “è facile provare che una minorenne ha partecipato a delle feste, meno facile che ha avuto rapporti sessuali a quelle feste” – specie se è la stessa presunta minorenne la prima a negarlo – a dimostrazione che la pistola fumante che era bastata alla Procura di Milano per spedire Berlusconi a processo immediato per il momento ha prodotto solo un clamoroso cilecca.
Destreggiandosi tra sussurri di corridoio e segnali di fumo a mezzo stampa, par di capire che sia in preparazione una duplice via d’uscita dall’angolo. Da una parte a Palazzo di Giustizia si starebbe lavorando alla promozione al ruolo di co-protagonista nelle vesti di ex minorenne di una delle comprimarie delle cene di Arcore, al secolo Iris Berardi. L’ipotesi che la giovane brasiliana avesse varcato la soglia di Villa San Martino prima della maggiore età era invero già circolata, col piccolo particolare che nelle medesime occasioni dalla stessa villa era assente proprio Silvio Berlusconi. Ma stando alle ultime voci vi è chi non esclude che l’ex minorenne Berardi possa diventare la protagonista di un nuovo capo d’imputazione contro il Cav. Quando, non è dato saperlo; ma pare che Concita per portarsi avanti col lavoro stia già sbaraccando dal menabò le pagine sulla Libia per prepararsi a documentare con nuove schiaccianti prove fotografiche che quando Berlusconi si alza al mattino il suo letto è disfatto.
La seconda pista è invece fresca di stampa, e dopo l’autorevole lancio del Commissario D’Avanzoni è diventata il nuovo tormentone di Rep. Finora il quotidiano di Ezio Mauro l’ha buttata là in maniera un po’ criptica: con la rozzezza che ci contraddistingue, proviamo a spiegarvela noi. Osservando il ritmo di cambio di assegni in contanti attraverso il conto corrente bancario del premier durante lo scorso anno, i segugi di largo Fochetti hanno notato un’impennata in corrispondenza del mese di dicembre. Noi comuni mortali, che a dicembre siamo soliti dare fondo a stipendio e tredicesima per rimpinguare gli alberi di Natale, avevamo pensato che anche il tenero Cav., fatte le debite proporzioni finanziarie, avesse moltiplicato le spese per riempire di doni amici, familiari e collaboratori. Irriverenti, ci eravamo spinti a immaginare che in fondo anche D’Avanzoni ha un cuore e a dicembre potrebbe capitargli la stessa cosa. E invece no: la nuova frontiera del Ruby-gate e dintorni prevede che invece che ad acquistare regali a mo di Santa Klaus, gli esborsi straordinari di fine anno siano serviti al presidente del Consiglio per assicurarsi in Parlamento i voti necessari a respingere la mozione di fiducia voluta da Gianfranco Fini e rispedita al mittente proprio il 14 dicembre.
Ci era venuto da strabuzzare gli occhi. Anche noi, pur scettici per natura, di fronte a tanta arguzia stavamo per cedere a Rep. e indignarci. Quasi quasi eravamo pronti per andare al Palasharp in compagnia di Zagrebelsky e magari pure dotati di una tessera di Futuro e Libertà. Poi però abbiamo continuato a leggere. Abbiamo osservato i nostri cronisti d’assalto alle prese con le controdeduzioni degli avvocati del Cav. Niccolò Ghedini e Piero Longo, fondate anche su una diversa lettura e interpretazione di alcune intercettazioni depositate agli atti dalla Procura. “Una chiacchiera”, qualche “scambio di messaggini”, minimizzano gli stessi giornalisti che in altri frangenti avevano vivisezionato i brogliacci delle telefonate fin quasi a cavarne i sussurri. “Tanto basta – chiosa Repubblica – per dare una veste giuridica alle fantasie delle ragazze”.
Proprio così: i deliri telefonici sui quali le toghe milanesi hanno imbastito un processo immediato contro il presidente del Consiglio, se usate a favore del Cav. diventano “fantasie di ragazze” indegne di assumere una “veste giuridica”. Di fronte a tanto strabismo ci siamo riscossi dallo shock per la “rivelazione” sulle spese pre-natalizie del Cav. E abbiamo deciso che niente Palasharp, niente tessera di Fli e anche Zagrebelsky può attendere. Se proprio vogliono convincerci che invece di acquistare giocattoli per i nipotini, cravatte per gli amici e gioielli per le sue parlamentari Berlusconi ha preferito regalarsi per Natale Razzi e Scilipoti, trovino prima l’adeguata cornice in pagina: bando alle dieci domande, via pure le dieci bugie. E’ il momento delle dieci minchiate.