Polanski è libero. Per un refuso
15 Luglio 2010
di redazione
I picchi della cultura e della politica francese si sono enormemente rallegrati quando la Svizzera ha negato l’estradizione negli Usa a un prete cattolico di origini transalpine accusato da una corte californiana di aver violentato una ragazzina di tredici anni, ormai molti anni fa. Gli abusi sessuali erano avvenuti in casa di un collega del prete.
Quest’ultimo, con il passare degli anni, era riuscito a patteggiare la condanna grazie alle sua fama internazionale e alle notevoli ricchezze personali. Aveva scontato 42 giorni in un ospedale psichiatrico, certo, promettendo di accettare una sentenza in tempi brevi, ma quando aveva capito che la condanna sarebbe arrivata era fuggito rapidamente dagli Stati Uniti iniziando una vita raminga per il mondo.
Di recente, il prete era stato di nuovo fermato dalle autorità della Svizzera, che per nove mesi lo hanno costretto a girare con un braccialetto elettronico in attesa di estradarlo negli States. Ma alla fine le autorità elvetiche hanno deciso di rigettare la richiesta di estradizione e il prete è tornato libero.
Il ministro della cultura francese è stato il più felice per la liberazione del sacerdote, ed ha spiegato che una personalità di tale levatura – i cui lavori e le cui opere sono universalmente riconosciute come dei capolavori della moderna teologia – non poteva finire di nuovo dinanzi alle ordaliche corti degli yankees. Il filosofo Bernard Henry-Levy, a sua volta, ha aggiunto che la Svizzera ha dato a tutto il mondo “una lezione di democrazia”.
Il prete, grato del sostegno ricevuto, ha ringraziato chi si era battuto per lui, dicendosi “estremamente soddisfatto” per come sono andate le cose… Ops… perdonateci, in questo pezzo c’era un refuso. Non volevamo dire “prete”. La parola giusta era “regista cinematografico”. Roman Polanski.
(Courtesy of the-hermeneutic-of-continuity.blogspot.com)