“Politica-antipolitica” ormai è un barbatrucco

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“Politica-antipolitica” ormai è un barbatrucco

“Politica-antipolitica” ormai è un barbatrucco

25 Dicembre 2015

Chi crede che destra e sinistra non siano concetti superati, se non vuol essere superato lui deve fare i conti seriamente con quello che sta accadendo in Italia, Spagna, Francia. E’ come se oggi la politica navigasse in mare aperto e non vedesse ancora un punto d’approdo, il nuovo orizzonte; ma una cosa possiamo finalmente lasciarci alle spalle, la retorica “politica-antipolitica”, “sistema-antisistema”. Su questa opposizione binaria continuano ad affannarsi gli analisti, e taluni in parlamento ne fanno un alibi per aggrapparsi al potere nella speranza di conservarlo. Visto che non esistono più destra e sinistra, sostengono, siamo noi, la maggioranza che sostiene Renzi, il bastione contro il populismo.

La Spagna però dimostra il contrario: bipolarismo, tripolarismo, multipolarismo, gli appellativi si sprecano per descrivere il risultato delle ultime elezioni, ma la realtà è che forze come Podemos o Ciudadanos si ricollocano, a modo loro, con tutte le varianti e gli aggiornamenti del caso, nello schema destra-sinistra. Queste forze non sono più interpretabili come una minaccia per la democrazia, è ormai chiaro che si tratta di un paradigma che spezza quello tradizionale, bipartitico e fondato sull’alternanza, che in Spagna ha caratterizzato la lunga fase democratica e repubblicana dopo il franchismo.

Vade retro antipolitica ormai è un esorcismo che non funziona più neanche in Italia. Si prendano i grillini. Hanno imparato presto. Dopo la saga degli scontrini, le scie chimiche e il cabaret parlamentare, oggi si presentano agli elettori con il volto rassicurante del vicepresidente della Camera Di Maio, uno che ha studiato i regolamenti parlamentari, lavora sodo, sembra essersi scrollato di dosso i paraguri. M5S ha chiuso l’accordo col Pd sulla cosa più istituzionale di tutte, cioè la Consulta, la nomina dei giudici costituzionali – altro che antisistema. Se le cose stanno così, il discorso politico oggi deve completamente riconfigurarsi e ridefinirsi partendo dal presupposto che grillini, Podemos, eccetera, non stanno più fuori, in una mitica zona “antisistema” invotabile, che minaccia le fondamenta dell’equilibrio istituzionale e democratico, ma stanno dentro, con tutti i due i piedi nel Palazzo.

Anche la rottamazione leopoldina in questo senso è stata un’operazione di rinnovamento, per certi versi avvincente, ma un rinnovamento a metà, rimasto incagliato proprio in quel sistema di potere radicato che si affermava di voler sovvertire, nel groviglio rosso di interessi e ideologia che avvolge la Toscana, le banche (im)popolari, il consenso esercitato a livello territoriale grazie agli interessi economici, quel trasversalismo, le amicizie e le consorterie magnificamente incorniciate nella stretta di mano tra Renzi e Verdini. House of Cards è il contrario della rottamazione, se mai una presa del potere intesa in modo personalistico e per certi versi familiare.

Pure in Francia Marine Le Pen, nonostante abbia saputo convogliare su di sé  la spinta critica nei confronti della vecchia politica, non è riuscita a liberarsi dell’ingombrante Passato. Può cambiare nome al suo partito ma il Fronte continua a evocare qualcosa di “antirepubblicano” nella testa dei francesi, e questo qualcosa ha frenato l’ascesa della Giovanna d’Arco, bloccandola sul più bello, favorendo gli artifici contabili come la “desistenza”, un altro trucco ammantato dietro la retorica sistema-antisistema. Ma cosa accadrà quando a presentarsi davanti agli elettori sarà la nipote della Le Pen, con un altro cognome, a capo di un nuovo movimento che tenga insieme patriottismo, identità, valori tradizionali?

E cosa accadrà nel momento in cui gli elettori dovessero scegliere tra Renzi e Di Maio? Matteo è così sicuro che voteranno per lui e che basterà riesumare ancora una volta l’enfasi antipolitica per vincere? Lo abbiamo detto e scritto, un elettore medio di destra non è detto che converga su Renzi in un ipotetico ballottaggio determinato da quell’Italicum che il premier difende a spada tratta. Quell’elettore di destra potrebbe rifugiarsi nell’astensione ma pure votare per i 5 Stelle, come dimostrano i recenti sondaggi. Con buona pace dell’evocato ventennio renziano, che finirebbe ancora prima di cominciare.

Insomma ora che si avvicina il banco di prova delle amministrative non bisogna avere paura di dire le cose come stanno, perché gli elettori non temono più l’antipolitica, che pure esiste. E come stanno le cose? In Europa siamo dentro un grande cambiamento che coinvolge movimenti, sindaci dei mille campanili, reti locali, identità, civismo, si veda Ciudadanos, per i meno adusi alla politica iberica una forza liberale e di orientamento centrista.

Un civismo che non va mitizzato ma riportato a una dimensione politica nazionale. Civismo come alternativa all’inadeguatezza di chi non ha saputo e non sa interpretare la profonda mutazione in atto. Questione generazionale compresa, eletta a metodo dai nuovi arrivati e che  ha permesso di scaricare talvolta anche ingiustamente sulle classi dirigenti del passato tutti i mali del presente.

Non avendo la palla di vetro è difficile prevedere il futuro, ma se non c’è più il vaffaday e neppure l’uomo nero, il rasputin barbuto che abbaiava alla luna, allora decade anche il lasciapassare democratico richiesto agli italiani da chi li governa per fare argine agli “antisistema”. Diamoci un taglio con le categorizzazioni di comodo e facciamo i conti una volta per tutte con il nuovo che emerge in mezza Europa, che ci può piacere o no: giovani magari inesperti ma che oggi sembrano marinai sempre più navigati.

Lo dimostra il numero di schede che a diverse latitudini sanno raccogliere nelle urne. L’Italicum di Matteo Renzi rischia solamente di spianargli la strada.