
Possibile applicare le regole del Risiko a quelle della vita?

05 Agosto 2008
Il martedì, da sempre, è il giorno del Risiko.
Ci riuniamo da anni, le stesse cinque persone, per giocare al più bel gioco di società mai inventato.
Per noi non è solo un passatempo, ma una filosofia di vita. Infatti quando incontro le altre quattro persone in qualche altra occasione ci parlo sempre e comunque di Risiko; delle precedenti partite, delle future, o più in generale della filosofia del gioco. Non c’è scampo, l’argomento è sempre scottante!
Io sono i gialli. Ma non vinco spesso, perché a Risiko, e qui ci si scontra sulla filosofia, dal mio punto di vista c’è una componente troppo alta di fortuna per colpa dei dadi.
Marco, che ha è molto fortunato con i dadi e vince quasi tutte le partite, sostiene invece che il coefficiente fortuna, da lui ipocritamente chiamato coefficiente caso, sia lo stesso che nella vita, e che pertanto le dinamiche del Risiko siano perfettamente applicabili alle dinamiche della vita.
Secondo me non è possibile paragonare le casistiche di sei dadi da sei che hanno 216 possibilità diverse a tiro, con il “coefficiente caso” della vita; ma Marco è del Leone, e come tutti i Leone è convinto che ciò che succede o pensa lui sia l’unica spiegazione possibile per tutto ciò che succede e si pensa nel mondo.
Una caratteristica di ogni giocatore di Risiko è che, non importa il risultato, ognuno è sicuro di essere il migliore, e se per puro caso perde è soltanto colpa dei dadi.
Io sono l’unico a sapere come stanno veramente le cose e ad avere uno sguardo obbiettivo, e so che ci sono giocatori più o meno bravi, con strategie belliche più o meno efficaci. E il più forte, obbiettivamente, sono io.
Comunque tra poco saranno tutti qui e l’idea già mi fa sorridere. Preparo il tavolo, e finalmente suona il citofono.
Quando entrano ci sediamo sul divano per degli inutili convenevoli che tutti vorremmo evitare, ma la nostra natura di amici, oltre che di avversari, ci costringe ad intrattenere.
Finalmente cominciamo, e, come al solito, c’è chi si lamenta del turno sorteggiato e della distribuzione dei territori.
La consegna degli obbiettivi è un momento molto importante: si possono capire cose importanti ai fini di tutta la partita nell’istante in cui si legge quella carta; uno sguardo, una sbuffa, un sorriso, possono corrispondere a qualcuno da dover eliminare, un obbiettivo difficile, o un obbiettivo facile.
Marco sorride. Ma lui sorride sempre.
Io sono serissimo, devo distruggere le armate blu, quelle di Piero, il più sega di tutti. Questa volta vinco sicuro.
Cominciamo la parte attiva: l’inizio è un po’ lento, ma dopo un po’ si entra nel vivo del gioco, e si inizia a giocare pesante.
Marco, ovviamente, è messo bene: ha conquistato tutta l’America del Nord e ciò gli da diritto a cinque carrarmatini in più a turno. Ma non è questo quello che mi interessa, bensì che le cose a Piero non vadano tanto bene, e io ci confino con quasi tutti i territori. Ciò mi consentirà, quando mi entreranno le carte giuste, di sferrare l’attacco finale.
La partita continua e volano sempre le solite frasi: “Ma non è possibile”, “Ma che vi siete accaniti tutti contro di me?” e soprattutto: “Che culo!”.
Eccola! Finalmente mi entra la carta decisiva. Prendo un cambio da 14 carrarmatini, che è quasi il massimo, e li dispongo spudoratamente intorno a Piero. Tutti capiscono il mio obbiettivo, ma tanto ormai o la va o la spacca, dopo quest’attacco non ci sarà più niente da capire!
Dopo alcuni colpi mi rendo conto di aver messo troppi rinforzi da una parte e pochi dall’altra, ma non importa, vincerò comunque.
Tutti i blu presenti in Africa vengono annientati, passo al continente euro-asiatico.
Qui è più dura, ma arrivo comunque a lasciargli un solo territorio. Inizio l’attacco e già sento il sapore della vittoria.
Ho a disposizione in tutto 8 carri armati per un totale di 7 attacchi, mentre lui si può difendere solo con 2.
Lancio il primo trio di dadi, ed esce 1-1-2.
“NO!”. In caso di parità vince la difesa, quindi a lui basta fare pochissimo per vincere. Tira, un dado solo per umiliarmi e fa 5.
Perdo in un colpo due carrarmatini.
Vado col secondo trio e viene 1-4-6. Lui risponde con un 5-6. Altri 2 carri armati persi.
Comincio a sudare freddo.
Lancio un buon tiro, ma perdiamo comunque un carro armato per uno.
Mi restano 2 attacchi ma lui può difendere ormai con uno solo.
Lancio: 1-1.
“NOO!” grido, e mi alzo.
Tiro l’ultimo dado da in piedi: 6.
“Siii!” esulto, e aspetto il suo tiro.
6 anche lui.
Non è possibile.
“Ma non è possibile!”.
Di nuovo non ho vinto.
Piero esulta, non so perché, dato che il suo unico carrarmatino verrà subito spazzato via dal prossimo del turno. E anche Marco esulta, che è il prossimo di turno.
“Non trovate strano che Marco, che aveva il Nord America, abbia vinto sui cadaveri di Mario e Piero, rispettivamente in Asia e Africa?” propone Giacomo la sua solita visione applicata dell’America colonialista e anti Bushiana.
“Senti Giacomo non ricominciare eh, sono il più forte, è questo l’unico dato!”.
“Ah, tu sei il più forte! Ma se avevo praticamente vinto e come al solito per colpa di questi dadi non sono riuscito a completare l’obbiettivo!”.
Abbiamo discusso tutta la notte, più a lungo di quanto non avessimo giocato, per non raggiungere, come al solito, nessuna visione comune dei fatti.