Potere censorio senza responsabilità editoriali: il paradosso social che il caso Trump ha fatto esplodere
11 Gennaio 2021
In questi giorni negli Usa, un Paese che ha il mito della libertà di espressione, i due colossi social, Facebook-Instagram e Twitter, hanno censurato il presidente uscente Donald Trump. Non è la prima volta che succede.
In campagna elettorale il New York Post, uno dei più grandi giornali americani, aveva pubblicato alcune notizie molto gravi nei riguardi di Hunter Biden, figlio di Joe: facebook e twitter reagirono censurando lo scoop, facendo intendere si trattasse di una fake news.
Così non era: abbiamo saputo infatti, dopo le elezioni, che la notizia era vera.
Così infatti il quotidiano Repubblica il 9 dicembre: “Hunter Biden, figlio del presidente eletto Joe Biden, è sotto indagine per presunte irregolarità o reati di natura fiscale. Biden Junior è già stato al centro di controversie e scandali, in particolare per gli affari realizzati in Ucraina e in Cina, sfruttando il ruolo del padre quando questo era il vice di Barack Obama”.
Cosa sarebbe successo se la notizia sul figlio di Biden fosse circolata prima delle elezioni presidenziali? Biden avrebbe vinto ugualmente?
Non possiamo saperlo, anche se qualcosa si può immaginare.
Ma che imprenditori privati possano censurare grandi giornali come il New York Post e il presidente americano votato quasi dalla metà degli americani, ha sollevato molti dubbi. Anche personalità di sinistra, come Massimo Cacciari, Roberto Saviano, Stefano Fassina ed altri (per restare in Italia), si sono chiesti se ciò non sia pericoloso per la libertà di opinione. La rete si è riempita di domande: perché il dittatore cinese non viene censurato, e il presidente americano sì?
Perché i social pubblicano di tutto, ma poi scendono in campo, politicamente, prima e dopo un’elezione?
Il problema giuridico è semplice. Le piattaforme social godono di un grande privilegio: non sono considerate editori come gli altri, e questo le mette al riparo da processi per diffamazione, calunnia…
Per intenderci: se il Corriere della Sera pubblica qualcosa di errato e diffamatorio contro qualcuno, questi ha il diritto di portare editore ed autore dell’articolo in tribunale. Con Facebook e Twitter no! Ma se questi colossi poi decidono cosa pubblicare e cosa no, allora diventano editori come gli altri: perché solo loro godono di impunità? Perché costoro sono legittimati a fare “politica”, senza però nessun controllo né sul loro modo di privilegiare la diffusione di certi temi rispetto ad altri né sull’uso che fanno dei dati che raccolgono sui singoli cittadini? Ancora: è opportuno un regime di quasi monopolio, quale che sia il comportamento dei monopolisti?
Anche Davide Casaleggio ha espresso la sua perplessità: “Fino ad oggi Facebook, come molti altri social network, si è qualificata come piattaforma software indipendente, ma oggi forse dovrebbero qualificarsi come società editoriale prendendosi quindi la responsabilità di tutto quello che viene reso pubblico e specificando in ogni occasione perché un post è tollerato e un altro no. Se Putin o Xi Jinping dovessero fare dichiarazioni contro gli interessi statunitensi o quelli del social media, sarà Zuckerberg a decidere se è il caso di censurarli?”.
La questione era dibattuta ben prima della vicenda Trump – sia per motivi fiscali (https://www.
Un giornalista italiano che vive in Florida, con un grande seguito tra gli italiani interessati alle vicende politiche e tecnologiche Usa, Roberto Mazzoni, ha invitato i suoi fans a lasciare facebook per telegram ed altri social (vedi: https://mazzoninews.com/), mentre Elon Musk ha scritto in un post di lasciare Whatsapp, di proprietà di Facebook, per Signal (https://rumble.com/vcm2f1-9-
In generale, in questi giorni, in tutto il mondo molti stanno abbandonando Facebook, Instagram, youtube ecc. per Telegram, Parler, MeWe, Rumble… Tanto che questi mezzi, meno conosciuti, sono andati in sovraccarico.
E’ una “battaglia per la libertà”, dicono i critici di Mark Elliot Zuckerberg e Jack Dorsey.
Vedremo cosa succederà: può darsi che un maggior pluralismo nei social media possa giovare a tutti, ed evitare che singoli cittadini che possono “controllare” a loro piacimento una marea di notizie, possano influenzare troppo politica ed economia.
E’ un’altra faccia, se vogliamo, delle critiche ad Amazon, il negozio mondiale di Jeff Bezos, che, per il suo strapotere, fa paura a molti.