Povero Walter: i suoi alleati gli fanno lo sgambetto e Tonino gli ruba la scena

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Povero Walter: i suoi alleati gli fanno lo sgambetto e Tonino gli ruba la scena

02 Ottobre 2008

E’ forse impazzito Walter Veltroni? La decisione di rompere ogni cordialità istituzionale con il Premier di cosa è figlia? In pochi mesi abbiamo assistito alla metamorfosi del leader dell’opposizione. Da moderato a barriacedeiro anti Berlusconi.

Viene da domandarsi se dietro ci sia una irrazionale pazzia o una lucida strategia. Veltroni, a detta di commentatori e analisti politici, non è impazzito. Semmai è infastidito ed innervosito. Infastidito dal suo principale avversario politico, dal successo del Governo, dagli sgambetti che da alcuni mesi continuano a fargli i suoi alleati e innervosito da Di Pietro che gli ha rubato la scena e l’unico tema che a sinistra mette tutti d’accordo: l’antiberlusconismo.

La stagione del confronto e della cordialità è durata appena tre mesi. Veltroni  ora ha definitivamente messo in cantina ogni forma di  potenziale dialogo per tornare all’età della pietra, impugnando la clava in una mano e il megafono da comizi nell’altra. Una scelta dettata dalle necessità che Veltroni ha in questo momento. La prima riguarda il leader dell’Italia dei Valori, WV deve prenderne le distanze e al contempo riappropriarsi dei temi che Di Pietro sventola per suo tornaconto. L’Idv e il suo capo continuano a crescere nell’indice di gradimento mentre Veltroni e il Pd invece sono in calo costante. Per strappare a Tonino gli argomenti acchiappaconsenso WV è costretto a parlare la stessa lingua dell’ex ministro molisano, seppur modificandone l’ accento. Il succo però rimane lo stesso ed ecco tornare in onda la saga del Berlusconi diabolico, con il forcone e la coda appuntita; tattica di basso profilo e primitiva.

Entrambi, Veltroni e Di Pietro, sanno che quasi un terzo degli italiani ama l’antiberlusconismo urlato, ed eccoli quindi impegnati a litigarsi questa fetta elettorale. Seconda necessità di Walter: rimarcare la propria leadership. Lo stesso Rutelli, appena una settimana fa, aveva esortato il leader del Pd a dire, agire, fare. Ovviamente qualcosa di sinistra. Parlare male di Berlusconi è abbastanza di sinistra, ma, e i dati lo confermano, non premia più come in passato:  l’indice di gradimento del leader Pd è sceso di due punti in sette giorni, dal 35% del 22 settembre al 33% del 29 settembre ( sondaggio realizzato  dall’Istituto Consortium ).

Certo, una strada diversa sarebbe stata percorribile, ma Veltroni ha fretta. C’è l’esame del 25 ottobre, la manifestazione per “salvare il paese”. In realtà la piazza piena serve a WV per salvare faccia e comando della nave. Non c’è nulla di peggio di una piazza vuota dopo averla assicurata strapiena, mancano poco più di tre settimane e Veltroni da conferma di navigare a vista, motivo per il quale ricorre alla mobilitazione urlata. Ci sono poi altri elementi da non trascurare: Veltroni non è più allenato a riempire piazze ed è disabituato ad essere nel mirino della grande stampa.

Esclusa la campagna elettorale, dove anche un candidato al municipio è in grado di trovare qualcuno pronto ad ascoltarlo, Veltroni non riempie piazze da parecchio tempo, l’ultima volta fu in occasione dei funerali di Alberto Sordi o durante la Notte Bianca. Non erano manifestazioni politiche e lui era il super sindaco coccolato, aggiungeteci che la piazza verrà già utilizzata due settimane prima da Di Pietro e capirete l’ansia di Veltroni. Chi lo conosce bene sa che l’ex sindaco quando è attaccato, contraddetto, preso di mira, soprattutto dalla grande stampa, reagisce male. Mal sopporta le critiche, non ama troppo il contraddittorio, va in tilt e si innervosisce; che non stia tranquillo ce lo dimostrano le ultime gaffe televisive piene di inciampi dialettici.

Nelle prossime settimane, quasi sicuramente, il tono degli attacchi e delle polemiche saranno destinati a crescere. Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, giudica quello di Veltroni “un ritorno su quella che è stata la posizione più ottusa con la quale da sempre il Pci prima e poi i suoi eredi hanno attaccato tutti i governi: ‘la democrazia è in pericolo’, ‘il fascismo è alle porte’, Veltroni – aggiunge Cicchitto – si ritrova ad andare a scuola addirittura da Di Pietro. Tutte le posizioni più significative elaborate da tutto un mondo culturale di sinistra vengono messe nel cestino”. Si torna in trincea e qualsiasi elaborazione più complessa viene abbandonata. Se il teatro dello scontro non fosse a Roma, città dove da poco è in vigore la norma anti prostituzione, diremmo proprio che il dialogo è andato a puttane.