Presidente van Rompuy, l’Europa-Stato sarebbe un errore

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Presidente van Rompuy, l’Europa-Stato sarebbe un errore

16 Novembre 2010

Nelle scorse ore il presidente europeo Hermann van Rompuy ha lanciato un monito assai preciso in merito al futuro dell’Unione. A suo dire, se non interverrà a sostegno di Irlanda e, con ogni probabilità, anche del Portogallo, l’Europa perderà ogni ragion d’essere.

In qualche modo la tesi è fondata, ma solo perché oggi l’Unione di cui parla van Rompuy è un meccanismo dirigistico e deresponsabilizzante, una macchina impegnata a ridistribuire risorse dagli uni agli altri, creando una larga deresponsabilizzazione degli attori. Quell’Unione sopravvive (e continua a fare danni) se – una volta di più – prende a qualcuno per dare a qualcun altro, e in particolare penalizza chi è stato “virtuoso” per aiutare chi invece non l’è stato.

C’è però da augurarsi che, contro le aspettative del suo stesso presidente, l’Unione perda questa propria vocazione statalista e costringa ogni attore a gestire al meglio i propri problemi. Se in Europa non si riafferma il principio di responsabilità, per il Vecchio Continente non ci può essere futuro. È vero che abbiamo creato una moneta comune e quindi è necessario che i Paesi dell’area euro mantengano comportamenti corretti (a difesa della valuta), ma questo problema va affrontato soprattutto con la definizione di criteri assai precisi non solo per accedere al club (come si fece a Maastricht), ma anche per rimanervi. Bisogna insomma fissare procedure di uscita volontaria dall’euro e anche, alla peggio, di espulsione, oltre che tutta una serie di richiami e penalizzazioni che in linea di massima evitino di arrivare a soluzioni tanto drastiche.

Se una partita di calcio non può essere gestita senza la facoltà per l’arbitro di ricorrere a cartellini gialli e rossi, lo stesso si deve dire per il club dell’euro.

Il sistema di ri-assicurazione messo in cantiere dai costruttori dell’Unione non solo è destinato a legittimare ogni comportamento lassista e ogni cedimento al populismo della spesa facile, ma per giunta finisce per fare di ogni difficoltà “locale” una minaccia sistemica per la tenuta dell’intera economia europea. Lo si è visto proprio con la Grecia, i cui problemi sono stati amplificati da quelle scelte istituzionali in direzione dell’unificazione (sia politica che monetaria) di cui ancora non si ha il coraggio di riconoscere l’infondatezza.

Per di più, l’Italia è la dimostrazione vivente del fatto che la tesi di van Rompuy non è riproponibile in ogni circostanza. È possibile che dopo essersi svenati per la Grecia (gli unici che si rifiutarono di aiutarla, a ragione, furono gli slovacchi), i Paesi membri decidano di mettere mano al portafogli per aiutare pure irlandesi, domani, e perfino i portoghesi, dopodomani. Ma il giorno in cui toccherà all’Italia, davvero van Rompuy crede che ci possa essere un soccorso europeo? Date le dimensioni della nostra economia e l’enormità del debito che ci grava addosso, un’azione analoga non è ipotizzabile. La conseguenza è che, in un’Unione trasformatasi in crocerossina, l’Italia è ragionevolmente destinata a essere sempre e soltanto nella posizione di chi aiuta, e non di chi è aiutato.

Tra l’altro, il rischio di default non è più qualcosa di completamente teorico e negli ultimi giorni si è fatto anche più concreto. La terribile congiunzione astrale dell’acuirsi del dissesto finanziario irlandese e della crisi tutta politica che sta investendo la maggioranza governativa italiana aumentano le probabilità di un innalzamento dei tassi di interesse del debito. Il caos che investe Europa e Italia non può dare fiducia ai mercati. Ma il giorno in cui rimborsare i titolari di Bot e Cct diventasse ancora più oneroso di quanto già non lo sia ora, il crollo della nostra finanza pubblica si farebbe drammatico.

Quando nacque all’indomani della seconda guerra mondiale, l’Europa fu pensata soprattutto come uno spazio di relazioni pacifiche e mercantili, e non già come la premessa a una crescente centralizzazione dei poteri, capace di dotarsi – anno dopo anno – di tutti i tratti che caratterizzano lo Stato moderno. Il processo di unificazione e di crescente burocratizzazione che spinge verso l’Europa-Stato non può essere la soluzione dei nostri problemi, ma può al contrario rendere ancora più difficile una situazione già ora assai complicata.

È comprensibile che il presidente dell’Europa voglia, per la sua creatura, più poteri. Ma è bene che qualcuno gli spieghi che seguendo quella strada si va incontro a un disastro di terribili proporzioni.