Previsto: Trump cala l’asso delle frodi elettorali
20 Ottobre 2016
Il terzo e ultimo dibattito presidenziale fra Trump e Clinton a Las Vegas è iniziato quasi sottotono, con i due sfidanti che rispondevano in modo civile e anche un po’ noioso alle domande del giornalista di Fox su temi fondamentali della vita politica americana, dalla nomina dei giudici della Corte suprema a questioni superdivisive come l’aborto o l’uso delle armi. Finché Donald Trump ha calato l’asso, dicendo, in sostanza, che potrebbe non accettare il risultato delle elezioni se a vincere fosse Hillary Clinton.
E’ il senso di quello che abbiamo raccontato sul nostro giornale, i video-denuncia che circolano in rete sulla corruzione di questa e altre campagne elettorali, un materiale esplosivo che stenta a trovare spazio sui grandi media troppo impegnati dietro le scappatelle sentimentali del Don. Frodi elettorali, truppe cammellate di immigrati senza cittadinanza spinti a votare democratico, elettori spostati come pedine da uno stato all’altro degli Usa per farli votare dove e quando serve. Tutta una organizzazione messa in piedi dal partito democratico per manovrare scientificamente il voto. Da qui la zampata di Trump, “vi dirò al momento giusto” se riconoscerò il risultato delle elezioni oppure no. “I will keep you in suspense”.
Come dire, molte delle cose sentite ieri dai due candidati le conoscevamo già. Trump che si scaglia contro i trattati commerciali tipo Nafta, da rinegoziare o al limite da far saltare in aria; il muro trumpiano da alzare contro l’immigrazione clandestina a fronte dell’accoglienza clintoniana; la nomina di giudici della Corte suprema rappresentativi di tutti gli americani, secondo Hillary; fieramente conservatori e impegnati a difendere i valori costituzionali, come il secondo emendamento, ovvero il diritto degli americani ad avere delle armi, per Trump.
O ancora la difesa a spada tratta della celebre sentenza “Roe v. Wade” e della libertà delle donne di abortire fatta dalla Clinton, a cui Trump ha opposto, con altrettanta chiarezza, per almeno due volte nel dibattito, il tema degli aborti tardivi, facendo capire che su questioni del genere non ha alcuna intenzione di accettare lo status quo. Ma detto ciò, l’elemento più interessante dello scontro televisivo, come dicevamo, è stato il tema delle “rigging election”, delle frodi elettorali, sollevato da Trump.
Il fatto che il Don, ora che si è “liberato delle manette” del politicamente corretto, denunci senza più remore i “media corrotti” che stanno ‘avvelenando’ la mente degli americani, lasciando intendere che i democratici fomentino un clima di odio verso di lui o in generale verso gli avversari politici, dimostra che ci troviamo davanti a un elemento nuovo introdotto nella politica americana. Se escludiamo episodi come quello di Al Gore e del contenzioso sul riconteggio delle schede in Florida nel 2000 (e risalendo più indietro a Richard Nixon e alle frodi elettorali nel 1960, come ricorda il Wall Street Journal), è la prima volta che nella storia recente degli Usa c’è un candidato che afferma in modo così stentoreo che potrebbe disconoscere il risultato delle urne.
Trump ha trovato la chiave di volta della campagna elettorale? A quanto pare non c’è bisogno di sferrare colpi bassi sullo stato di salute della Clinton, né sulle attività extraconiugali del marito Bill. Ora il Don tocca i nervi scoperti della nazione americana, le fondamenta stesse delle istituzioni del Paese. Come funziona la democrazia, chi e come la manipola, e perché lui ha deciso di ribellarsi al “sistema”.