Prima di dare lezioni alla politica Monti dovrebbe fare (bene) il suo mestiere
18 Aprile 2012
Monti ci mette dentro tutto. Lo spettro di Atene, la crescita che ci sarà solo nel 2013, la crisi che investe l’Europa intera, lo sforzo dell’esecutivo per rimettere in moto il paese (i 5 punti stilati da Passera). Nel ‘pacchetto’ governativo c’è pure un richiamo alla politica e ai partiti che devono riformarsi perché è anche questo l’indicatore che fa la credibilità dell’Italia nel mondo.
Ventiquattrore dopo il vertice notturno con ABC che non pare aver prodotto grandi risultati stando almeno al ‘bilancio’ delle forze di maggioranza, dal momento che se sui titoli declinati da Passera c’è condivisione non si può dire altrettanto sul come e sul quanto destinare alla loro realizzazione, i Prof. tornano in cattedra. Primo fra tutti Monti, col richiamo alla politica a riformarsi “per un recupero di credibilità del paese”. Per il Prof. di Varese, insomma, dipende anche da questo l’altalena dello spread e dei tassi di interesse.
Chiaro pure se indiretto, il riferimento alle riforme, legge elettorale e finanziamento pubblico ai partiti in testa. Un richiamo che, a ben guardare, può essere letto in due modi: come un monito a una responsabilità collettiva e condivisa tra partiti e governo che dunque il premier intende redistribuire in parti uguali con le forze che lo sostengono in parlamento, oppure come il tentativo di blindare maggiormente l’azione dell’esecutivo al netto delle diatribe tra partiti.
Fatto sta, che il ‘rimprovero’ montiano non è andato giù (e in maniera bipartisan) alla politica, specie dopo l’esito del vertice a Palazzo Chigi dal quale, sia Alfano che Bersani, che il più ligio di tutti – Casini – non hanno portato a casa molto rispetto alle richieste messe sul tavolo del confronto. Se il leader Udc smorza la questione invitando a guardare “il bicchiere mezzo pieno”, salvo poi andare ad Otto e Mezzo e annunciare la metamorfosi (o il superamento) dell’Udc nel ‘partito della Nazione’ con dentro anche alcuni ministri tecnici dell’attuale esecutivo (segue vespaio di polemiche politiche), Alfano aveva chiesto a Monti di allentare i cordoni della borsa prevedendo sgravi fiscali e misure a sostegno di famiglie e imprese. Palazzo Chigi, invece, ha risposto ‘picche’ facendo intendere che per il momento non se ne parla (come dimostra il fondo anti-tasse entrato e subito uscito dalla bozza della delega fiscale approvata in Cdm). Tanto è vero che ieri il segretario del Pdl non ha usato giri di parole: “La nostra idea per la crescita è ‘basta tasse’ e basta dare l’impressione che ogni provvedimento del governo contenga un nuovo balzello. Questa è una idea chiara che noi intendiamo sostenere”. E il vicepresidente dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello ha messo in fila le altre priorità: aggredire il debito pubblico, intervenire sulla fiscalità e risolvere una volta per tutte la questione non più tollerabile dei crediti che vantano le aziende nei confronti della pubblica amministrazione.
Bersani, per parte sua, non ha ottenuto granchè rispetto alla richiesta di ragionare sul patto di stabilità per aiutare in questa fase delicata i comuni, e su azioni concrete per ridare “un po’ di lavoro in giro” e una boccata di ossigeno all’economia. Le perplessità dei quartieri generali pidiellino e democrat hanno poi la loro cassa di risonanza in parlamento dove ieri irritazioni e maldipancia accompagnavano il ‘menù’ politico di giornata.
Ma al netto dei richiami montiani, dai partiti della maggioranza si conferma la volontà di dare seguito all’accordo di ABC sulle riforme. Prova ne è il testo bipartisan sulla riforma costituzionale (la madre di tutte le riforme) già incardinata a Palazzo Madama e che , tra l’altro, prevede più poteri al premier con la fiducia costruttiva e la possibilità per il primo ministro di nominare e revocare i ministri. A questo si aggiunge una velocizzazione dell’iter parlamentare nell’approvazione di una legge, stabilendo ad esempio che il termine temporale del passaggio tra Camera e Senato dovrà essere al massimo di 120 giorni rispetto agli attuali 454.
Ma oltre ai ‘rimbrotti’ di Monti alla politica, a tenere banco nell’agenda di giornata è stato il rinvio del pranzo tra Monti e Berlusconi. Decisione presa dal Cav. come confermerà una nota di Palazzo Grazioli per evitare le solite strumentalizzazioni sul cosiddetto ‘Beauty Contest’, alias assegnazione delle frequenze tv. Dossier ‘caldo’ sul quale l’ex ministro Romani (Pdl) ha criticato il ministro Passera sospettato di un patto serale con Bersani che, in sostanza, avrebbe cambiato in corsa quanto già mediato.
Meglio evitare “strumentalizzazioni e malevole interpretazioni” è la motivazione che il Cav. affida alla nota ufficiale. Se sul piano del fair-play istituzionale la mossa è comprensibile, lo è meno sul piano politico. Berlusconi è stato premier fino a pochi mesi fa, è stato colui che per senso di responsabilità verso il paese ha fatto un passo indietro senza essere sfiduciato né alla Camera né al Senato, aprendo la strada al governo dei tecnici pagandone peraltro il prezzo più alto in termini politici e di consenso: ragioni più che valide per incontrare Monti e mettere a disposizione la sua visione del paese, idee, proposte su come portare fuori dalla crisi il paese e favorire le condizioni per lo sviluppo. Insomma, ragionare sui dossier aperti, compreso quello – quand’anche fosse stato tra i temi oggetto del faccia a faccia – del ‘Beauty Contest’ sul quale del resto il Pdl ha manifestato fin da subito una posizione molto chiara, rispetto alla quale l’esecutivo di Monti – legittimamente – ha deciso di seguire un’altra strada.
Insomma, l’idea di un Cav. che per evitare strumentalizzazioni continua a stare nel back stage della politica e non, invece, sul proscenio, dà l’impressione di un atteggiamento rinunciatario che stride col profilo di un leader per dodici in prima fila. Politica.