Prima musulmani e poi italiani, ecco il rischio dell’Islam on line
01 Febbraio 2011
di BSK
Il 5 luglio del 2009, il quotidiano “Il Giornale” pubblicava un articolo firmato dalla giornalista Maria Giovanna Maglie, dal titolo: “Ecco la rete nascosta di Al Qaida in Italia”. Nell’articolo venivano menzionati tre indirizzi internet: un blog, una pagina di Youtube e un forum, riconducibili a un utente musulmano italiano. Parlare di “rete nascosta di Al Qaida in Italia”, con riferimento alla comunità islamica virtuale italiana, fu più una provocazione, un lancio giornalistico eccessivamente “allarmante” che un fatto scientificamente riscontrabile. Tuttavia, una comunità virtuale islamica italiana esiste, cresce e si confronta tra blogs, forums, social networks, siti web e pagine Youtube. Non è semplice determinare dove finisca la libertà religiosa e inizi l’apologia di “terrorismo”, ma un fatto è chiaro: seppur virtuale, questa realtà rispecchia i cambiamenti in seno alla comunità musulmana, e pone le basi concettuali di quella che sarà una delle forme dell’Islam in Italia.
L’Islam italiano, i cui convertiti aumentano e sono attivi, trova ampia diffusione sul web. Recentemente, alcuni musulmani italiani hanno creato il loro quotidiano, “MondoIslam”, a cui corrisponde anche un canale su Youtube. Ed esortano i fedeli a tralasciare “Facebook”, occidentale, per iscriversi al social network “Madina.com”, “perlomeno è islamico”, scrive il responsabile del sito. Chi ha familiarità con il noto social network “Facebook”, si troverà di fronte a una duplice realtà. Da una parte centinaia di utenti, musulmani di seconda generazione e convertiti, uomini e donne, che sposano una lettura ultra-ortodossa e conservatrice dell’Islam, dall’altra utenti che cercano di vivere il loro Islam in modo meno pubblico. I primi sono la maggioranza.
Da una parte i “musulmani italiani”, dall’altra gli “italiani musulmani”. Nel primo caso, la cittadinanza italiana è un optional. Il musulmano si identifica con la sua Umma, la comunità religiosa globale, vale a dire il suo unico Stato politico. La sua legge, prima che la Costituzione, è rappresentata da quella dettata dal Sacro Corano, la Shariaa. Teoricamente, non si tratta di una lettura “estremista” o “radicale” dell’Islam. Difatti, quella islamica nasce, e si sviluppa, come religione di aggregazione fra soggetti diversi per etnia, razza e colore, cittadini di un unico stato, la Umma. È il concetto inscindibile di “Din wa Dawla”, l’Islam come “religione e Stato” allo stesso tempo. Un musulmano con tale orientamento “fondamentalista”, nel senso stretto del termine, risulta essere un rigido osservante della legge coranica, non potendo quindi integrarsi completamente in uno Stato la cui legge è fondata su una legge umana, la Costituzione, piuttosto che divina, la shariaa.
Vi sono poi cittadini italiani, per nascita musulmani, che si integrano nel paese in cui sono nati, e vivono la religione come uno stato intimo e interiore. In questo caso, viene meno il concetto di “Din wa Dawla”, e così facendo, gli “italiani musulmani” adattano l’Islam ai tempi e alle società moderne, in cui sfera pubblica e sfera religiosa sono separate. Ma un dato da registrare, e da analizzare con attenzione, è il fatto che l’Islam virtuale italiano rientra nella prima categoria dei “musulmani italiani”.
A conferma di quanto asserito sul concetto di “Islam e costituzione”, e per comprendere meglio di cosa si sta parlando, è utile citare alcuni passi ripresi da un forum islamico italiano chiamato “Lunacrescente”. Scrivono gli utenti: “Credo che la costituzione italiana sia un mezzo temporaneo che deve essere sfruttato al meglio per far valere i nostri diritti da musulmani; coloro che pretendono che i musulmani debbano accettare ciecamente le leggi di questo paese non sono per niente democratici”. E il moderatore chiede, e risponde: “Come si rapporta un musulmano con le leggi di uno stato non musulmano? Il musulmano vivendo in contesto non islamico rispetterà quelle sue leggi anche non credendoci, ma dato che è chiamato al suo dovere, allora si confronterà con essa per dimostrare che la parola a lui rivelata (l’Islam) è migliore”.
In questo contesto, la maggiore responsabilità ricade sugli “italiani musulmani”, che devono trovare la forza intellettuale e il coraggio di dire a voce alta ai non musulmani e ai “musulmani italiani” due cose: che l’Islam del XXI secolo non può non armonizzarsi con la modernità e che essere musulmani non significa non avere cittadinanza e Costituzione. Prima si fa, e meno gravi saranno le incomprensioni.