Primarie in Michigan, di scena l’economia

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Primarie in Michigan, di scena l’economia

14 Gennaio 2008

Le lacrime di Hillary e la battuta pronta di McCain non basteranno a convincere gli elettori del Michigan. In questo Stato, al voto domani, la gente non se la passa bene. I candidati saranno perciò giudicati soprattutto sulle proposte di politica economica. Lo Stato della General Motors, della Chrysler, dei grandi fasti industriali del passato sta attraversando un lungo periodo di crisi. Anzi, si può dire che è l’unico Stato USA in recessione. Il suo tasso di disoccupazione è il più alto degli States (7.4 per cento). Come ha fatto notare qualcuno, in Michigan ci sono più persone disoccupate (370 mila) di quante abbiano votato in Iowa il 3 gennaio (334 mila). E’ anche lo Stato che registra il più alto numero di emigranti in altre aree del Paese alla ricerca di lavoro. Il valore delle case è crollato negli ultimi anni, mentre la crisi dei mutui ha messo molte famiglie in serie difficoltà. Non meraviglia dunque che, secondo un sondaggio del The Detroit News, il quotidiano della città simbolo dell’industria automobilistica, il 73 per cento degli elettori del Michigan ritenga lo stato dell’economia la top issue. Per la stampa locale, il voto nelle primarie assume il significato di una richiesta d’aiuto, un SOS lanciato dal Michigan alla politica nazionale.

In molti, nello Stato che si adagia sui Grandi Laghi al confine con il Canada, sono sfiduciati, si sentono abbandonati. Un umore al quale ha dato voce il Detroit News, con un fondo di Daniel Howes. Secondo l’editorialista, le proposte dei candidati repubblicani sono palliativi inadeguati a risolvere la crisi strutturale dell’industria pesante del Michigan. Ancor peggiore il giudizio nei
confronti dei candidati democratici, che in Michigan non si sono neanche presentati a far campagna elettorale. Motivo di questa assenza: le sanzioni che il partito dell’Asinello ha deciso contro la leadership democratica dello Stato, rea di avere fissato la data delle primarie in anticipo rispetto ai voleri dei vertici nazionali. D’altro canto, scrive Howes, i democratici, cinicamente, non mostrano grande interesse in uno Stato che molti vedono destinato a diventare rosso (il colore del GOP, mentre blu è quello dei Democrats), alle prossime presidenziali del 4 novembre. L’11 settembre, il rincaro del petrolio, la concorrenza spietata delle case automobilistiche giapponesi ha messo in ginocchio il Michigan. Eppure, annota sconsolato Howes, “in nessun altro Stato industrializzato, neanche in India e Cina, vedresti un tale disprezzo bipartisan nei confronti dello Stato sede dell’industria automobilistica nazionale, con tutto ciò che comporta per la competitività statunitense”.

In questo clima, ovviamente, non è facile scaldare i cuori degli elettori. Mitt Romney, che in Michigan si gioca il tutto per tutto dopo le sconfitte in Iowa e New Hampshire su cui aveva investito fior di milioni, prova con l’album dei ricordi. Mitt è nato in Michigan e suo padre è stato governatore dello Stato dal 1962 al 1966. “Per me”, ha detto in un incontro a Grand Rapids, “il Michigan è qualcosa di personale. Lo slogan di mio padre era rimettere in moto il Michigan e io voglio essere sicuro che rimetteremo in moto questo Stato”. Anche qui, però, l’ex governatore del Massachusetts dovrà vedersela con John McCain, che dopo la vittoria nel New Hampshire vola nei sondaggi. Un aiuto indiretto al senatore dell’Arizona arriva anche dai Democratici. La mancanza di Hillary e Obama sul terreno potrebbe spingere gli indipendenti a votare nelle primarie repubblicane dando man forte a McCain, che mantiene un certo appeal sull’elettorato centrista. Nei suoi incontri, the Comeback Kid ha promesso che non si dimenticherà dei disoccupati del Michigan. Quindi, ha proposto un programma che consenta loro di reinserirsi nel mondo del lavoro. McCain, tuttavia, non ha blandito l’uditorio. “Alcuni vecchi mestieri”, ha
detto in un comizio all’Oakland County International Airport, “sono andati ormai. Chi vive in Michigan se ne deve fare una ragione”. Dal canto suo, Mike Huckabee sta già pensando al voto in South Carolina (sabato 19 gennaio) dove spera che la componente evangelica gli conceda il bis dopo il successo in Iowa. L’ex pastore battista non ha mancato, però, di lanciare un nuovo spot in Michigan, in linea con il suo approccio soft populista. “La gente”, afferma nel messaggio elettorale, “vuole un presidente che assomigli alle persone con cui lavora. Non a quelle che lo vogliono licenziare”. Stoccatina al tycoon milionario Mitt Romney. Anche in Michigan, come nelle tappe precedenti, Rudy Giuliani brillerà per assenza, nonostante i sondaggi lo abbiano dato in testa in questo Stato per buona parte del 2007. Il sindaco d’America sta puntando tutto sul voto in Florida (il 29 gennaio) e sul Supertuesday del 5 febbraio. Ancora qualche giorno e vedremo se questa rischiosa strategia gli darà i frutti sperati.