Pro e contro Ahmadinejad, è un’altra giornata di manifestazioni a Teheran

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Pro e contro Ahmadinejad, è un’altra giornata di manifestazioni a Teheran

16 Giugno 2009

Che cosa sta succedendo e cosa accadrà in Iran? Nonostante l’invito rivolto da Mousavi a non scendere in piazza per evitare altri episodi di violenza, anche oggi sono proseguite la manifestazioni della “Onda Verde” contro il regime, nelle strade a nord di Teheran. Ieri avevamo assistito alla più grande dimostrazione popolare contro Ahmadinejad dai tempi della Rivoluzione che portò al potere Khomeini nel 1979: tra uno e due milioni di persone secondo la BBC, almeno una dozzina di morti fra i manifestanti a sentire il Guardian.

Quelli di oggi sono stati raduni pacifici, ancora una volta caratterizzati dalla presenza di giovani e donne che innalzavano cartelli e foto di Mousavi. Nel frattempo però a sud della capitale si riunivano per far sentire la loro voce anche i supporter del presidente rieletto, circa 20.000 secondo alcune fonti.

La notizia del giorno è che la Guida Suprema iraniana, l’ayatollah Khamenei, ha detto di essere pronto a un parziale riconteggio delle schede elettorali di venerdì scorso. Una decisione appoggiata dal Consiglio dei Guardiani della Costituzione che ha il potere di ratificare o annullare i risultati delle elezioni. Se il riconteggio dovesse invalidare il voto si potrebbe tornare alle urne e sarebbe davvero un fatto straordinario che mostrerebbe come l’establishment conservatore che fa capo a Khamenei abbia scelto la strada dell’accordo. Ma è una ipotesi piuttosto improbabile visto che è lo stesso Khamenei ad aver sponsorizzato Ahmadinejad negli ultimi anni e ad aver salutato come una festa democratica il voto della scorsa settimana. Il riconteggio, infine, sarebbe perfettamente inutile se il voto è stato già falsato.

La fumettista iraniana Marjane Satrapi oggi ha parlato a Bruxelles (durante una conferenza stampa organizzata dal verde Cohn-Bendit) presentando un documento che certificherebbe come la Commissione elettorale iraniana – in un primo momento – aveva assegnato circa 19milioni di voti a Mousavi e solo 5milioni e mezzo ad Ahmadinejad. Mousavi sarebbe stato addirittura chiamato dalla Commissione per comunicargli la vittoria ma poco dopo i militari avrebbero fatto irruzione negli uffici per impedire che il risultato fosse diffuso. Non ci sono riscontri certi sulla attendibilità del documento (in fotocopia) presentato dalla Satrapi.

Ma le denunce dei dissidenti iraniani non sembrano aver fatto breccia più di tanto nei cuori dei governi europei e di quello americano. Se, da una parte, Sarkozy ha affermato che la mobilitazione degli iraniani è stata proporzionale ai brogli che hanno dovuto subire, il presidente Obama s’è svegliato dal torpore per dire che “va difeso il principio in base al quale le voci di chi protesta devono essere ascoltate e non soppresse”. L’impressione è che comunque Obama tenda a non sbilanciarsi più di tanto perché sa che se condannasse con forza le violenze metterebbe in pericolo le trattative aperte con il governo iraniano. 

Che succederà nei prossimi giorni è una risposta a cui probabilmente non sarebbero in grado di rispondere neppure i protagonisti in gioco. “Il regime ha le armi – ha commentato Michael Ledeen sul suo blog ‘Faster, Please’ – e l’opposizione ha i numeri. La domanda è se i numeri potranno organizzarsi con successo in una forza disciplinata che porti alla caduta del regime”. Mousavi non sembra avere la statura del leader rivoluzionario – se mai va tenuta d’occhio sua moglie Zahra Rahnavard che è stata una delle sorprese più grosse della campagna elettorale – schierata a fianco del marito e capace di animare le masse degli oppositori al regime meglio di lui. Tutto questo in un Paese, la Repubblica Islamica dell’Iran, dove vige ancora un impianto ideologico misogino e sessista eredità di Khomeini. Se i mullah hanno ‘costruito a tavolino’ la candidatura di Mousavi per far percepire all’estero che si trattava di una elezione democratica (sapendo che poi le avrebbero vinte con le menzogne e con la forza), la battagliera compagna di Mousavi è stato uno dei buchi nel muro d’acciaio della teocrazia da cui è passato il dissenso.

La situazione va quindi monitorata ora per ora per seguirne l’evoluzione. I dissidenti e chi protesta indietreggeranno davanti alle squadracce del regime? Testimonianza che arrivano da Teheran dicono che i mullah starebbero usando i miliziani di Hezbollah, ma anche teppisti inviati appositamente dall’alleato Chavez (“gente che non parla Farsi”), per dare manforte ai Pasdaran nella repressione del movimento. Finirà in un bagno di sangue? Oppure Mousavi sarà capace di ispirare la gente che in queste ore ne ha fatto un eroe nazionale? In fondo chi si oppone al regime ha preso coscienza della propria forza (almeno nella capitale e nelle maggiori città del Paese), sta continuando a comunicare grazie agli strumenti del web e nonostante la cyberepressione del regime, e – non da ultimo – si rincorrono voci su possibili defezioni all’interno dell’apparato della forza iraniano (ci sono stati almeno 16 arresti fra i comandanti delle Guardie della Rivoluzione).

Se a tutto questo si aggiungesse una pressione da parte della comunità internazionale, a un certo momento il regime potrebbe davvero trovarsi sull’orlo del precipizio. Peccato che le Nazioni Unite, gli Stati Uniti, l’Europa, almeno fino adesso non si stanno sbilanciando più di tanto. Chissà se questa mancanza di sostegno rafforzerà o meno la volontà dei manifestanti.