Processo breve al rush finale con l’incognita Fini e il rebus Napolitano

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Processo breve al rush finale con l’incognita Fini e il rebus Napolitano

12 Aprile 2011

Cosa sarà del processo breve lo deciderà il Parlamento nell’arco di 24 ore, a partire da oggi alle 15. Cioè dal momento in cui l’Aula di Montecitorio inizierà la discussione sul provvedimento a quello in cui si esprimerà col voto definitivo.

Un voto che alcuni reputano una prova di stabilità per il governo che, però, la maggioranza è sicura di superare senza riserve. Un punto su cui ieri il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto, parlando coi cronisti in Transatlantico, si è mostrato deciso: “Nella vita non si può mai dire, ma non temo brutte sorprese”. Ha anche aggiunto che l’argomento sembra ormai esser diventato un romanzo storico che rievoca un clima da 25 luglio (quello del 1943 fu il giorno in cui il Gran Consiglio del fascismo votò la fine di Benito Mussolini e quindi la caduta del regime) come ha evocato Giancarlo Lenher. E’ “una bella battuta”, ha detto, “ma non mi sembra ci sia un Consiglio nazionale alle porte”.

Ma i venti che tireranno oggi in Aula sembrano proprio quelli di una guerra. L’opposizione, infatti, è decisa a dar battaglia al provvedimento minacciando ostruzionismo: “Faremo tutto ciò che è democraticamente consentito per impedire la più grossa amnistia della storia repubblicana”, ha detto il portavoce dell’Idv Leoluca Orlando, ricordando che, mercoledì pomeriggio, il suo partito scenderà in piazza a Roma per prendere parte a un sit di protesta organizzato da Popolo Viola, Libertà e giustizia, Articolo 21 e Libera Informazione. La  strategia, in breve, è quella di guadagnare più tempo possibile nel Palazzo e conquistare consensi fuori dalle aule parlamentari.

Nel frattempo il presidente della Camera Gianfranco Fini, nella sua duplice veste di garante del regolamento dell’Aula e leader di Fli, ha assicurato che il dibattito a Montecitorio si svolgerà nel pieno rispetto delle regole. Ma lo ha fatto senza trattenere qualche sottile bordata al Cavaliere: “Stiamo discutendo di prescrizione breve e non di altro perché c’è una maggioranza e c’è un regolamento parlamentare. Quest’ultimo devo rispettarlo pur avendo una mia idea personale”. Lo ha detto rispondendo alle domande di alcuni studenti a Trapani, rincarando poi la dose in un incontro con gli industriali: “Servono tempi certi per la giustizia, quelli biblici sono un handicap per il cittadino. Ma io parlo di principi generali, alla Camera si sta discutendo di altro, di una legge particolare”. Come a dire: va bene un processo più veloce, ma quello ‘breve’ è cucito su misura per Berlusconi.

Dal canto suo il Pd ha tirato per la giacca il Guardasigilli Angelino Alfano chiedendo una sospensione dell’esame sul provvedimento. La capogruppo dei democratici in Commissione Giustizia alla Camera, Donatella Ferranti, ha posto l’accento sugli effetti che la norma sul processo breve potrebbe avere su alcuni procedimenti in corso, come quelli “sul terremoto dell’Aquila e sulla strage di Viareggio”. Secondo l’esponente democrat con questa norma “si estinguerebbero in modo incontrollato e duraturo migliaia di reati rendendo impossibile a centinaia di migliaia di vittime di veder riconosciuti i propri diritti”.

Quelle della Ferranti sono però considerazioni che il relatore del ddl, il pidiellino Maurizio Paniz, ha azzerato senza esitazione: “Considerare la norma ‘ad personam’ è fuori luogo, perché l’influenza sui procedimenti a carico del premier è nulla”. Secondo Paniz i processi che coinvolgono il presidente del Consiglio possono essere celebrati senza problemi: “C’è tutto il tempo che si vuole per i processi, a meno che – ha aggiunto – non siano già bruciati dalla prescrizione: per il processo Mediatrade ci sono 4 anni a disposizione, per il processo Ruby oltre 15”. Il processo Mills, invece, per il relatore è già "bruciato": “Siamo all’inizio, è stato sentito un solo teste, devono essere fatte due o tre rogatorie internazionali e da qui al 1 gennaio 2012, quando il processo sarebbe comunque prescritto, non si arriverebbe mai alla sentenza di primo grado. Quindi – ha concluso – non vedo quale incidenza possa avere dichiarare la prescrizione qualche mese prima o qualche mese dopo”.

La maggioranza, insomma, sembra essere compatta. Ma l’ultimo scoglio che il provvedimento dovrà superare nel caso in cui, al massimo domani, dovesse essere approvato dalla Camera (il Senato lo aveva licenziato lo scorso 20 gennaio) sarà il Quirinale. Il presidente Napolitano, infatti, potrebbe decidere di rimandarlo alle Camere entro 30 giorni dalla votazione di Montecitorio qualora lo ritenesse in contrasto con i principi della Costituzione.