Prodi e i cespugli temono l’intesa sindaco-Cav.

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Prodi e i cespugli temono l’intesa sindaco-Cav.

01 Dicembre 2007

Silvio Berlusconi dice sì al dialogo. E Walter Veltroni decide di fare gioco di sponda con il numero uno del principale partito del centrodestra sulla riforma della legge elettorale. Sono loro adesso gli interlocutori-principi, i mazzieri che provano a dare le carte e a fare la voce grossa rispetto al potere di ricatto dei “piccoli”. La partita, però, è tutt’altro che risolta. Il segretario del Partito Democratico deve, infatti, impegnarsi in un delicato gioco di equilibrismo, attenuare in tutti i modi l’impressione che ieri sia stato sancito un patto a due ed evitare che i malumori che circolano dalle parti di Palazzo Chigi e nel resto del centrosinistra salgano oltre il livello di guardia.

L’impresa per il sindaco di Roma è obiettivamente complicata. Vestire l’abito della vittima sacrificale è uno sport che nessuno vuole praticare. E la disponibilità dei due protagonisti a trattare su una legge che non impone di dichiarare le alleanze prima del voto moltiplica i sospetti degli alleati che già proiettano sullo schermo delle ipotesi future l’incubo di un governo Pd-Forza Italia.

Così le facce scontente, alla fine del summit tra il presidente di Forza Italia e il segretario del Partito Democratico, sono molte. A cominciare da quella del premier Romano Prodi che evita di commentare ma fa sapere che nei prossimi giorni convocherà un vertice con Veltroni e con gli altri dirigenti del Pd per tirare le somme «di tutti gli incontri». «Non è che se Berlusconi dice che gli piace un sistema si va avanti su quello» dicono da Palazzo Chigi. «Il Vassallum non piace a molti nel centrosinistra, quindi non è detto che sia praticabile. Ci vuole un serio e analitico confronto dentro il Pd e poi dentro la maggioranza». L’impressione è che i prodiani, nei prossimi giorni, lavoreranno per far venire fuori le contrarietà al Vassallum (ovvero l’ipotesi di riforma cara a Veltroni) che certo non mancano anche nello stesso Partito Democratico e in particolare tra i prodiani, consapevoli che la legge elettorale può diventare materia esplosiva per la stabilità di governo. Quel che è certo è che Prodi rimpiange il Mattarellum e non digerisce a fatica il modello di cui ora si sta discutendo.

I segnali che arrivano dal resto del centrosinistra non sono di tenore molto differente rispetto a quelli proveniente da Palazzo Chigi. La lista degli scontenti è lunga. In prima fila c’è il segretario del Pdci, Oliviero Diliberto, che mette in guardia Veltroni: “Berlusconi è totalmente inaffidabile, cambia idea ogni tre secondi, spero che il segretario del Pd si renda conto che questo dialogo può diventare una trappola mortale per il centrosinistra”. Gli fa eco il capogruppo del partito Pino Sgobio: . «Non avevamo dubbi che l’unica riforma che sta a cuore a Berlusconi è quella di far fuori il governo Prodi. Altro che riforme per il bene del Paese. L’incontro di oggi è stato un’esperienza utile per il Partito Democratico». Batte sul tasto dell’allarmismo Enrico Boselli del Partito Socialista. «È comunque positivo che si sia avviato un dialogo ma mi sembra che ancora siamo alla commedia degli inganni. Veltroni fa finta di non accorgersi che l’apertura di Berlusconi sulla legge elettorale è strumentale e che non ha affatto rinunciato alla spallata. Non vuole fare le riforme istituzionali che sono indispensabili, come ha ricordato lo stesso Veltroni, e neppure un governo di grande coalizione. Eppure per fare una legge elettorale come quella indicata dal segretario del Pd occorrerebbe un governo sostenuto da tutti coloro che la condividono e che evidentemente non coincide per nulla con quello attuale dove sono in molti a contrastarla». Clemente Mastella esprime, a sua volta, tutte le sue perplessità sulla volontà di Berlusconi di escludere le riforme costituzionali dal confronto. «Se non c’è dialogo sulle riforme, che sono il vero problema dello stallo del Paese, che dialogo è?». E il Verde Paolo Cento scolpisce verbalmente la paura diffusa tra molti: “Se Veltroni e Berlusconi vogliono marginalizzarci allora abbiano il coraggio di governare insieme”.

Chi, invece, sceglie di tenere un profilo più basso è Rifondazione Comunista. La riforma della legge elettorale «non può essere appannaggio di alcune forze politiche» anche perché «va discussa in Parlamento» dice il segretario Franco Giordano. Non c’è dubbio che Rifondazione sia la forza che potrebbe, più di altre, percorrere la strada della federazione con il Pd e sopravvivere così all’impatto della nuova legge. Ma dentro il Prc non mancano voci allarmate. “E’ difficile immaginare una trappola per noi più micidiale” dicono. La vocazione onnivora del Pd, insomma, fa paura. E non è difficile prevedere nelle prossime settimane l’avvio di un’offensiva della sinistra radicale per convincere Veltroni a modificare il suo progetto di riforma elettorale, prevedendo l’indicazione delle alleanze prima del voto. Una “correzione” che farebbe tirare a Verdi, Socialisti e Comunisti Italiani un enorme sospiro di sollievo.