Prodi: la visione di un Toninelli qualsiasi

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Prodi: la visione di un Toninelli qualsiasi

Prodi: la visione di un Toninelli qualsiasi

05 Giugno 2020

Avevo letto l’intervista di Romano Prodi sul Corriere della Sera con “contenuta” curiosità, senza nulla aspettarmi; così, quasi solo per una sorta di rispetto verso una personalità autorevole. Non mi aspettavo nulla, e non sono rimasto deluso.

Senonché l’intervista è stata ripresa su Huffington Post che il 2 giugno ha “sparato” un titolo importante: Prodi demolisce Bonomi”. E no! Non demolisce proprio niente. Anzi!

La visione che Prodi cerca di trasmettere nell’intervista al Corriere della Sera è quella di un Toninelli qualsiasi: che non tiene conto del fatto che l’industria e l’impresa italiana, per il Paese, già hanno fatto molto. Ora tocca al resto del Paese, finalmente dopo decenni, fare la propria parte.

La ricetta di Prodi è vecchia come il cucco: è la stessa che applicata per decenni ha provocato il ritardo italiano rispetto alle economie europee ed occidentali.

E’ la ricetta del burocrate e dello statalista, che pur di prendere il controllo dell’economia arbitrariamente definiscono “strategici” i settori che più gli fanno gola. Eppure, ogni settore che produce beni e servizi è strategico (anche quello delle agenzie di viaggio che Prodi stesso cita nell’intervista). Non esistono settori inutili.

La dottrina del dirigismo, di cui Prodi è invasato, che utilizza la retorica del settore strategico cara al fascismo e ancora oggi attiva in Francia ed in Italia (anche nel centrodestra purtroppo), ci mostra il fallimento di due nazioni ormai allo sbando, se comparate con le più liberali Germania e Regno Unito.

Il problema delle due nazioni latine è stato proprio il non aver avuto partiti e movimenti liberali importanti tanto che in Italia il “prodismo” ha imperato così tanto, che anche il centrodestra non riesce a staccarsi dalla cultura statalista dominante a sinistra.

Nessun leader politico italiano avrebbe la forza di dire quello che disse la Thatcher, e che oggi andrebbe replicato a Prodi: “Niente è più strategico del cibo, ma questa non è una ragione valida per far piantare patate allo Stato”.