Prodi, le tasse e l’etica da jukebox

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Prodi, le tasse e l’etica da jukebox

Prodi, le tasse e l’etica da jukebox

02 Agosto 2007

Francesco Rutelli qualche giorno fa l’aveva detto: il Pd non può
nascere senza la sua anima cattolica. Detto, fatto. Romano Prodi, che del Pd si
vanta di essere il padre “spirituale”, se ne esce poco dopo con un’intervista a
Famiglia Cristiana in cui, oltre a parlare della situazione politica del paese,
ad un certo punto dichiara: “sull’evasione, la Chiesa non ci aiuta”. “Un terzo
degli italiani evade ed è inammissibile. Per cambiare mentalità occorre che tutti,
a partire dagli educatori, facciano la loro parte, scuola e Chiesa comprese.
Perché, quando vado a messa, questo tema non è quasi mai toccato nelle omelie?
Eppure ha una forte carica etica”. Non pago, sull’argomento Prodi ci torna
anche oggi, con una lettera inviata al Corriere
in cui scrive: “Se non ricordo male, anche San Paolo esorta all’obbedienza nei
confronti dell’autorità. Credo che usi l’espressione quoque discolis, a significare che si deve obbedire alle regole
dello stato anche se dettate da lazzaroni”.
Aldilà della grossolanità della citazione, in sostanza Prodi invita i parroci,
il braccio esecutivo della Chiesa, ad esortare i propri fedeli a pagare
le tasse – le sue tasse – in nome dell’ammonimento evangelico del “Date a
Cesare quel che è di Cesare” e soprattutto in nome di una presunta valenza etica – la sua etica – che è tanto forte da
giustificare che il presidente del consiglio metta in bocca ai ministri di Dio il proprio verbo.

Molto
ci sarebbe da dire nel merito specifico della questione. Ma vi è un altro aspetto a saltare maggiormente agli occhi: quello che ha rilasciato l’intervista
a Famiglia
Cristiana è lo stesso Prodi che poco più di due mesi fa sosteneva che la Chiesa
non deve interferire negli affari pubblici; che i vertici ecclesiastici non
possono rappresentare un valido interlocutore per la politica sui temi che alla
Chiesa più interessano; lo stesso che, a proposito del Family day, affermava
che non si deve mai “strumentalizzare la religione”; che “il cattolicesimo è
importantissimo, ma il principio della laicità dello Stato è essenziale per chi
fa politica”; la stessa persona che disse: “La modernità del cristianesimo è
riuscire a separare Dio da Cesare, come dice il Vangelo”. O la lezione Prodi l’ha
dimenticata in fretta. O siamo di fronte al solito vizietto della sinistra, per cui le
cause giuste, quelle eticamente rilevanti, sono sempre le proprie e mai quelle
altrui. Ovvero ancora l’uscita agostana del professore ha  l’aria
vagamente strumentale, e serve a recuperare il terreno perduto nei confronti
dell’elettorato cattolico in questo anno e mezzo di governo.

In aria di Pd,  in effetti, sono molti i movimenti fatti verso
il mondo cattolico ed è notizia del giorno la benevolenza di una parte di quel
mondo – Azione cattolica in primis – nei confronti del candidato leader Valter
Weltroni, chissà con quanta buona pace di Rosy Bindi, che proprio per coprire quel
fronte si è candidata alla leadership del partito. E che sotto sotto ci siano
poche idee e confuse è indubbio. Ma qualcosa in più ce la saremmo aspettata dall’ala più laicamente battagliera
del neonato Partito democratico. Pensavamo che di fronte ad una sostanziale richiesta di interessamento
– l’altra faccia dell’ingerenza – di chiesa, associazioni cattoliche o singoli
credenti nei confronti della politica italiana ci sarebbe stata una levata di
scudi. Una sorta di sollevazione generale in difesa della laicità dello Stato; colonne
e colonne di rimbrotti e di minacce, col solo intento di far paventare
l’ennesima crisi di governo. E invece, niente. Che succede? Che fine ha fatto
la sinistra laicista e anticlericale? Quella che gridava allo scandalo quando i
cattolici si mobilitavano per la legge 40, che organizzava contromanifestazioni
indignate di protesta al Family day, che ha insultato e offeso la Chiesa e i suoi
rappresentanti per il caso del povero Piergiorgio Welby? La verità è quella di
sempre: la Chiesa può, anzi deve, 
scendere in campo solo se gioca nella loro squadra.