Pur con tutti i suoi difetti e limiti politici la Fornero è meglio dei suoi nemici
02 Luglio 2012
Chissà se in qualche angolo del pianeta rosso esiste ancora quel marziano che, alcuni decenni or sono, Ennio Flaiano immaginò deambulare per le vie di Roma meravigliandosi per quello che vedeva fare agli italiani di allora? Certamente, il nostro extraterrestre ora sarebbe intento ad interrogarsi sulla vicenda della legge di riforma del lavoro.
Ma come – si chiederebbe – il governo ha imposto alla Camera di approvarla in via definitiva senza modifiche del testo licenziato dal Senato per poter consentire al premier di presentarsi a Bruxelles portandosi appresso il provvedimento? Evidentemente – questa sarebbe la sua logica conclusione – doveva trattarsi di una legge positiva. Allora perché – ecco l’altra domanda – Monti in persona si è impegnato a modificare <tempestivamente> quella stessa legge che di cui pur aveva sollecitato l’approvazione accelerata?
E ancora: per quali motivi, il ministro che ha sottoscritto il provvedimento, pochi giorni dopo l’approvazione è sottoposta a ben due mozioni di sfiducia, presentate, è vero, dai gruppi di opposizione, ma tali da indurre in tentazione persino alcuni settori della maggioranza? Stranezze della politica italiana costretta a tenersi fino alla scadenza naturale della legislatura un <governo dei tecnici> da cui una parte della maggioranza – il Pdl – vorrebbe prendere le distanze, senza poterlo fare, mentre, l’altra, il Pd, deve appoggiare scelte politiche che non condivide.
Il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Elsa Fornero è diventata il parafulmine del malessere diffuso nei confronti del governo Monti. Fornero è stata la protagonista dei due provvedimenti che più hanno posto problemi e fatto discutere. La riforma delle pensioni ha lasciato dietro di sé la coda avvelenata dei cosiddetti esodati, presto trasformatasi – anche per iniziativa dei media – in una grande questione nazionale. La legge sul lavoro ha praticamente scontentato tutti: partiti, forze sociali e quant’altro. Al punto che l’accusa di consentire i <licenziamenti facili> non dipenderà certamente dalle modifiche pasticciate riguardanti la disciplina del recesso dal rapporto di lavoro, quanto piuttosto dalle nuove regole sui contratti flessibili che scoraggeranno le assunzioni se non inviteranno addirittura i datori di lavoro a liberarsi preventivamente di manodopera a rischio di stabilizzazione forzosa.
Come se non bastasse, al ministro si rimproverano considerazioni, affermazioni o anche semplici battute che, una volta espresse, sollevano polemiche a non finire, scatenando commenti malevoli e dichiarazioni polemiche, quasi sempre stravolgendo il significato vero delle parole del ministro. Così, Elsa Fornero, questa esile professoressa torinese, è vittima da mesi di una carica d’odio che la segue passo dopo passo, che la costringe a vivere reclusa e l’accompagna in tutte le uscite ufficiali ormai trasformate in delicati episodi di ordine pubblico.
Forse neppure Silvio Berlusconi ha dovuto subire l’odio da cui è avvolta Fornero. Il Cavaliere, infatti, poteva contare su tanti sostenitori, che al ministro mancano, perché anche quelli che non le urlano dietro degli improperi e non organizzano manifestazioni di protesta, lo farebbero volentieri; e non la amano. Ma è proprio il <Dalli alla Fornero!> che, sotto sotto, la rende simpatica.
Chi scrive ne ha criticato – anche in questa rubrica del lunedì – l’azione del governo, per quanto riguarda le pensioni e soprattutto la riforma del lavoro. Pur essendone relatore alla Camera, mi sono astenuto in uno dei quattro voti di fiducia (sull’articolo 4) e nel voto finale. Ma non voterei mai le mozioni di sfiducia nei confronti di Elsa Fornero. Non lo farei, non solo per ragioni di politica generale, perché ritengo che l’attuale governo debba andare avanti ed arrivare a fine legislatura; e quindi non debba subire il trauma del voto di sfiducia ad personam nei confronti di un ministro importante che gode della fiducia del premier.
Altre ragioni mi inducono a votare no. Le forze politiche che hanno presentato le mozioni, non farebbero certo meglio dell’attuale governo. La Lega Nord impedì a Silvio Berlusconi di modificare, l’estate scorsa, le pensioni di anzianità, contribuendo a determinare quel declino strisciante che costrinse il suo governo a passare la mano. E io non ho dubbi: meglio aver abolito le pensioni di anzianità anche se ciò ha comportato la questione degli esodati (a cui si può e si deve porre ragionevolmente rimedio) che continuare a non risolvere un problema strutturale del nostro sistema pensionistico che ha consentito a più di 3 milioni di nostri concittadini di andare in quiescenza spesso (molto) prima di aver compiuto 60 anni.
Quanto alla riforma del lavoro, posso rimproverare a Fornero una visione novecentesca in un Paese dove Marco Biagi è stato ammazzato per le sue idee e dove, per rivalutarlo a dieci anni dalla morte, se ne stravolge il pensiero, mentre le proposte innovative di un bravo ministro come Maurizio Sacconi, ispirate al professore bolognese, giacciano dimenticate ed inattuate perché in Italia si possono fare solo le cose che vogliono Susanna Camusso e la Cgil?
Ad Elsa Fornero, poi, si deve riconoscere un grande talento nel prendere di petto i più inveterati luoghi comuni radicati in un Paese malato di retorica come il nostro. Quando afferma, ad esempio, che allineare l’età pensionabile delle donne con quella degli uomini è un atto che rafforza l’eguaglianza tra i generi. O quando sostiene che la parità deve essere conquistata, prima di tutto, nell’ambito dei rapporti interpersonali. Oppure quando dice che il lavoro non è solo un diritto ma anche un risultato da meritare. Insomma, con tutti i suoi difetti, Elsa Fornero è meglio dei suoi nemici.