Putin e Hu Jintao ovvero l’asse sino-russo per contenere gli Usa
09 Giugno 2012
Non chiamatela alleanza, è solo una partnership strategica. Dall’incontro di questi ultimi tre giorni tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente cinese Hu Jintao, è emersa la volontà di rafforzare ulteriormente i rapporti economici, militari e politici tra le due potenze dell’area. Un’iniziativa diplomatica forse tesa ad arginare il più possibile la presenza degli Stati Uniti nello scacchiere euroasiatico.
Gli incontri si sono svolti a margine delle sessioni di incontro della Shanghai Cooperation Organization (SCO), a cui partecipano anche Kazakistan, Kirghizistan, Tajikistan e Uzbekistan. E nel ruolo di osservatori, vi prendono parte delegati di Pakistan, Mongolia, Iran, India e Afghanistan.
Una organizzazione, la SCO, che nasce per promuovere il libero scambio e il rafforzamento delle relazioni regionali nell’intera area, e che serve a Russia e Cina per consolidare la propria forza e leadership nel centroasia. Come? Innanzitutto con l’aumento di volume degli scambi commerciali, che dagli attuali 83,5 miliardi di dollari, passeranno a 200 entro il 2020 nelle intenzioni dei due Paesi. Sul piano militare, il presidente Hu Jintao e il presidente Putin hanno deciso che le marine dei due Paesi effettueranno esercitazioni congiunte sul Mar Giallo, svolgimento di esercitazioni marittime congiunte sul mar Giallo. Un attivismo che suscita le preoccupazioni delle altre nazioni circostanti: Giappone, Corea del Sud e, di conseguenza, Stati Uniti.
Hu Jintao e Putin hanno inoltre affrontato tre nodi politici importanti: Iran, Siria, Afghanistan.
L’Iran è sempre più stretto nella morsa delle sanzioni imposte da Europa e Stati Uniti a causa dei presunti scopi bellici del suo programma nucleare. Gli ispettori dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, hanno confermato che Teheran possiede uranio arricchito a sufficienza per costruire non una, ma diverse bombe nucleari. L’Iran, però, è uno dei maggiori fornitori di gas di Pechino, e in quanto tale, conta sulla Cina per evitare che le sanzioni internazionali ne blocchino ulteriormente l’economia. La Cina, dal canto suo, si starebbe impegnando a “cercare di persuadere gli iraniani a essere più disponibili e più impegnati nella diplomazia”, stando a quanto riportato dall’Aiea. Ciò che emerge dalla SCO è l’intenzione di risolvere la questione del nucleare iraniano in maniera diplomatica: “Ogni tentativo di risolvere il problema iraniano con la forza è inaccettabile, e porterebbe a conseguenze imprevedibili, minacciando la stabilità e la sicurezza della regione e nel mondo intero”, è quanto dichiarato dai sei capi di stato.
In Siria siamo nuovamente in situazione di stallo. Nonostante Mosca abbia lasciato intendere che Assad non sia necessario in un ipotetico nuovo governo siriano, Cina e Russia oppongono costantemente il loro veto a ogni iniziativa diplomatica proposta dal Consiglio di Sicurezza dall’Onu mirata a destituire l’attuale presidente siriano, nel nome della sovranità nazionale. “Non è ammissibile che, se non ci piace il modo in cui un Paese è governato, si sia autorizzati a pensare a come ribaltarne il governo”, è il parere del viceministro degli Esteri cinese Cheng Guopin. Una linea, quella russa e cinese, che nonostante rischi di protrarre ulteriormente la guerra civile che insanguina la regione da quasi un anno e mezzo, è diretta conseguenza di quanto successo in Libia, ove la caduta di Muammar Gheddafi ha profondamente danneggiato Mosca e Pechino sul piano commerciale.
Interesse particolare in questo momento suscita l’Afghanistan. Al termine della missione statunitense, previsto per il 2014, Pechino si aspetta di “giocare un grande ruolo in Afghanistan”, per usare le parole di Hu Jintao. L’obiettivo è quello dei giacimenti di ferro e rame, oltre che il petrolio. E sia per la Russia che per la Cina, si tratta di togliersi una presenza scomoda e ingombrante, quella americana, dai propri confini più esterni. Da ciò l’affermazione di Hu Jintao: “Proteggeremo da turbolenze estere” gli affari regionali. La Cina ha poi tutte le carte in regola per sostituire Washington come mediatore naturale tra il Pakistan e l’Afghanistan.
Quello tra Russia e Cina sembra più un matrimonio di interesse che una vera e propria condivisione di obiettivi e valori. Pur di liberarsi dalla presenza statunitense nell’area, Mosca accetta che Pechino imponga le sue regole negli scambi commerciali, senza potersi imporre alla stessa maniera in cui dirige la vendita del gas al resto d’Europa. “La cooperazione tra Cina e Russia è basata sulla fiducia reciproca”, dice Hu Jintao. Vero, fino a quanto l’una avrà bisogno dell’altra: la Russia ha le risorse, la Cina muove i capitali. E tutte e due hanno una politica di espansione che, finché non entrerà in collisione, permetterà alle due potenze di farsi blocco, in funzione di contenimento della politica statunitense nella regione.