![Quagliariello: «Altro che partitini! C’è un mondo fuori dal Palazzo»](https://loccidentale.it/wp-content/uploads/quagliariello.jpg)
Quagliariello: «Altro che partitini! C’è un mondo fuori dal Palazzo»
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25 Ottobre 2015
Senatore Gaetano Quagliariello, essendo napoletano lei crede alla sfiga.
"No, ma per sicurezza evito di stuzzicarla. Perché?".
Perché insomma, piantare una grana sulla collocazione politica di Ncd proprio mentre il governo Renzi sembra aver copiato la legge di stabilità dalle mitiche slide di Renato Brunetta non è il massimo. Le ha detto un po’ male, e i suoi (ex?) compagni di partito in questi giorni non hanno mancato di farglielo notare.
"Alt. Ora ci arriviamo. Ma per favore rimettiamo le cose in ordine".
E da dove cominciamo?
"Dalla genesi delle larghe intese".
Sì, buonanotte. Da Adamo ed Eva.
"No, arrivo subito al punto. Tutto parte da lì. Nel 2013 le larghe intese derivano da un sostanziale pareggio elettorale e da una felice intuizione del centrodestra, Berlusconi in primis: fare le riforme insieme per poi tornare a dividersi. Nasce così l’esecutivo a tempo di Enrico Letta nel quale l’allora PdL mette a segno non pochi risultati e, soprattutto, se li vede attribuiti dall’allora premier e riconosciuti dall’opinione pubblica. Per questo, anche per questo, pur riconoscendo i gravi errori commessi dal Pd dopo l’infausto esito del processo Mediaset, togliere la fiducia a Letta da parte di Forza Italia è stata un’assoluta cantonata. Per questo, anche per questo, rivendico il gesto che insieme ad Angelino Alfano e a tanti altri amici compimmo due anni fa".
Poi è arrivato Renzi. In un’intervista a Repubblica, Alfano – cito testualmente – l’ha ricostruita così: "L’anno scorso, non un secolo fa, il Pd ha chiesto in Parlamento una cosa: volete andare avanti con Letta altri sei mesi o volete arrivare al 2018 con Renzi? Noi abbiamo celebrato la nostra assemblea costituente il 7 aprile 2014, un mese dopo la nascita del governo, ribadendo il nostro sì a Renzi". Fine della storia.
"Io ho un ricordo diverso. Ricordo, almeno per quanto mi consta, che non fu il Parlamento a scegliere fra Letta e Renzi ma fu il loro partito a far dimettere il primo a beneficio del secondo. E ricordo la nostra assemblea costituente come un battesimo, il battesimo del Nuovo Centrodestra, e non come un matrimonio con Matteo Renzi. In caso contrario, di fronte all’invito a parlare subito o tacere per sempre, avrei avuto qualcosa da dire. Lo stesso Alfano, ancora nel maggio scorso, durante la partita delle regionali che abbiamo giocato interamente nel campo alternativo alla sinistra, ribadiva che l’orizzonte delle larghe intese avrebbe dovuto coincidere con l’orizzonte delle riforme, e che adempiuto alla fatica costituente ognuno si sarebbe dedicato a costruire in tempo utile nella propria metà campo, per arrivare pronti a sfidare il Pd alla prossima scadenza elettorale".
Tecnicamente le riforme son mica finite. Mancano due passaggi parlamentari e il referendum. Fino a quel giorno il buon vecchio Senato sarà vivo e vegeto.
"Il testo è ormai chiuso. Non farò mancare il sostegno ai passaggi conclusivi delle riforme e voterò sì al referendum, ma non si può non prendere atto che una fase politica si è conclusa e che il quadro è cambiato".
Scusi, cosa è cambiato da allora?
"Un governo di emergenza che avrebbe dovuto esaurirsi con la chiusura delle riforme viene ora presentato come un governo di coalizione e di legislatura, con orizzonte 2018. Ma il rapporto di coalizione è praticamente inesistente e, a fine legislatura, gli alleati si troverebbero con l’alleanza fuorilegge perché l’Italicum non lo consente. Delitto perfetto, con la vittima felicemente consenziente".
Sta dicendo che Ncd ha contratto la sindrome di Stoccolma?
"Faccia lei, gli elementi sono questi".
Scusi sa, ma l’Italicum lo avete votato giulivi pochi mesi fa, e comunque Renzi ha promesso ad Alfano che nel 2017 reintrodurrà il premio alla coalizione.
"La vicenda dell’Italicum è segnata da una lunga serie di forzature – vedi la fiducia alla Camera -, rinvii e impegni disattesi. Non a caso, nelle more della definizione del nuovo assetto costituzionale, avevamo previsto la sua entrata in vigore nel 2016, proprio per avere lo spazio per riequilibrare il sistema in un tempo politicamente utile. Fra alleati la logica dovrebbe essere politica, non quella della (ipotetica) concessione del sovrano".
Dunque il problema è la legge elettorale? Ancora una volta un malessere tutto interno ai palazzi della politica?
"No, proprio no. La legge elettorale, in quanto meccanismo di traduzione della volontà popolare, è un indicatore importante del sistema politico che si va delineando. E’ il dito, ma la luna è il sistema politico. E nel sistema che si prefigura per una forza moderata alleata del Pd renziano, il legittimo obiettivo di tanti miei compagni di partito, non c’è spazio che non sia (forse) quello di una annessione. Punto".
Alla quale, pare di capire, lei non è disponibile.
"Non la prendo nemmeno in considerazione".
Eppure ogni giorno Ncd mena vanto di aver indotto Renzi a realizzare il programma del centrodestra. "Sono le nostre riforme, e Renzi grazie a noi le sta realizzando". È un mantra quotidiano. E mentre Renzi realizza il programma di Ncd, lei pianta una grana. Incomprensibile.
"Non sono le riforme di Ncd, sono le riforme di Renzi che Renzi si intesta in esclusiva e grazie alle quali cerca di sfondare nell’elettorato moderato che noi avremmo dovuto contendergli invece di agevolarlo nella conquista. Ncd ha la sola funzione del donatore di sangue".
Beatrice Lorenzin dice che è colpa sua: da coordinatore non ha saputo valorizzare i successi di Ncd al governo.
"Vede, nelle nostre riunioni Beatrice ha sempre sostenuto che la vera sfida nei prossimi anni non sarà tra destra e sinistra ma tra sistema e antisistema. Io concordo se mi si dice che le categorie politiche sono più complesse rispetto al passato, e che la dicotomia destra/sinistra non è più adeguata a rappresentare il quadro attuale. Ma trovo che ridurre tutto a una sfida tra sistema e antisistema, con una sola forza a occupare l’intero spazio del sistema, sia una perdita secca per tutti e innanzi tutto per l’Italia. Io credo che nell’area del sistema il gioco democratico non possa fare a meno del confronto tra le grandi e diverse culture politiche del nostro Paese. Dal suo punto di vista, capisco che per il ministro Lorenzin il problema di Ncd sia non aver enfatizzato abbastanza la presenza nel governo Renzi. Di errori ne avrò fatti tanti, ma sul punto a me pare che sia vero l’opposto. L’abbiamo enfatizzata fin troppo, quasi che il governo fosse la nostra sola ragione sociale".
E il Paese? Lei al Paese non ci pensa? L’unico metro col quale valutare i provvedimenti è il ritorno elettorale del proprio partito? Lei non è contento se gli italiani smetteranno di pagare le tasse sulla prima casa, indipendentemente da chi se ne vedrà riconosciuto il merito?
"Certamente, anche se vorrei che non ci fermassimo ai titoli e che valutassimo questi provvedimenti in base alla ricetta liberale autentica. Bene il taglio delle tasse, ma se ad esso non corrisponde il taglio della spesa avremo riproposto il più classico dei cliché della sinistra: operare in deficit. Non solo avremo aumentato ulteriormente il debito pubblico, ma di qui a poco scatterebbero le clausole di salvaguardia che altro non sono che nuove tasse".
Resta che Renzi toglie le tasse sulla prima casa e voi avete la possibilità di rivendicarne il merito.
"Dovremmo smetterla con questa storia di Renzi che fa le riforme e abbassa le tasse perché glielo diciamo noi. È ridicolo. Renzi è il leader di una sinistra post ideologica, nuova, spregiudicata. Cerca di sfondare al centro e allo stesso tempo di tenere a bada la sinistra. Occhieggia a entrambi gli elettorati dando un colpo al cerchio e uno alla botte. Non rinuncerà mai al suo partito, e per salvaguardarne l’unità non si fa problemi a mortificare gli alleati di governo. La vicenda delle unioni civili è piuttosto emblematica in tal senso. Calendarizzate (inutilmente) contro Ncd, con i voti del Movimento 5 Stelle, un’ora dopo aver approvato grazie a Ncd le riforme costituzionali. Il tutto pensando di tenere Ncd a bada con lo zuccherino dell’innalzamento del contante, dimenticando però di specificare che si trattava di una nostra proposta".
Le unioni civili non sono materia di governo.
"Certo, come no. Questa regola valeva quando Alfano doveva rinunciare a partecipare al Family Day in piazza San Giovanni. Non mi pare che i ministri e i sottosegretari del Pd si sentano soggetti ad analoghe restrizioni. Il governo ci ha messo la faccia, a dispetto di chi con i suoi voti lo tiene in piedi. Questa a casa mia si chiama subalternità".
Dopo le minacce, però, il ministro Boschi ha fatto marcia indietro dicendo che i parlamentari saranno liberi di votare secondo coscienza.
"La libertà di coscienza su un tema del genere è una ovvietà. Il nodo politico di un governo che ha messo la faccia su un provvedimento così divisivo per la maggioranza che lo sostiene resta intatto".
Cosa propone? Rinunciare per puntiglio a realizzare il vostro programma?
"Non c’è bisogno di ricoprire incarichi di governo per votare in Parlamento l’abolizione delle tasse sulla prima casa o l’innalzamento del contante".
Quindi? Uscita dal governo e appoggio esterno?
"E’ la proposta che ho avanzato più volte al mio partito".
Risposta?
"Lo vede da sé. È nei fatti. E nei tweet, come usa di questi tempi".
Per questo si è dimesso da coordinatore? Renato Schifani sostiene che piuttosto lei avrebbe dovuto avere il coraggio di affrontare la discussione interna.
"A Schifani dico: magari aver avuto la possibilità di una discussione vera nel partito! Mi sono dimesso da coordinatore proprio perché avevo chiesto un dibattito interno sul nostro futuro e non mi sembrava corretto parteciparvi avvalendomi del peso di una carica fiduciaria nel momento in cui tra me e il presidente del partito c’era un aperto dissenso".
Si farà questo dibattito?
"Le risposte le avete lette anche voi: chi vuole andare vada; tanti parlano e nessuno va via; tutto va bene madama la marchesa. Né mi pare che sul tema da me sollevato, e cioè la permanenza al governo, vi sia disponibilità a discutere".
Farà un nuovo gruppo parlamentare? Sui giornali impazza il pallottoliere, al Senato servono dieci adesioni e tutti scommettono che lei non le avrà.
"Leggo anch’io che c’è un grande interesse sul pallottoliere di palazzo. La mia battaglia va in direzione opposta: parlare al Paese e non al ceto politico. Per le operazioni di palazzo c’è chi è molto più ferrato di me in materia e a differenza degli amici di Ncd ha compreso perfettamente qual è l’unica forma di rapporto possibile con il premier: l’ingresso come comprimario nel sistema di potere renziano".
Insomma niente gruppo?
"Non mi sto dedicando al reclutamento, se è questo che vuole sapere. Anche perché i reclutamenti forzati in politica generano sempre brutte sorprese. Ho posto un tema politico e so di non essere il solo a pensarla così. Credo che sia questo il momento nel quale una minoranza creativa che non vuole morire renziana, e ha fantasia e volontà per ricostruire in quel campo alternativo oggi disastrato, debba mettersi in movimento. Per l’espressione parlamentare di questa minoranza creativa, una soluzione si troverà. Sinceramente non è questa la mia preoccupazione. Proprio ora che il governo ha le sue stampelle in Senato per reggersi in piedi senza rischiare, è il momento di aprire le finestre. C’è un mondo, fuori da palazzo Madama. Un mondo senza voce che aspetta di essere rappresentato".
Unirete le truppe con Flavio Tosi e Raffaele Fitto?
"Con Flavio e Raffaele, come con altri, c’è una naturale interlocuzione che deriva anche dal lavoro comune fatto alle regionali. Ma per me, e credo anche per loro, la politica non è una partita di risiko. La ricostruzione dell’alternativa al renzismo è impresa più grande di ciascuno di noi".
Tra i due litiganti, lei e Alfano, Sacconi ha proposto una terza via. Aspettare la prima metà del 2016, intanto osservare il comportamento degli attori in campo e aggregare la terra di mezzo del centrismo e dei movimenti civici. Alle amministrative, intanto, regolarsi di città in città a seconda dell’attitudine moderata e del tasso di "civismo" dei candidati.
"Maurizio, che come me è un fautore del pensiero forte, dovrebbe sapere che per aggregare una squadra bisogna essere in grado di indicare ai giocatori con quale maglietta giocare. Il sistema politico che si prefigura va verso la chiarezza e la semplificazione, e su questa via le prossime amministrative non sono un accidente di percorso: saranno uno snodo fondamentale destinato a segnare i prossimi anni. Se alle prossime amministrative si vuole giocare nel campo destinato a rappresentare l’alternativa a Renzi, non si può stare al governo con Renzi altrimenti si verrebbe considerati peggio dei brutti anatroccoli".
Quindi? Ritorno all’ovile?
"Innanzi tutto, essendo una quaglia, non mi sento una pecora… Ma a parte scherzi, la mia battaglia è rivolta al futuro, non certo a tornare al passato. Anche su Forza Italia e Berlusconi però – perché immagino che a questo si riferisse la sua domanda – vorrei che ci fosse un atteggiamento laico e razionale. Pensare di ricostruire il centrodestra intorno alla loro centralità sarebbe anacronistico. Ma proprio per questo non ha senso coltivare l’ossessione contraria e determinare in base ad essa le proprie scelte politiche. Senta, possiamo andare al fondo delle cose?".
Prego.
"Il sistema politico italiano, complice il combinato disposto tra riforme e legge elettorale, si va assestando intorno a tre grandi polarità: la costruzione renziana, il polo dell’antisistema e il campo alternativo a Renzi. Le prime due polarità sono già ben strutturate, la terza oggettivamente è un casino. Ma è lì che, nel disordine, i nostri valori e la nostra cultura di riferimento possono attecchire e possono ancora diventare egemoni. È lì che un popolo occidentale in politica estera, liberale in economia e cristiano nei princìpi può aspirare ad essere rappresentato".
E l’egemonia di Salvini? Da mesi voi di Ncd non parlate d’altro, è una specie di fissazione…
"Anche qui, vogliamo parlare il linguaggio della verità? Anche io ho sempre detto che non starei mai in un centrodestra sottomesso all’egemonia di Salvini. Ma dobbiamo anche evitare che il cane si morda la coda: sta anche a noi. Salvini sarà infatti egemone finché le energie moderate del centrodestra, per via della sua egemonia, cercheranno riparo nel sistema renziano. Se si accetta la sfida della ricostruzione, faticosa ma avvincente, il campo alternativo a Renzi troverà un suo nuovo baricentro. Chi ha filo da tessere deve tesserlo, ora".
Il centrodestra moderato non ha maggiori possibilità di trovarsi a suo agio sotto le ali della leadership renziana?
"No, mi creda. Renzi è post-ideologico, è il primo leader non comunista della sinistra italiana, ma è colui che con una apprezzabile scelta di chiarezza ha per primo traghettato il Pd nella famiglia socialdemocratica europea. Renzi cerca di conquistare l’elettorato moderato confidando che a tenergli a bada la sinistra sia la ‘ditta’, ma non ci sono dubbi sulla sua collocazione rispetto alle grandi culture politiche: lui innesta temi nuovi, tradizionalmente estranei al suo partito, su un sistema di valori con il quale noi non c’entriamo niente. Io, almeno, non c’entro niente".
Non è più facile cercare voti proponendosi come l’ala moderata del renzismo?
"Pia illusione. Renzi incarna da sé l’ala moderata di se stesso, e se noi passiamo le nostre giornate a dire ‘bravo Renzi perché realizza il nostro programma’, lei mi deve spiegare perché un elettore dovrebbe votare noi e non Renzi. Anche in caso di coalizione. La lezione di Casini con Monti non ci ha insegnato nulla?".
Insomma, mi pare di capire che il Partito della Nazione non sia all’ordine del giorno…
"Le rispondo con le parole di Matteo Renzi qualche settimana fa ospite di Lucia Annunziata: ‘Io spero che, anche grazie alla nuova legge elettorale, alle prossime elezioni il Pd prenda i voti sufficienti per governare da solo. Il governo che è uscito dalle elezioni del 2013, quello di Letta e poi il mio governo, è perchè il Pd non ha vinto le elezioni, perché se avesse preso alle politiche il 40% come alle europee ci sarebbe stato un monocolore del Pd. Purtroppo non è stato così e di conseguenza per tenere in piedi questa legislatura si è fatto un accordo con il Pd e con dei pezzi di quella che fu Forza Italia che si chiama Ncd e Ap. Questa è la coalizione che governa l’Italia in questo momento. Dopodiché i senatori ulteriori che sono usciti da Fi votano le riforme e non votano la fiducia. Perché ci sono i voti di Alfano e di Ncd sulla fiducia? Perché nel 2013 non si sono presi i voti sufficienti per governare da soli. Io spero che, grazie anche alla nuova legge elettorale, nel 2018 il Pd, per me da solo, prenda i voti sufficienti per governare’. Chiaro, no?".
Quagliariello, perché adesso? Perché non aspettare almeno il referendum sulle riforme?
"Perché siamo all’ultima chiamata, mi creda. Abbiamo adempiuto al nostro compito, non faremo mancare i voti alle riforme ma un ciclo si è concluso. Se lasciamo trascorrere quest’attimo affrontando abbracciati al governo Renzi le elezioni amministrative, se non facciamo ora una scelta di campo, non avremo più uscite di sicurezza. Saremo nel migliore dei casi parte del sistema renziano, nel peggiore ne saremo espulsi a fine legislatura modello ‘usa e getta’".
E la responsabilità nei confronti del Paese di cui tanto vi siete riempiti la bocca?
"Ritirare la delegazione dal governo non significa minare la stabilità del Paese. E poi in questo abbiamo una grande opportunità offertaci dal sostanziale ingresso in maggioranza delle truppe parlamentari di Denis Verdini, che ha le chiavi di accesso al sistema renziano senza velleità autonomistiche. Dopo aver tanto dato all’etica della responsabilità, i rinforzi del gruppo Ala ci consentono di poter privilegiare l’etica della convinzione sapendo che il governo non cadrebbe a causa delle nostre scelte. L’emergenza delle riforme è finita, e con essa la ragione che ci costringeva al governo con il Pd".
Senta, lei dice di non volersi chiudere nel palazzo e di voler parlare al Paese, ma è mezz’ora che parliamo di posizionamenti politici. Zero contenuti.
"Si sbaglia. In un’epoca post-ideologica come la nostra, la collocazione politica si deriva dall’adesione a princìpi di fondo declinati in proposte concrete. E personalmente in proposito ho idee molto chiare, a cominciare da cinque ambiti strategici: riforma dello Stato, fisco e lavoro, Mezzogiorno, giustizia, sicurezza".
Senatore, che farà? L’ennesimo partitino?
"No. Io lavorerò per dar voce a quelle istanze diffuse che abbiamo visto risvegliarsi a Venezia, ad Arezzo, a Nuoro, a Matera intorno a esperienze civiche inserite in un quadro valoriale ben preciso. Alle energie che alle ultime regionali hanno portato a due cifre coalizioni popolari alternative alla sinistra. Lavorerò per mettere in rete l’entusiasmo che a Roma può coagularsi intorno ad Alfio Marchini e che può portare l’area alternativa a Renzi a conquistare la capitale, Napoli, Milano, Trieste, Torino. Ho grande umiltà personale e grandi ambizioni per un popolo oggi senza voce che nel prossimo mese di maggio può iniziare a scrivere una storia nuova per il nostro Paese".
Vasto programma. E dopo?
"Dopo mancherà davvero poco alle elezioni politiche. Questa rete diffusa sarà chiamata a organizzarsi e a vivere da protagonista, sul versante moderato, la ricostruzione di una alternativa oggi disastrata e proprio per questo gravida di potenzialità".
Obiettivo?
"Cambiare verso a un Paese che oggi sembra condannato a dover scegliere tra Renzi e l’anti-sistema. Lo dico innanzi tutto agli amici di Ncd: svegliatevi, c’è un mondo fuori dalle mura di quei ministeri".