Quagliariello: “Cambiamo la Costituzione con un patto Pd-Pdl”
29 Aprile 2013
Lo storico Gaetano Quagliariello, 53 anni, senatore del Pdl da tre legislature, è da poche ore ministri per le Riforme del governo Letta. Tutto si aspettava tranne che la sua prima giornata sarebbe stata così drammatica. «La prima cosa che mi è venuta in mente quando ho appreso della sparatoria a Piazza Colonna è che per fortuna c’è un governo, che ha fronteggiato immediatamente la situazione. Questo episodio esalta la scelta di responsabilità che è stata fatta ed evidenzia l’errore di lasciare l’Italia 60 giorni in stand-by». Ma evidenzia anche le sfide drammatiche che dovrà affrontare mi esecutivo composto per lo più di ministri senza esperienza di governo.
Sarete all’altezza?
«Questo deve essere innanzitutto un governo di pacificazione e per questo di cambiamento, perché la gente non ne può più di odi ideologici: vuole fatti ed è disponibile ad aprire una linea di credito a una nuova esperienza. Questa scommessa può essere vinta».
Nonostante la bassa caratura politica di questo esecutivo?
«Questo governo può essere un fatto storico, perché forze che erano nemiche diventano avversarie, non fanno venire meno gli elementi di contrasto ma si riconoscono in una comune passione per il Paese, che ha comunque bisogno di un governo».
Sta sancendo la fine del bipolarismo che fino ad oggi lei ha sempre sostenuto?
«No, ma quello che abbiamo vissuto non è un vero sistema bipolare. È un bipolarismo rissoso e precario. Noi ora dobbiamo rifondarlo per arrivare a un bipolarismo maturo».
Come?
«Attraverso un’architettura istituzionale che non faccia più dipendere il bipolarismo solo dal sistema elettorale e con un’esperienza di governo comune realizzata non per nostra volontà, ma per realismo, visto che il risultato elettorale non consentiva altre soluzioni. Un’esperienza che permetta alle due parti di non snaturarsi e perciò di non tradire il proprio elettorato».
Da ministro dl un governo guidato dal vicesegretario del Pd, lei non sente di aver tradito l’elettorato del Pdl?
«No, anzi, mi sento di onorare il mio Paese e il mio partito in un governo che realisticamente è l’unico ora possibile».
Come si comporterà il Pdl dinanzi al voto di fiducia?
«Mi aspetto innanzitutto che riconosca l’incredibile successo di Berlusconi, perché il centro-destra dopo le elezioni era a un passo dall’essere messo all’angolo, mentre oggi siamo una forza di governo. E mi aspetto che si giudichi senza preconcetti quello che dirà il premier».
Ma il suo partito darà la fiducia al governo o no?
«Sì, una smentita sarebbe clamorosa».
Brunetta ha avvisato che se Letta non annuncerà l’abolizione dell’Imu, si dimetterà da capogruppo del Pdl alla Camera e non voterà la fiducia.
«Lui mette dei paletti che sono di tutti. Non si può sostenere un governo che vada contro il programma del proprio partito. Questa non è un’esigenza di Brunetta ma di tutti, iniziando dai ministri del Pdl».
È giusto legare la fiducia al governo alla soppressione dell’Imu?
«Il voto di fiducia deve dipendere da un programma di governo che garantisca l’uscita dalla recessione. In questa cornice la soppressione dell’Imu ha una sua importanza, sia economica sia simbolica».
Al punto di far dipendere dall’Imu la vita o la morte del governo?
«Sono convinto che non possa non esserci la questione dell’Imu nel programma di questo governo e che verrà affrontata in modo soddisfacente. Non a caso il colloquio tra Berlusconi e Letta è durato due ore».
Lei oggi si sente politicamente più vicino ad Enrico Letta o a Renato Brunetta?
«Con Brunetta c’è una solidarietà di partito che non è mai venuta meno. Letta è un avversario con il quale ora si stanno cercando obiettivi comuni in un momento di emergenza».
Ok, ma di fatto con il governo Letta voi colombe avete abbattuto i falchi del PdL.
«La linea di Berlusconi, che ha coniugato responsabilità con intransigenza dicendo che questo è l’unico governo possibile altrimenti c’è il voto, ha di fatto annullato le differenze tra falchi e colombe».
Il 16 dicembre scorso, al Teatro Olimpico a sostegno di Monti c’eravate lei, Alfano, Lupi, Mauro e la Lorenzin: tutti ministri di questo governo. È un caso o siete particolarmente simpatici a Letta e a Napolitano?
«Quella iniziativa era sostenuta da una parte del Pdl convinta che la lezione fondamentale di Berlusconi sia stata quella di dare al centrodestra una vocazione maggioritaria e che fosse necessario riunire tutti i moderati d’Italia per vincere le elezioni. Oggi è ancora più chiaro che chi ha sbagliato è stato Monti che ha pensato di poter dividere il centrodestra. Il progetto di unire i moderati è ancora vivo e l’esperienza di questo governo può contribuire ad aggregare quel polo moderato che nel Paese è decisamente maggioritario».
Qual è l’obiettivo dei suoi primi cento giorni al governo?
«Non bastano cento giorni per riformare le istituzioni, ma il mio obiettivo iniziale è far comprendere che la prima riforma è quella della pacificazione. Levare dalla testa di chiunque che la battaglia politica si possa condurre nelle aule giudiziarie».
Ma il suo vero obiettivo di riforma qual è?
«Modernizzare il Paese: iniziando dai regolamenti parlamentari passando per la riforma del governo e dello Stato. Cambiare la Costituzione confermandone lo spirito senza che sembri una profanazione».
Lei è sicuro che la sinistra accetterà di riformare lo Stato in chiave semipresidenzialista?
«Credo di sì. Comunque vi sono tante idee di riforma sufficientemente mature e condivise che possono essere realizzate. L’importante è coinvolgere il popolo, a cominciare dai giovani».
Ma per riformare la Costituzione servono un paio d’anni. Questo governo durerà così tanto?
«Un ministro delle Riforme deve darsi necessariamente questo orizzonte. Mica può pensare di riformare lo Stato in una settimana».
(tratto da Libero)