Quagliariello: “In Campania basta con la cultura assistita”
16 Febbraio 2011
Il progetto culturale della destra in Campania? “Epocale”, secondo l’opinione di Gaetano Quagliariello, storico e senatore del Pdl. Altro che polemiche e lamentele, il parlamentare napoletano difende a spada tratta l’operato della nuova giunta, che invece ieri veniva duramente attaccata da Bassolino. L’ex governatore ha parlato di “danni e guasti alla cultura determinati da Caldoro e dalla sua giunta” che starebbe traghettando la Campania da un orizzonte internazionale a un ristretto e arretrato provincialismo. Bassolino si dichiara “sconcertato” e ritiene che lo stesso sentimento sia diffuso entro diversi ambienti culturali in Italia e all’estero, specie per quanto è accaduto al teatro Festival in Campania, manifestazione che ha visto azzerati i suoi vertici. Che cosa ne dice Quagliariello? In che senso parla di “progetto epocale”? “In realtà non si tratta solo della Campania. Ci troviamo in una contingenza epocale in Italia, in Europa, nel mondo, almeno da due anni. Non c’è più corrispondenza tra economia virtuale ed economia reale. I settori che tradizionalmente sono stati i più protetti perché si appoggiavano allo Stato ora sono i più esposti, in primis la cultura. E sono i settori che necessitano un cambiamento”.
Vale a dire?
“Ci si può comportare in modi diversi: si può rimanere stretti alle proprie abitudini senza mettersi in discussione e scaricando ogni responsabilità sul ministro o sull’assessore, o si può guardare ai tempi nuovi cercando nuove soluzioni. In Campania non si può dire che si sia scelta la strada dell’immobilismo, del far finta di niente”.
Questo attiene ai problemi economici, però la Regione non ha ancora mostrato di avere una vera e propria strategia culturale.
“La Regione ha deciso di non stare a galleggiare e di perseguire un cambiamento che risponda ai tempi. Sappiamo che sono necessari i tagli ai budget, allora ben venga il coinvolgimento dei privati. Non è nemmeno una scelta dettata dall’orientamento politico, è una necessità. E poi bisogna fare sistema”.
In che senso?
“Affinché non si perda qualcosa del patrimonio del passato bisogna mettere in rete le istituzioni, teatri, musei, eccetera. Da una parte c’è così un risparmio. D’altra parte i finanziamenti dei privati vengono spalmati in tutto il settore e non ci sono più sbilanciamenti a favore di un’istituzione piuttosto di un’altra”.
Per quanto riguarda le nuove nomine, si parla di spoil system. È così?
“Chiamatelo come volete: la nuova giunta non mi sembra abbia fatto liste di proscrizione, ma avrà pure il diritto di promuovere persone di valore di cui si fida? Oppure in Campania c’è una visione proprietaria dei beni pubblici? Se si apre un conflitto tra il presidente della Giunta e un dirigente come si risolve? La politica deve poter governare. Del resto le scelte finora mi sembrano di indiscutibile qualità”.
Parla di De Fusco al Mercadante?
“Sì, ma anche di Paolo Macry nel cda del Teatro Festival. È importante che lo storico sia stato nominato anche se non ha tessere. Evidentemente c’è un rapporto di stima che prescinde dal voto. Tra l’altro, come nel caso di Trombetti, si tratta di intellettuali che hanno svolto il loro lavoro in maniera libera e che sono chiamati a svolgere funzioni specifiche, tecniche. Le elites intellettuali che circolano sono un vantaggio per la comunità, non si possono incasellare. E poi c’è da chiarire un punto: non si può contrapporre la cultura di destra a quella di sinistra. La cultura è una, e la destra non deve soffrire di complessi di inferiorità”.
Ma tornando al punto centrale: qual è l’obiettivo della nuova giunta sul piano culturale? Solo quello di risparmiare?
“Mi sembra che sia una vera grande strategia quella che possa riuscire a condurre la Campania dal sistema in cui i beni culturali erano garantiti dallo Stato a uno in cui si possano salvare con fonti diverse di finanziamento. La destra non mette la testa sotto la sabbia. Finalmente si potrà superare il periodo in cui a Santa Lucia c’era il santo protettore della cultura. Insomma, questa è l’occasione per Napoli di uscire dal sistema della cultura assistita. Il pubblico, ormai, può essere solo un sostegno sussidiario per questo settore”.
Lei è mai stato al Madre? Che cosa ne pensa?
“È sicuramente stato un elemento di vivacità nel panorama napoletano e per questo mi è dispiaciuto che ci sia stato quel gesto dettato da mia logica quasi feudale degli artisti che volevano ritirare le opere di fronte all’ingresso dei privati nel cda. Lasciano intendere di aver affidato i loro lavori a una persona e non a un’istituzione pubblica per arricchire il patrimonio pubblico della città. Inammissibile”.
(Tratto da Corriere del Mezzogiorno)