Quagliariello: in sette Regioni su sette sfidiamo il Pd

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Quagliariello: in sette Regioni su sette sfidiamo il Pd

01 Maggio 2015

È vero, riconosce Gaetano Quagliariello, «il ricorso alla fiducia è stato una forzatura». Tuttavia, il modo con cui Matteo Renzi sta portando a casa la riforma elettorale, non pregiudica il giudizio del Nuovo centrodestra sull’Italicum. Che rimane positivo, assicura il coordinatore del partito di Angelino Alfano: «Siamo in una transizione verso un sistema in cui i cittadini eleggeranno direttamente il premier e potranno indicare almeno il 50% dei rappresentanti. Un sistema in cui esisteranno grandi partiti di coalizione anziché una miriade di piccoli movimenti. È la riforma che il centrodestra ha invano perseguito a lungo».

Ma poi sfidate il Pd alle Regionali. Non è contraddittorio?

«Trovo molto più lineare il nostro comportamento rispetto a quello di chi qualche mese fa aveva approvato una identica riforma al Senato e adesso parla di fascismo».

Spieghi la strategia del Nuovo centrodestra all’uomo della strada.

«Il nostro disegno è comprensibile a tutti: siamo al governo per realizzare le riforme che servono a cambiare l’Italia e, contemporaneamente, vogliamo costruire un centrodestra che non lasci a Renzi il monopolio dei moderati e del buon senso».

Sono le ultime ore per definire alleanze e candidature per le Regionali. Voi con chi andate?

«Molti avrebbero scommesso su alleanze a geometrie variabili secondo antichi vizi centristi, ma l’area popolare è alternativa alla sinistra e per questo noi in tutte e sette le Regioni che vanno al voto sosteniamo candidati alternativi al Pd. Cinque di questi, tra l’altro, sono proprio uomini dell’area popolare».

Anche perché Renzi non è uno avvezzo alle coalizioni…

«Vero. In questo, l’Italicum è la sublimazione della mentalità renziana. Tu puoi stare con lui per fare le riforme, ma non puoi considerarti suo stabile alleato. Altrimenti rischi di essere ciò che il partito dei contadini era per il Pcus…».

E voi che ambizione avete?

«Certamente non quella del suddetto partito dei contadini e nemmeno quella di essere una corrente esterna del Pd».

E allora cosa, di grazia?

«Mi piace pensare al Ncd come primo nucleo di una nuova aggregazione di centrodestra. Guardiamo alle sette Regioni e alle dinamiche che si sono determinate».

Qual è la novità?

«Che il bipolarismo ‘Matteo contro Matteo’, intesi come Renzi e Salvini, non funziona. In Veneto Tosi si è staccato dalla Lega, nelle Marche Spacca ha lasciato il Pd, in Puglia Fitto si autonomizza da Forza Italia. Da tutto ciò può nascere qualcosa di nuovo».

In Veneto e in Puglia, però, si confrontano due idee di centrodestra.

«Dobbiamo fare come in Francia: ci vuole un confine a destra altrimenti l’elettorato di buonsenso se lo frega Renzi».

Sta dicendo che la Lega va tagliata fuori da questo progetto di rifondazione?

«La Lega è un partito figlio della crisi, come il Front National in Francia, Ukip in Gran Bretagna, Podemos in Spagna, Alba dorata in Grecia. Che c’entra Salvini col Partito repubblicano americano? Va bene che l?Italicum agevolerà la nascita di partiti-coalizione, ma non possono diventare il ricettacolo di tutto, altrimenti sono destinati a rompersi».

Meglio Sarkozy?

«Sì. Ha scelto i centristi e ha detto: ‘Mai con la Le Pen’, non per pregiudizio, ma perché la pensano diversamente su un mucchio di cose».

Eppure voi con la Lega avete governato tanti anni…

«La Lega di Salvini su euro, immigrazionee politica estera propone ricette vecchie, banali e irrealizzabili. Non abbiamo niente a che fare con loro. Semmai mi preoccupa Forza Italia».

Perché?

«Fi è a un bivio tra due centrodestra. Prima lo schema era: Forza Italia boa e, ai due lati, leghisti e centristi. Ora gli azzurri sembrano l’alleato minore della Lega. Ma dovranno comprendere che è fondamentale muoversi adesso per costruire una forza di centrodestra che nel 2018 vada al ballottaggio, che sia capace di superare Salvini e Grillo, che sia in grado di tenere la lista di Renzi sotto il 40%».

(Tratto da Libero)