Quagliariello: “La Lega non è il Front National e con le civiche battiamo Renzi”
15 Dicembre 2015
«La storia dell’Italia non è quella della Francia. Gli entusiasmi che da noi aveva suscitato il risultato ottenuto al primo turno dal Front National sono figli dalla sottovalutazione della specificità francese». Gaetano Quagliariello è uno dei creatori di Idea, il listone nazionale che sosterrà molti candidati civici a sindaco della coalizione di centrodestra, ma resta innanzitutto un professore universitario che ha scritto una biografia di Charles De Gaulle e conosce bene la politica francese. Avverte: «Marine Le Pen è due cose. Da una parte è il prodotto dei nuovi conflitti creati dalla crisi economica e da quella internazionale, che ormai prescindono dalle categorie di destra e sinistra. Ma l’estrema destra che lei rappresenta è figlia anche dell’antisemitismo e dell’opposizione alla cultura repubblicana, che in certi casi è diventata tentativo di abbattere la repubblica francese con la violenza».
Aspetti che si sono annacquati parecchio, con il passaggio da Jean-Marie a Marine e Marion.
«In parte sì, ma certe cose non si cancellano per incanto. E la Francia è un Paese che ha memoria».
Da noi il partito che più somiglia al FN è la Lega di Matteo Salvini.
«La Lega interseca il fenomeno Front National nell’aspetto che riguarda l’opposizione a questa Europa. Ma non scordiamo che la Lega viene dal popolo delle partite Iva, ha una forte dimensione antistatalista e non ha nulla a che vedere con l’antisemitismo. È figlia più del Nord partigiano che di quello repubblichino: non scordiamo Umberto Bossi alla testa del corteo del 25 aprile. E per quale motivo un partito così dovrebbe schiacciarsi sulle posizioni del Front National?».
Altri insegnamenti che il centrodestra italiano può ricavare dalla lezione francese?
«Almeno uno: occorre allargare il fronte. Non si può rimanere sulla dimensione dell’opposizione al sistema e non ci si può accontentare di cavalcare il malcontento di chi ha patito i colpi della crisi economica. Così facendo si arriva al 40% in Francia, forse al 30% in Italia, e oltre non si va: non si diventa maggioritari».
In soldoni?
«Il centrodestra se si chiude nella piazza di Bologna fa il gioco di Renzi e perde».
Insomma, la differenza la fareste voi.
«Per vincere non basta essere uniti, occorre anche essere nuovi. L’elemento civico è importante non solo per i voti che porta, ma soprattutto perché trasforma una coalizione di partiti in qualcosa di diverso».
Che vi aspettate dal centrodestra?
«Visto che i rapporti di forze tra noi e loro sono tutti in loro favore, sta a loro decidere se correre il rischio di allargarsi e di cambiare. Di certo la dimensione civica è antirenziana e non solo perché così è stato a Venezia, Matera, Arezzo, Nuoro e altrove, ma anche perché punta sui corpi intermedi come le associazioni e le categorie, su una dimensione antistatalista fondata sulla sussidiarietà, sull’autonomia contrapposta al centralismo… Tutti aspetti che la collocano all’antitesi di un governo centralista, nemico dei corpi intermedi e custode dello statalismo».
Anche Renzi lavora per avere candidati civici a Roma, Milano, Napoli…
«Quelli non sono candidati civici. Sono candidati renziani non del Pd, ed è una cosa molto diversa. Cosa ha di civico il pm Giovanni Corona, che Renzi vuole candidare a Napoli?».
L’impressione è che in ogni città voi vi aspettiate che il candidato sindaco sia uno dei vostri. Per essere appena nati non chiedete un po’ troppo?
«Non è cosi. Credo che sia doveroso esplorare la strada della candidatura civica in presenza di due condizioni. Primo: una carenza di classe dirigente locale. Secondo: la certezza che dividendosi si perde. Il caso paradigmatico è Roma, dove se si va uniti su un candidato civico ci sono buone chance di vincere, e se non lo si fa si mandano al ballottaggio il centrosinistra e i Cinque Stelle».
Uno dei pochi candidati sindaco di partito per il centrodestra potrebbe essere il forzista Osvaldo Napoli a Torino. Anche lì, però, avanza il nome di un civico, il notaio Alberto Morano, gradito a voi e alla Lega.
«Non c’è alcuna volontà di passare sopra a un partito stringendo accordi con gli altri, ma c’è l’appello a scegliere insieme il candidato che ha più possibilità di vincere. A Torino siamo davanti a una candidatura civica forte: prima di scartarla bisogna pensarci bene».
(Tratto da Libero, intervista di Fausto Carioti)