Quagliariello: “La politica deve abbassare i costi”
08 Luglio 2013
«Ben vengano nuove proposte sul finanziamento dei partiti che rientrano nella filosofia del nostro disegno di legge. Ma se dovessero emergere segnali di implicito ostruzionismo il governo agirà di conseguenza. Niente operazioni di corto respiro». Questa settimana l’esame del disegno di legge che prevede la graduale eliminazione del finanziamento pubblico dei partiti entra nel vivo e il ministro delle riforme, Gaetano Quagliariello, pianta i primi paletti.
Ministro, ieri il senatore Sposetti ha detto al Messaggero che state mettendo in pericolo la democrazia e che fareste bene ad essere aperti al dialogo.
«La nostra disponibilità a discutere è totale, dentro e fuori il Parlamento: domani mi confronterò proprio con Sposetti ad una festa dell’Unità. Ma proprio per salvaguardare la democrazia non si può restar fermi. Capisco la posizione di Sposetti, ma la nostra proposta parte proprio dal fatto che il rapporto fra società e politica si sta sfilacciando e bisogna fare qualcosa per ricostruirlo».
Si spieghi meglio.
«L’impostazione del disegno di legge del governo viene da lontano. Parte dal fatto che i partiti non debbono essere i moderni principi ma svolgere una funzione fondamentale per la politica, garantendo almeno un minimo di democrazia interna».
Dunque?
«Il loro finanziamento deve essere una libera scelta dei cittadini. Lo Stato può agevolarla attraverso sgravi fiscali e la fornitura di servizi. Tutto deve essere semplificato, tracciabile e trasparente. In politica, legittimamente, sono rappresentati anche gli interessi, l’importante è che i cittadini li conoscano e possano valutarli al momento del voto».
Resta il fatto che anche il nuovo sistema di finanziamento dei partiti avrà un impatto sui conti pubblici. Siamo sicuri che sia il viatico migliore perla lotta ai costi della politica?
«Questa legge porta comunque un risparmio. Anche se il vero costo della politica è quello di uno Stato inefficiente. Quanto ci è costato non aver fatto le riforme negli ultimi 30 anni? Quanto è costato lo squilibrio fra potere giudiziario e politico? Quanti investitori hanno rinunciato ad operare in Italia? Perché in Italia ci vogliono due anni per varare una legge e in altri Paesi un anno solo? Fuor di metafora, la riforma e la modernizzazione delle istituzioni hanno anche un valore economico».
Un esempio concreto?
«Le Province. Non ci siamo voluti accanire contro le Province come se la loro abolizione portasse a chissà quali risparmi. Abbiamo messo invece le premesse per porre fine a quello che chiamo policentrismo anarchico».
Ovvero?
«Gli attuali cinque livelli di governo sono troppi. Semplificarli è la premessa per risistemare le competenze con l’obiettivo di rendere l’amministrazione più efficiente».
Ma in concreto cosa accadrà?
«Il disegno di legge costituzionale che elimina le Province dalla Costituzione sarà accompagnato da un disegno di legge ordinario che verrà presentato dopo aver letto le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale».
E cosa proporrete?
«L’idea è quella di suddividere laddove possibile le funzioni delle Province fra Stato e Regioni, evitando in ogni caso un aggravio dei costi».
Quindi intendete eliminare il livello intermedio fra Stato e Regioni?
«No. Innanzitutto si dovranno riformare le Città Metropolitane, non più intese come super-Province: il sindaco di Torino non può occuparsi anche degli skilift alpini. E’ assurdo. Le città metropolitane devono essere unioni di Comuni vicini alle grandi città con lo scopo di migliorare i servizi e realizzare risparmi».
E poi?
«In alcuni casi, se sarà necessario, e rispettando i paletti di una legge ordinaria, le Regioni potrebbero decidere di dare vita a enti intermedi».
Insomma le Province vengono abolite ma potranno rinascere sotto altra forma…
«Questi enti intermedi in ogni caso non saranno le vecchie Province. La realtà italiana però è molto differenziata. Intorno a Milano ci sono solo centri medio-piccoli. A poca distanza da Bari trovi città di 100 mila abitanti. Il territorio deve darsi strumenti di governo in base alle sue necessità».
Lei sa che Regioni, Province e Comuni hanno dato vita a migliaia di società ed enti, veri e propri poltronifici per politici non rieletti. Non è che alla fine del percorso delle riforme le poltrone aumenteranno?
«La fine del policentrismo anarchico significa proprio questo: fra Regioni e Comuni, in un’area, ci potrà eventualmente essere solo un ente intermedio. Uno solo. Il resto dovrà essere eliminato con legge ordinaria».
E la riforma del Senato? Il taglio dei parlamentari?
«Sono aspetti del disegno di riforma delle istituzioni. E’ attualmente in discussione la legge che ne fissa l’iter. Ci attendiamo che il Parlamento garantisca le due prime letture prima della pausa estiva. Anche rispettare il cronoprogramma significa risparmiare».
(Tratto da Il Messaggero)