Quagliariello: “Letta super partes adesso è più forte l’intesa con lui”
20 Luglio 2013
di redazione
«Letta ha acquisto un ruolo super partes, il caso-Alfano ha rafforzato l’intesa tra il premier e il Pdl. Il mio partito ora appare come il più convinto sostenitore del governo». Gaetano Quagliariello, ministro pidielle alle Riforme traccia il bilancio dopo la settimana di fuoco per l’esecutivo.
Ministro, Berlusconi in Senato ha applaudito a lungo Letta e c’è stata la standing ovation del Pdl. Avete adottato il premier?
«Nessuno adotta nessuno. Certamente Letta, in tutta questa vicenda, si è comportato in modo esemplare e così l’intesa con il premier, che era già forte, si è ulteriormente rafforzata».
Il Cavaliere ha detto che il Pdl è con il governo e il Pd no. Concorda?
«Non c’è dubbio che l’immagine dell’aula del Senato, dopo l’intervento del senatore Zanda, è ben riassunta dalla battuta di Berlusconi. Letta però resta il premier di un governo eccezionale, lui viene dal Pd e appartiene a quella parte moderata del Pd con la quale il Pdl può percorrere un pezzo di strada affinché si arrivi a uno Stato più autorevole ed efficiente, a un bipolarismo più credibile, nel quale non si respiri più il clima di guerra civile strisciante».
Letta sta assumendo una caratura di premier super partes?
«Sì, anche se nel suo partito, per questo, c’è chi cerca di schiacciarlo sul Pdl: come se il Pdl gli potesse dare l’abbraccio della morte».
Napolitano ha avuto un ruolo importante per fermare i venti di crisi.
«Napolitano, non da oggi, ha la consapevolezza che lo Stato si trova in grandi difficoltà, assai prossimo a una crisi istituzionale. Solo perché consapevole della gravità della situazione, d’altro canto, ha accettato l’invito delle forze politiche che formano questa maggioranza a un secondo mandato. Insomma, i livelli di responsabilità sono diversi: con Letta cerchiamo l’accordo sulle cose da fare, mentre a Napolitano riconosciamo di porsi il problema della tenuta dello Stato. Una cosa affatto scontata, anche se molti hanno bisogno di vedere il Paese sull’orlo del baratro per ricordarsene».
Civati sostiene che Napolitano commissaria la politica, imponendo un presidenzialismo di fatto.
«La lettura di Civati sconta un’incomprensione di fondo delle dinamiche costituzionali. La Carta assegna al capo dello Stato poteri molto ampi ed elastici. Questi poteri si sono ampliati non per volontà del presidente della Repubblica, ma perché i partiti, a lungo fulcro del sistema, non lo sono più. Stiamo vivendo una duplice crisi del sistema partitico e delle istituzioni. Il combinato disposto ne moltiplica gli effetti».
Se non ci fosse stato Napolitano che ha blindato il governo, adesso staremmo davanti a una crisi. Non crede?
«Se non ci fosse stato Napolitano da tempo saremmo finiti in una piena crisi istituzionale. Quando ci renderemo conto che il sistema politico ha perso una parte consistente dei propri consensi? Quando ci renderemo conto che la politica non sembrava in grado di indicare un capo dello Stato? Ci si rende conto o no che la debolezza della politica si è manifestata anche in occasione di quest’ultima crisi sul caso-Shalabayeva? Troppo comodo scaricare tutto ciò sulle spalle di Napolitano: non so se è più penoso o ridicolo».
La debolezza della politica può avere ingenerato quelle distorsioni che hanno visto i diplomatici kazaki dare ordini dal Viminale?
«E’ indubbio. Questo è il problema. In una logica istituzionale corretta è la politica che indirizza gli apparati dello Stato. Per indirizzare però bisogna essere informati, e ciò non è avvenuto. Compito di questo governo è anche ridare alla politica autorevolezza e ristabilire il circuito democratico nel quale la politica ha la supremazia. Nel Pd, però, forse per ragioni precongressuali, c’è chi cerca di uccidere nella culla questo tentativo. Il conflitto che si è consumato in questi giorni è questo: tra quanti hanno consapevolezza della crisi, ci mettono la faccia e si sporcano le mani, e quanti si limitano a fare le anime belle. Respingendo la richiesta di dimissioni di Alfano si è impedito che ai fatti gravissimi avvenuti il 28 maggio, seguisse un ulteriore indebolimento del potere politico affermando il pericoloso principio della responsabilità oggettiva di un ministro».
Parlava di Pd e fase precongressuale. Sta dicendo che Renzi sta destabilizzando il governo?
«Dico che sul governo pesa il riflesso di un dibattito congressuale in cui il meccanismo delle primarie porta i candidati in pectore a cercare il consenso della base. Questo spinge a volte verso posizioni demagogiche e irresponsabili. Soprattutto se sanno che c’è chi si fa carico di assicurare la tenuta e la responsabilità. Così però Renzi rischia di allontanarsi dai moderati che finora lo ha apprezzato».
Il presidente dei senatori del Pd, Zanda, ha chiesto ad Alfano di restituire le deleghe: «Non ce la fa a svolgere tre incarichi». Un po’ di ragione ce l’ha.
«Non tocca a Zanda stabilire cosa deve fare Alfano. E poi dimentica il momento eccezionale in cui ci si trova: alla vigilia di una sentenza della Cassazione che cambierà molte cose, non solo per il centrodestra. Zanda ha svolto un intervento politicamente ingiusto e stilisticamente manchevole».
Sta dicendo che se la Cassazione condanna Berlusconi cadrà il governo?
«Quella sentenza, qualunque essa sia, inciderà sulla storia d’Italia. Ma sono agli atti le parole di Berlusconi che ha detto che le sue vicende giudiziarie non incideranno sulla vita del governo. E non bisogna aggiungerne altre».
Nella sentenza su “Ruby bis” i giudici di Milano chiamano di nuovo in causa Berlusconi.
«L’attacco ai diritti della difesa che Silvio Berlusconi subisce a Milano dovrebbe far comprendere a tutti che in gioco è il nostro stesso Stato di diritto».
(Tratto da Il Messaggero, Intervista Alberto Gentili)