Quagliariello: “Una clausola anti Porcellum: così sembra ‘Lascia o Raddoppia’”
15 Maggio 2013
Cita Umberto Boccioni e Mike Bongiorno, il ministro pidiellino Gaetano Quagliariello, che ha ricevuto dal premier Enrico Letta l’incarico di ridisegnare la Costituzione. E lui si sta già scaldando i muscoli. A cominciare dal delicato lavoro di riforma del Porcellum.
Come intende procedere?
«Chiarisco che questa discussione non può essere considerata come l’avvio di una procedura di revisione del sistema di voto. È casomai un modo per attivare una clausola di salvaguardia».
In che senso?
«Ho ricevuto il mandato da Letta di sentire i partiti e poi di riferire al governo. È una cosa che farò la prossima settimana. I nostri interventi si limiteranno ad azioni di manutenzione minima, allo scopo di avere un meccanismo diverso dal Porcellum qualora fosse necessario andare a votare. Per questo parlo di clausola di salvaguardia. Del resto, si tratta di correggere una situazione alla Mike Bongiorno, ovvero alla "lascia o raddoppia"».
Non è un paragone un po’ ardito?
«Nient’affatto perché, come è avvenuto di recente, basta uno 0,3 per cento in più per ottenere il doppio dei parlamentari del concorrente. L’attuale sistema di voto, che è in odore di incostituzionalità, è figlio di un tempo in cui le coalizioni arrivavano a circa il 45 per cento e quindi il premio di maggioranza era attorno al 10. Adesso non è così, ecco perché occorre procedere a una correzione, in attesa che con la riforma generale della Costituzione si decida qual è il modello migliore. La riforma elettorale è parte della rivisitazione della forma di governo. Se decidiamo di andare a Parigi avremo una legge correlata; se, però, desideriamo finire a Berlino ce ne sarà un’altra; se, infine, guarderemo a Londra ne adotteremo un’altra ancora. Il guaio, finora, è che si è preteso che la legge elettorale cambiasse non solo il sistema ma anche la politica. Questo è un vecchio vizio italiano fin dai tempi di Giolitti: chi voleva farlo fuori pensò bene di levargli la legge elettorale e poi si è visto come è andata a finire».
Mettiamo un po’ di ordine. Il governo come intende procedere?
«Non ci rinchiuderemo nel palazzo. A questo proposito mi viene in mente un quadro del pittore futurista Umberto Boccioni intitolato "La strada entra nella casa". Noi, adesso, abbiamo bisogno di avere gli strumenti per cui la società entra nella casa, nel Palazzo, che cioè vengano coinvolti i cittadini».
Non c’è il rischio che, come tutti gli italiani si sentono commissari tecnici della Nazionale, così tutti si trasformino in costituzionalisti?
«Non sarà così. Mi spiego: non faremo certo le consultazioni attraverso Twitter o Facebook. Ci sono esperimenti al riguardo fatti dai precedenti governi. Cito i casi del ministro Brunetta per quanto riguarda la pubblica amministrazione o più recentemente le iniziative di Barca e Profumo. E io intendo seguire il metodo delle consultazioni aperte alle Università, alle Fondazioni con l’idea di sentire non soltanto i maestri ma anche gli studenti. Quello che ci accingiamo a fare non è un esercizio di ingegneria istituzionale, è un grande evento sociale, un metodo per ricreare, se possibile, un meccanismo corretto sulla successione tra generazioni».
Non è un po’ vago?
«Niente affatto. La prossima settimana farò un’audizione alle due commissioni Affari costituzionali in seduta congiunta. Tra due settimane ci sarà un dibattito in Parlamento su mozioni di indirizzo. Da questa discussione il governo trarrà da un lato indicazioni per formare il comitato incaricato di produrre dei testi e dall’altro farà partire la procedura di revisione costituzionale per consentire di creare la Convenzione che risulterà formata dalle due commissioni affari costituzionali».
E i tempi?
«Siamo dentro la cornice dei 18 mesi ipotizzati dal premier Letta. Il comitato, che io mi auguro sia allargato anche ai rappresentanti delle alte magistrature, lavorerà fino alla fine di settembre, quando sicuramente le prime due letture saranno state fatte e la Convenzione potrà cominciare la sua attività».
Questo comitato da dove partirà?
«Credo dai tre grandi capitoli – forma di Stato, forma di governo, bicameralismo – che i padri costituenti hanno lasciato incompiuti consapevolmente. Noi, cioè, dovremo onorare il legato che ci hanno lasciato e che loro non hanno potuto portare a termine per le temperie politiche nelle quali erano immersi. Aggiungo che come bussola abbiamo il documento dei facilitatori insediati dal presidente Napolitano. Nel momento in cui questo comitato avrà terminato il suo lavoro, i testi saranno consegnati al governo che provvederà a tradurli in uno o più progetti che, a loro volta, saranno consegnati alla Convenzione affinché li esamini».
(Tratto da Corriere della Sera)