Qualche testa calda tedesca rischia di distruggere la moneta unica europea

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Qualche testa calda tedesca rischia di distruggere la moneta unica europea

Qualche testa calda tedesca rischia di distruggere la moneta unica europea

16 Settembre 2011

I tabloid tedeschi e gran parte dell’opinione pubblica europea sembrano essere andati in fissa nel voler dipingere una Grecia meritevole di solo disprezzo e dileggio. Il fatto che il governo greco stia portando a termine alcune fra le più dure misure di austerità mai viste sinora, affrontanto manifestazioni di massa, sembra non contare affatto. Eppure questo atteggiamento aggressivo rischia di mettere l’euro di fronte a un imminente pericolo.

Sebbene la cancelliera Angela Merkel invochi la calma, la miope classe politica tedesca ritiene che la Germania potrebbe effettivamente trarre beneficio dall’ipotesi di una Grecia costretta al default, se non addirittura fuori dall’euro. Niente di più distante dalla realtà. In questo momento la Germania corre il rischio di distruggere la sua prosperità, e con essa quella dell’Europa, se continuerà a ignorare che tutte le economie del continente sono interdipendenti.

Va riconosciuto alla Merkel di aver rigettato, questa settimana, le istanze delle teste calde presenti tra i suoi colleghi. Tuttavia, il pensiero macroeconomico tedesco mantiene i paraocchi. La Grecia sta mettendo in atto una coraggiosa trasformazione, partendo da un enorme deficit di bilancio nel 2009 a un avanzo primario nel 2012. L’operazione è considerevole. Ci sarà pure stato uno slittamento modesto quest’anno, ma questo riflette la vorticosa recessione che sta ora colpendo l’economia greca.

I critici sembrano anche voler trascurare che il panico finanziario su scala europea ha spazzato le linee di credito e i depositi dal sistema bancario greco, e con essi la capacità delle banche di concedere prestiti. L’economia è pertanto piegata da un’intensa stretta creditizia, alimentata esclusivamente dai recenti discorsi sulla possibilità default.

Peggio ancora, i leader tedeschi ed europei hanno risposto a questa degradante spirale solo con la richiesta di una ventata di austerità. E la Grecia è stata costretta la scorsa settimana a tirare ulteriormente la cinghia. Ma ora dobbiamo capire che la Grecia è sull’orlo del precipizio dell’instabilità sociale. Ulteriori tagli la spingeranno oltre il limite – ponendo fine al programma di aggiustamento e intensificando la stretta finanziaria, insieme allo squillo di trombe di quanti cercano di estromettere la Grecia dall’area euro. E’da ingenui illudersi che questo vortice al ribasso si possa poi fermare. Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda e persino la Francia potrebbero essere tranquillamente i prossimi, con il rischio che le banche si trascinino dietro tra le macerie l’intero edificio della cooperazione monetaria.

Se mai esistesse un tempo adatto per la leadership europea, quel momento è adesso. Forse dobbiamo solo trattenere il respiro in attesa che Mario Draghi prenda il posto di un Jean-Claude Trichet ormai stremato, alla guida della Banca Centrale Europea. Per lo meno, le dimissioni di Jürgen Stark dalla Bce, sebbene giudicate negativamente dai mercati, offrono ora l’opportunità di qualche pensiero più realistico in quell’istituzione.

I passi necessari per evitare l’abisso sono chiari. La Grecia ha bisogno della circolazione di capitali, sostenuta dalla Bce e dalla Banca europea per gli investimenti, per prevenire un’implosione indotta dal panico. Non è solo la Bce a essere chiamata a fare la sua parte, ma anche la Grecia e i suoi partner hanno il dovere di mettere in atto l’accordo raggiunto lo scorso luglio, nel momento in cui i detentori privati di titoli greci li cederanno in cambio di bollettini trentennali. Mantenere questo accordo, comunque, richiede anche un approccio molto più proattivo da parte della Germania, un passo non secondario per placare l’ansia dei mercati. La Merkel avrà le mani occupate nel tentativo di tenere a bada i suoi colleghi e convincere il popolo tedesco a sostenere l’area euro.

Ma oltre a ciò, dovrà spingere gli altri Paesi europei verso l’approvazione della prevista espansione dello European Financial Stability Fund (EFSF), incoraggiando nel contempo sia Bruxelles che il Fondo monetario internazionale a raggiungere obiettivi finanziari realistici entro il 2012 – anche se ciò dovesse signifare pochi miliardi di euro in più alla Grecia per fronteggiare la crescente recessione. Ciò sarà di ulteriore aiuto se la Merkel incoraggerà la Bce a comportarsi come una banca centrale, e non commerciale, di modo che eserciti le sue funzioni di fornitrice di prestiti di ultima istanza nel bel mezzo del panico finanziario.

L’accordo approvato a luglio può permettere alla Grecia di riprendere tutto il fiato che le serve, stabilendo bassi tassi d’interesse reale e provvedendo a finanziare la ricapitalizzazione delle banche greche. Naturalmente, la sua attuazione non sarà affatto semplice, soprattutto se si considera che dovrà essere approvato dai parlamenti nazionali dei vari Stati europei. E ciononostante i suoi leader dovrebbero ora fare, per così dire, degli straordinari perché ciò avvenga, senza rimproverare la Grecia per i modesti slittamenti.

La Grecia, i suoi creditori e la Bce hanno bisogno di mostrare massima responsabilità, capacità di giudizio macroeconomico e maturità. La Grecia lo sta facendo, e il resto d’Europa deve fare altrettanto. Se così non fosse, le conseguenze per l’Europa e per l’economia globale sarebbero terribili. Questo è un momento estremamente pericoloso. L’Europa è chiamata ad agire pensando a lungo termine.

Tratto dal Financial Times

Traduzione di Stefano Fiori