Quando Di Pietro scriveva libri criticando le intercettazioni
18 Giugno 2010
Oggi il parlamentare Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori, fa fuoco e fiamme arringando le folle contro il ddl sulle intercettazioni già approvato dalla maggioranza in Senato e in attesa del voto alla Camera e della firma del Presidente della Repubblica. Attentato alla democrazia, oltraggio alla libertà di parola, minaccia alle indagini della magistratura. Ma sentite cosa scriveva Di Pietro nel 1996, qualche anno dopo aver lasciato la toga, in un volume per le scuole superiori pubblicato dalle edizioni Larus, Educazione civica con elementi di diritto ed economia.
“In questo clima di asfissiante ricerca dello scoop, della notizia clamorosa da sbattere in prima pagina, ogni indiscrezione, vera o presunta, circa le attività dei magistrati è da anni strumento di lotta politica, di esaltazione o di affossamento di singoli o partiti. Per questa ragione le intercettazioni telefoniche riguardanti numerosi cittadini italiani, che per una ragione o per l’altra erano considerati personaggi di attualità, sono state a più riprese utlizzate dalla stampa e consegnate agli occhi di tutti con lo scopo immediato di ‘informare’ ma anche con un intento, spesso non celato, di delegittimare i propri avversari".
E ancora: "In questo modo milioni di persone hanno potuto conoscere le conversazioni private di privati cittadini che nulla avevano a che vedere con le indagini in corso e che comunque si prestano ad equivoci o interpretazioni dettate dalla evidente differenza che seiste tra scritto e parlato, specie telefonico. Ma il problema di cui ci occupiamo ci pare sia solo una conseguenza di un’altra questione Quando ben più grave. A quale scopo le conversazioni telefoniche intercettate devono diventare di pubblico dominio, tutte indistintamente? E’ giusta una legislazione che consente a chiunque di accedere a notizie circa la vita privata del cittadino? Infatti, se la costituzione prevede, in determinati casi, che sia violata la libertà e la segretezza delle comunicazioni, è anche vero che coincede questa facoltà solo a pubblici funzionari per fini d’indagine, non certo poer mettere in piazza i discorsi privati dei cittadini. Le recenti notizie sui telefonini clonati, sulle valanghe di intercettazioni e sull’uso di microspie rendono sempre più necessario un intervento legislativo che riveda con serietà tutta questa delicata materia”. (pp. 297-298)
Chissà se Di Pietro sottoscriverebbe queste parole anche oggi.