Quando il parmigiano diventa una bufala

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Quando il parmigiano diventa una bufala

16 Aprile 2008

E’ ufficiale. I produttori di Parmigiano Reggiano alzano le barricate sui
costi di produzione, che sarebbero lievitati nell’ultimo anno del 10% e che, con
l’aria che tira sui prezzi delle materie prime, potrebbero ulteriormente
aumentare. Le quotazioni del prezzo alla produzione alla borsa merci sono scese
del 20%, mentre il prezzo al consumo avrebbe fatto registrare una crescita a
due cifre.

A denunciare la situazione di disagio dei produttori è la
Confcooperative Modena che ha chiesto una maggiore trasparenza sulla dinamiche
dei costi e dei conseguenti prezzi al fine di non impoverire la filiera ed il
territorio di produzione. Tuonano come una triste profezia le parole di
Giordano Toni, Presidente del settore lattiero-caseario della cooperativa
modenese: “Oggi questo settore è in crisi perché mentre i prodotti sono
remunerati al prezzo di oltre dieci anni fa, sono aumentati nel frattempo tutti
i costi. Di conseguenza la remunerazione alla produzione è, nella maggioranza
dei casi, non sufficiente a coprire i costi sostenuti dalle imprese agricole
che producono il latte e dai caseifici che lo trasformano in formaggio”. E
proprio mentre i produttori lamentano un’insufficiente remunerazione, il
Presidente del Consorzio del Parmigiano Giuseppe Alai annuncia un piano
strategico per rendere dal 2009 il Parmigiano OGM free. Un’operazione voluta da
Greenpeace, pilotata dalla Regione Emilia Romagna – da sempre compiacente alle
logiche di COOP Italia ovvero il principale finanziatore del referendum-flop di
Mario Capanna sugli OGM – con la supervisione del sottosegretario uscente
all’agricoltura Guido Tampieri, emilano anche lui, da sempre nemico criptico
degli OGM, nel piatto come nei mangimi.

Il Parmigiano intende sostituire le fonti proteiche provenienti dalla
soia con nuove colture quali favino, pisello proteico ed erba medica
fortificata. Nessuno però osa interrogarsi sui costi che saranno ovviamente
scaricati sui produttori. Da lodare è il buon proposito del Parmigiano che
intende fare chiarezza sui propri processi produttivi. Da biasimare invece il
fatto che, aderendo alla coalizione liberi da OGM, il Parmigiano non solo ha
ammesso di impiegare la soia transgenica nella propria filiera ma ha fatto
propri tutti i dubbi sulla sicurezza dei prodotti paventati dalla Capanna
connection. Un errore marchiano a cui si aggiunge quello sulla mancata
valutazione sui costi delle culture sostitutive. E gli iscritti di SAGRI, il network
ibrido di scienziati, agricoltori ed economisti che si arrabattano per
richiamare la filiera ad un principio di realtà sugli OGM esprimono tutto il
proprio dissenso su questa scelta. “E’ un’operazione a rischio” ha
dichiarato Roberto Defez, coordinatore di SAGRI. “Le colture sostitutive
non forniscono lo stesso apporto proteico rispetto alla soia e contengono
percentuali molto più alte di grassi; questo potrebbe portare uno squilibrio
nella dieta degli animali con un impatto negativo sulla qualità del
latte”. Ci sono inoltre dubbi sui costi e sulla fattibilità in tempi così
brevi di una filiera senza OGM. Ma su questo potrebbe garantire la Regione
Emilia Romagna. Come? Magari con dichiarazioni di principio e controlli
all’acqua di rose. Tanto alla fine tutto ricade sui produttori. E tutto deve
esser fatto per evitare i ricatti di Greenpeace e guadagnarsi il plauso di COOP
Italia. Tutto deve cambiare perché nulla cambi!