
Quando la democrazia non sa più riconoscere quali sono le priorità

21 Luglio 2022
Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori del Governo, onorevoli colleghi, non ci troviamo in una legislatura ordinaria. Non soltanto perché questa legislatura ha visto tre formule governative differenti, ma soprattutto perché è stata caratterizzata da due salti nell’ignoto che la storia ci ha proposto: prima la pandemia e poi una guerra incredibile che nessuno immaginava.
Ribadisco: non è una situazione ordinaria. E, in questa situazione, l’Italia ha chiesto a uno dei suoi uomini più illustri di presiedere un Governo di unità nazionale; l’ha fatto per tempo, quando l’emergenza era l’uscita dalla pandemia, la riapertura del Paese e la ripresa.
La domanda che ci dobbiamo porre è: quell’emergenza è finita? È dietro le nostre spalle? A me sembra, signor Presidente, che quell’emergenza si sia ampliata, perché i tre problemi che avevamo davanti non sono venuti meno e, in più, si sono aggiunte la guerra, l’inflazione, la crisi economica.
Ora a questo si potrebbe anche sommare un esercizio provvisorio, che certamente non è uno scherzo. In questo senso, forse si riesce a capire per quale motivo all’estero e in altre sedi ci sia preoccupazione e incredulità rispetto a ciò che sta accadendo nel nostro Paese: nel momento in cui c’era un’emergenza sola si è fatto un Governo di unità nazionale e quando l’emergenza si amplia questo Governo viene meno?
Signor Presidente, il problema non è un conflitto tra sovranisti e globalisti, al quale personalmente non ho mai creduto, ma se queste categorie esistono veramente. Forse, infatti, dovrebbero essere i sovranisti a porsi il problema della nostra reputazione internazionale, perché i sovranisti seri tengono a questo più di ogni altra cosa.
E mi consenta, signor Presidente, rispetto all’idea di una crisi in questo contesto, appare ancora più paradossale la polemica sulle cosiddette elezioni anticipate. Ovviamente non mi riferisco agli amici di Fratelli d’Italia, che hanno sostenuto questa tesi sempre e che dunque evidentemente, in un momento di questo tipo, non la possono abbandonare.
Vorrei però che tutti gli altri compissero uno sforzo di memoria. Abbiamo aperto questa legislatura senza che nessuna delle proposte presentate ai cittadini avesse la possibilità di governare da sola e per questo è stato dato vita ad un Governo detto giallo-verde. Un ossimoro. Eppure, pur di evitare le elezioni anticipate, è stato fatto. Questo Governo è poi andato in crisi e si è creato un Governo giallo-rosso, che fino a una settimana prima sembrava una bestemmia, ancora una volta pur di evitare le elezioni anticipate.
Oggi che di elezioni anticipate – diciamolo chiaramente – non si parla più, perché che si debba andare alle elezioni è un fatto del tutto scontato, il problema è se ci si va quattro mesi prima o quattro mesi dopo, se ci si va consentendo a Draghi di concludere il suo programma oppure ci si va in una situazione oggettivamente difficile, che dovrebbe preoccupare innanzitutto chi si candida a governare nella prossima legislatura.
Perché, signor Presidente, sulle macerie si governa male. Se allora questi quattro mesi in meno ci costringono all’esercizio provvisorio, ci condannano a perdere credibilità internazionale, ci portano oggettivamente delle difficoltà, non è concepibile da un punto di vista logico che le forze che hanno sostenuto fin qui questo Governo, e soprattutto quelle che in questa legislatura, a differenza di noi – perché noi non abbiamo mai voluto avere nulla a che fare con il MoVimento 5 Stelle, lo dico con rispetto, perché li consideriamo degli avversari -, con il Movimento 5 Stelle hanno fatto matrimoni, fidanzamenti e fuitine, oggi si impuntino alla ricerca di una ritrovata purezza, proprio nel momento dell’emergenza e nel quale c’è una preoccupazione per il Paese.
Come diceva il senatore Casini, poi, il confronto tra le dittature e le democrazie è un vecchio tema. Si dice che le dittature, nei momenti di emergenza, si trovano in vantaggio perché possono comprimere il tempo e prendere delle decisioni più in fretta. È un tema trattato da un grande sovranista, Charles de Gaulle, in un libro dal titolo «La discorde chez l’ennemi», nel quale il Generale spiegava per quale motivo si fosse convertito alla democrazia: perché la democrazia sa riconoscere i tempi differenti, sa quando un problema può essere posto.
La democrazia, ad esempio, sa quando può essere posto il problema dei tassisti o il problema dei balneari e quando invece questi problemi devono cedere di fronte a preoccupazioni più grandi di ordine nazionale e di ordine internazionale. Credo che la democrazia sia superiore ai totalitarismi e alle dittature anche perché sa quando deve ricorrere a uomini di Stato che non vengono dalla politica. Quando questo accade (è accaduto alla Gran Bretagna, alla Francia e a tutte le grandi democrazie) bisogna essere disponibili a pagare un prezzo, perché la democrazia è saper fare scelte empiriche e approssimative mettendo da parte anche il proprio particulare a volte.
Lo dico ai colleghi della Lega: so benissimo che per noi è più facile votare la fiducia a Mario Draghi perché ci ritroviamo nelle sue parole, dalla prima all’ultima. Mi rendo perfettamente conto che c’è uno sforzo da fare. Tuttavia, se questo sforzo lo si è compiuto per diventare forza nazionale, non lo si può abbandonare nel momento decisivo, vanificando tutto. La politica, infatti, è una risorsa se sa viaggiare sulle gambe degli uomini e sa riconoscere il valore degli uomini.
C’è stato un momento della nostra storia in cui l’Italia non si sarebbe fatta senza Cavour; c’è stato un momento della nostra storia in cui l’Italia non sarebbe uscita dalla condizione di inferiorità di una resa incondizionata senza De Gasperi. Oggi abbiamo bisogno che un uomo che abbiamo chiamato a dirigere il Governo finisca il proprio lavoro. Dobbiamo farlo per la politica e perché quest’ultima venga considerata non una schifezza, come avvenuto negli ultimi anni, bensì una risorsa che sa essere utilizzata anzitutto da chi ha consacrato la propria vita alla politica e ai partiti.
Credo che questa sia un’assunzione di responsabilità che vale per tutti e anche per lei, signor Presidente. Lei oggi ce lo ha detto: è tornato indietro perché le è stato chiesto. Ma siamo in una democrazia parlamentare e ognuno si deve prendere le proprie responsabilità in questo Parlamento; non è possibile consentire ad alcuno un potere di veto.
Per quel che ci riguarda, noi siamo una forza che rappresenta il centro del centrodestra. Non siamo stati invitati ai vertici che il centrodestra ha tenuto in questi giorni. Lo dico senza alcun rammarico o rivendicazione. Ma riteniamo che oggi bisogna stare con lei e con il suo Governo (nel quale – lo diciamo noi per primi e lei lo sa bene – non siamo rappresentati e non chiediamo di esserlo) perché ci sono dei momenti in cui si deve saper compiere delle scelte senza se e senza ma.
Per questi motivi, voteremo convintamente la fiducia a lei e al suo Governo.
(L’intervento in Senato di Gaetano Quagliariello)